9 Dicembre 2025

Operazioni tra stabili organizzazioni di un medesimo soggetto partecipante a un Gruppo IVA localizzato nell’UE

di Marco Peirolo
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Come regola generale, le operazioni poste in essere tra casa madre e stabile organizzazione sono irrilevanti ai fini dell’IVA. L’eccezione è rappresentata dall’ipotesi in cui la casa madre e/o la stabile organizzazione facciano parte di un Gruppo IVA all’interno dell’Unione Europea.
Con la risposta a interpello n. 216/E/2025, l’Agenzia delle Entrate ha preso in considerazione il caso in cui la casa madre stabilita in uno Stato UE, facente parte di un Gruppo IVA, abbia 2 stabili organizzazioni, rispettivamente in Italia e nel Regno Unito. Laddove quest’ultima, appartenente a un Gruppo IVA, renda alla prima una prestazione di servizi “generica”, il documento di prassi chiarisce quale sia il regime impositivo applicabile alla suddetta prestazione.

 

Oggetto dell’interpello

Nello specifico, ALFA1 e ALFA2 sono, rispettivamente, la stabile organizzazione italiana e la stabile organizzazione inglese della società di diritto estero ALFA (casa madre), appartenente a un Gruppo IVA in uno Stato UE.

ALFA2 è membro di un Gruppo IVA nel Regno Unito, mentre ALFA1 non è parte di alcun Gruppo IVA in Italia.

Il dubbio interpretativo è relativo all’applicabilità dell’art. 70-quinquies, comma 4-quinquies, D.P.R. n. 633/1972 – che prevede la rilevanza, ai fini IVA, delle prestazioni rese dalla casa madre o da una stabile organizzazione della stessa nei confronti di una sua stabile organizzazione o sede situata nello Stato italiano, nel caso in cui la prima o entrambe siano parte di un Gruppo IVA costituito in un altro Stato UE – alle prestazioni di servizi “generiche” che ALFA2, appartenente a un Gruppo IVA costituito nel Regno Unito, rende nei confronti della stabile organizzazione italiana.

In particolare, la branch italiana ha chiesto conferma che, ai fini dell’inquadramento delle prestazioni di servizi effettuate tra le 2 sedi secondarie (ALFA1 e ALFA2), si applichino i principi stabiliti dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza FCE Bank, di cui alla causa C-210/04 del 23 marzo 2006, secondo cui le prestazioni di servizi scambiate tra 2 stabilimenti dello stesso soggetto giuridico sono escluse dal campo di applicazione dell’IVA, in quanto detti stabilimenti rappresentano un unico soggetto passivo ai fini IVA.

 

Rapporto di identità soggettiva intercorrente tra casa madre e stabile organizzazione in caso di Gruppo IVA

Il primo profilo da esaminare ai fini dell’individuazione del trattamento applicabile, agli effetti dell’IVA, alle prestazioni di servizi scambiate tra la stabile organizzazione inglese, appartenente a un Gruppo IVA nel Regno Unito, e la stabile organizzazione italiana, non facente parte di un Gruppo IVA, è relativo al rapporto d’identità soggettiva che, di regola, intercorre tra le 2 entità (casa madre e stabile organizzazione) dello stesso soggetto giuridico-economico; tale rapporto viene interrotto quando la casa madre e/o la branch siano incluse nel perimetro di consolidamento di un Gruppo IVA costituito, ai sensi dell’art. 11, Direttiva 2006/112/CE, in uno Stato UE. In tale ipotesi, infatti, trovano applicazione i principi espressi dalla Corte europea nella sentenza Skandia America, di cui alla causa C-7/13 del 17 settembre 2014.

 

Applicazione dell’IVA per le prestazioni di servizi rese alla stabile organizzazione facente parte di un Gruppo IVA

Il principio dell’unitarietà giuridica della stabile organizzazione rispetto alla casa madre, consacrato dalla sentenza FCE Bank[1], è stato derogato dalla sentenza Skandia, con la quale i giudici comunitari hanno affermato che, se la stabile organizzazione fa parte di un Gruppo IVA, la casa madre stabilita al di fuori dell’Unione Europea deve assoggettare a imposta le prestazioni di servizi rese nei suoi confronti.

Nel caso esaminato, venendo meno l’unitarietà giuridica che caratterizza le 2 entità, si è posto il problema di individuare il debitore d’imposta, cioè il soggetto sul quale ricade l’obbligo impositivo.

In base all’eccezione prevista dall’art. 196, Direttiva 2006/112/CE, l’IVA è dovuta dal committente, in applicazione del meccanismo del reverse charge, quando i servizi sono resi da un soggetto passivo non stabilito nello stesso Stato membro.

In linea di principio, il destinatario delle prestazioni può essere il Gruppo IVA, nel presupposto che la stabile organizzazione non esiste, agli effetti dell’IVA, al di fuori del Gruppo. Tuttavia, secondo una diversa impostazione, potrebbe ritenersi che l’IVA resti dovuta dalla casa madre in conformità alla regola generale di cui all’art. 193, Direttiva 2006/112/CE, secondo cui «l’IVA è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile […]»; si tratta, cioè, di ritenere che i requisiti previsti dal citato art. 196, Direttiva, non sono soddisfatti nel caso di specie, siccome la casa madre si considera stabilita nello stesso Stato membro del destinatario dei servizi, a nulla rilevando la circostanza che la branch sia inclusa nel Gruppo IVA.

Quest’ultima tesi, avallata dalle Autorità fiscali svedesi, non è stata condivisa dall’Avvocato generale nelle conclusioni presentate l’8 maggio 2014, dal momento che la questione relativa all’individuazione del debitore d’imposta si pone a condizione che le prestazioni rese dalla casa madre siano rilevanti ai fini IVA e questo implica che il beneficiario dei servizi sia non già la stabile organizzazione, ma il Gruppo IVA.

Ne discende, anche secondo i giudici comunitari, che l’imposta è dovuta dal Gruppo IVA in applicazione dell’art. 196, Direttiva 2006/112/CE. Infatti: «in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, in cui lo stabilimento principale di una società situata in un paese terzo fornisce servizi a titolo oneroso ad una succursale della società medesima stabilita in uno Stato membro ed in cui la succursale stessa appartiene ad un Gruppo IVA in tale Stato membro, è il Gruppo IVA, in quanto beneficiario di detti servizi, ad essere debitore dell’IVA applicabile».

Il principio in base al quale le operazioni tra 2 entità (stabile organizzazione e casa madre) dello stesso soggetto giuridico – che in via generale sarebbero escluse dal campo di applicazione dell’IVA – diventano rilevanti, agli effetti dell’IVA, nell’ipotesi in cui una delle 2 entità, localizzate in diversi Stati, aderisca a un Gruppo IVA istituito in uno Stato UE, trova riscontro anche nella posizione espressa più volte dalla Commissione europea, la quale, da ultimo, con i Working Paper n. 1025 e n. 1027/2021, ha affrontato la questione dell’operatività dei principi della sentenza Skandia America nell’ipotesi in cui una delle 2 entità (stabile organizzazione e casa madre) dello stesso soggetto giuridico aderisca a un Gruppo IVA istituito in un Paese terzo.

Ad avviso della Commissione, i soggetti passivi stabiliti al di fuori dell’Unione Europea che beneficiano del regime del Gruppo IVA in tale Paese non possono essere trattati come un unico soggetto passivo ai fini IVA nell’ambito dell’Unione Europea.

Pertanto, nel caso oggetto della risposta a interpello n. 314/E/2023, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, a partire dal 1° gennaio 2021 (data di decorrenza della fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione Europea), le prestazioni di servizi effettuate tra le 2 sedi secondarie dello stesso soggetto di diritto tedesco, di cui la seconda aderente a un Gruppo IVA istituito nel Regno Unito, sono – in linea con i principi espressi nei documenti sopra richiamati – escluse dal campo di applicazione dell’IVA, non essendo il Gruppo IVA istituito in un Paese terzo equiparabile a un Gruppo IVA istituito in un Paese UE.

Deve, conseguentemente, considerarsi superata la posizione espressa con la risposta a interpello n. 756/E/2021, secondo cui le prestazioni rese da una stabile organizzazione italiana nei confronti della casa madre aderente a un Gruppo IVA inglese assumono rilevanza ai fini IVA anche a seguito della fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione Europea, nel presupposto che l’istituto del Gruppo IVA continua a integrare la nozione di cui all’art. 11, Direttiva 2006/112/CE.

 

Applicazione dell’IVA per le prestazioni di servizi rese alla stabile organizzazione dalla casa madre facente parte di un Gruppo IVA

Nella sentenza Danske Bank, di cui alla causa C-812/19 dell’11 aprile 2021, si è posto il problema se il principio sancito dalla sentenza Skandia America, relativa al caso in cui la casa madre stabilita in un Paese extra-UE presti servizi alla stabile organizzazione facente parte di un Gruppo IVA nel Paese UE in cui è situata, sia applicabile anche al caso in cui è la casa madre, stabilita in un Paese UE e parte di un Gruppo IVA, a prestare servizi alla propria stabile organizzazione di altro Paese UE.

Come sopra anticipato, nella sentenza Skandia America, la Corte di Giustizia ha dichiarato che il Gruppo IVA forma un unico soggetto passivo, sicché le entità a esso appartenenti cessano di essere riconosciuti, all’interno e all’esterno del Gruppo, quali soggetti passivi, in quanto è il Gruppo IVA ad assumere la soggettività passiva d’imposta.

Alla luce di tale conclusione, nella sentenza Danske Bank, i giudici comunitari hanno affermato che, qualora la sede principale e la succursale di una società siano situate in Stati membri diversi e una di esse appartenga a un Gruppo IVA, il rapporto giuridico tra di loro deve essere valutato tenendo conto, da un lato, dell’assimilazione del Gruppo a un unico soggetto passivo e, dall’altro, dei limiti territoriali del Gruppo, desumibili dall’art. 11, Direttiva 2006/112/CE. In sostanza, il principio enunciato nella sentenza Skandia America si applica anche quando le prestazioni di servizi sono fornite dalla sede principale, situata in uno Stato membro e ivi appartenente a un Gruppo IVA, alla propria succursale stabilita in altro Stato membro.

 

A sostegno di questa conclusione, la Corte ha osservato che: «né il fatto che nel procedimento principale, contrariamente a quanto avveniva nella causa che ha dato luogo a tale sentenza [la sentenza Skandia America], non sia la succursale, ma la sede principale della Danske Bank a far parte del Gruppo IVA, né la circostanza che tale sede principale sia situata non in uno Stato terzo bensì in uno Stato membro sono tali da rimettere in discussione la soluzione adottata in detta sentenza, tenuto conto dei limiti territoriali propri dei gruppi costituiti in forza dell’articolo 11 della Direttiva IVA.

Contrariamente, poi, a quanto sostenuto dalla Danske Bank, sebbene la formulazione dell’articolo 11 della Direttiva IVA osti a che uno Stato membro estenda la portata di un Gruppo IVA ad enti stabiliti fuori del suo territorio, resta il fatto che l’esistenza di un Gruppo IVA in tale Stato membro deve, se del caso, essere presa in considerazione ai fini dell’assoggettamento ad imposta in altri Stati membri, in particolare quando questi ultimi valutano gli obblighi tributari di una succursale stabilita nel loro territorio.

Infine, per quanto riguarda il principio di neutralità fiscale, anch’esso invocato dalla Danske Bank, occorre ricordare che esso costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA, il quale osta a che operazioni economiche analoghe, che si trovano quindi in concorrenza tra di loro, siano trattate in modo diverso ai fini dell’IVA […]. Orbene, alla luce degli effetti della costituzione di un Gruppo IVA nonché dei limiti territoriali di quest’ultimo, un’operazione effettuata tra la succursale della Danske Bank situata in Svezia e il Gruppo IVA danese di cui trattasi, cui appartiene la sede principale di tale società, non può essere considerata analoga ad un’operazione effettuata tra una succursale e una sede principale che non faccia parte di un Gruppo IVA».

 

Riflessi delle sentenze Skandia America e Danske Bank sulla disciplina italiana del Gruppo IVA

I commi 24-31 dell’art. 1, Legge n. 232/2016 (Legge di bilancio 2017), hanno istituito nel D.P.R. n. 633/1972 la disciplina del Gruppo IVA mediante l’introduzione del nuovo Titolo V-bis, che comprende gli artt. da 70-bis a 70-duodecies.

Con queste norme è stato recepito nell’ordinamento interno la facoltà, accordata agli Stati membri dall’art. 11, Direttiva 2006/112/CE, di considerare come un unico soggetto passivo d’imposta «le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi».

L’intervento ha dato, di fatto, attuazione – seppure tardivamente – al principio espresso nell’art. 13, comma 1, lett. b), Legge n. 23/2014, che ha delegato il Governo a realizzare una Riforma del sistema fiscale, improntata a criteri di maggiore equità e trasparenza e orientata alla crescita.

L’art. 70-quinquies, D.P.R. n. 633/1972, regola gli effetti che scaturiscono dalla costituzione del Gruppo IVA sulle operazioni poste in essere dai partecipanti del Gruppo stesso.

Nella formulazione originaria, tale disposizione si limitava a regolare le operazioni effettuate dal Gruppo IVA, sia dal lato attivo che passivo, senza tuttavia considerare gli effetti della sentenza Skandia America.

Con l’art. 1, comma 984, Legge n. 205/2017 (Legge di bilancio 2018), l’art. 70-quinquies, D.P.R. n. 633/1972, è stato integrato. In particolare, i commi da 4-bis a 4-sexies disciplinano le operazioni tra casa madre e stabile organizzazione, qualora una delle 2 aderisca a un Gruppo IVA, coprendo – come confermato dalla stessa Agenzia delle Entrate con la circolare n. 19/E/2018 (par. 5) – le varie situazioni, comprese quelle decise, da ultimo, con le sentenze Skandia America e Danske Bank.

In particolare, il comma 4-quinquies del menzionato art. 70-quinquies, D.P.R. n. 633/1972, prevede che «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da una sede o da una stabile organizzazione partecipante a un Gruppo IVA, costituito in un altro Stato membro dell’Unione europea, nei confronti di una sua stabile organizzazione o della sua sede situata nel territorio dello Stato si considerano effettuate dal Gruppo IVA costituito nell’altro Stato membro nei confronti di un soggetto che non ne fa parte».

Come precisato, da ultimo, dall’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 143/E/2021, «devono considerarsi rilevanti le operazioni (i.e. cessioni di beni e/o prestazioni di servizi) intercorrenti tra casa madre e stabile organizzazione (rispettivamente “da casa madre a stabile” e da “stabile a casa madre”) quando una delle due entità è membro di un Gruppo IVA»; cosicché, nello specifico caso affrontato dall’Agenzia delle Entrate, analogo a quello risolto dalla Corte di Giustizia nella sentenza Danske Bank, il Gruppo IVA spagnolo, di cui fa parte la casa madre, effettua prestazioni di servizi rilevanti ai fini dell’IVA a favore della propria stabile organizzazione italiana.

 

Rilevanza ai fini IVA delle operazioni effettuate tra stabili organizzazioni italiane di soggetti non residenti appartenenti allo stesso Gruppo IVA

Con il principio di diritto n. 11/E/2023, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che le operazioni effettuate tra 2 stabili organizzazioni localizzate in Italia di 2 diverse società estere, comprese in un Gruppo IVA estero, non possono essere considerate irrilevanti ai fini IVA, ove effettivamente imputabili alle predette stabili organizzazioni.

Lasciando da parte, al momento, quest’ultimo inciso, relativo all’effettiva imputabilità delle operazioni alle stabili organizzazioni, l’Agenzia delle Entrate ha osservato che, a seguito della costituzione di un Gruppo IVA, le società partecipanti perdono la propria soggettività passiva d’imposta a favore di quella del Gruppo, unitariamente considerato. Conseguentemente, anche le rispettive case madri delle 2 branch italiane, aderendo, nello Stato UE in cui sono stabilite, a un Gruppo IVA ivi costituito, hanno perso la propria soggettività passiva IVA.

L’irrilevanza IVA delle transazioni in oggetto non può essere invocata nemmeno qualora, “per assurdo”, si volesse considerare il Gruppo IVA estero quale “unica casa madre” delle 2 stabili organizzazioni.

L’art. 70-quinques, commi 4-bis ss., D.P.R. n. 633/1972, infatti, disciplina le operazioni che intercorrono tra una stabile organizzazione e la rispettiva casa madre facente parte di un Gruppo IVA, stabilendo che «si considerano effettuate nei confronti del Gruppo IVA da un soggetto che non ne fa parte». In sostanza, la controparte della stabile organizzazione non è la sua casa madre, ma il Gruppo IVA di cui quest’ultima fa parte, che diventa soggetto terzo rispetto alla branch, per cui le transazioni tra Gruppo IVA e branch di società comprese nel suo perimetro non possono non assumere rilevanza ai fini IVA, essendo effettuate tra soggetti “terzi”.

Ne discende che, al generale principio dell’irrilevanza IVA delle transazioni tra casa madre e stabile organizzazione, ricorre un’eccezione quando la casa madre e/o la sua stabile organizzazione sono comprese in un Gruppo IVA situato in altro Stato membro. In questo caso, infatti, viene spezzato il rapporto di identità soggettiva intercorrente tra le 2 entità (branch e casa madre) appartenenti al medesimo soggetto giuridico, come anche affermato dalla giurisprudenza comunitaria in precedenza richiamata.

Come anticipato, l’Agenzia delle Entrate, nel chiarire che la disciplina del Gruppo IVA è idonea a interrompere il rapporto di identità soggettiva esistente tra casa madre e stabile organizzazione anche nel caso di specie, ha però puntualizzato che, per essere rilevanti ai fini IVA, le operazioni effettuate tra stabili organizzazioni italiane di soggetti passivi non residenti facenti parte dello stesso Gruppo IVA devono essere effettivamente imputabili alle predette stabili organizzazioni.

Con il principio di diritto n. 11/E/2023, l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che, per essere rilevanti ai fini IVA, le stabili organizzazioni italiane devono intervenire direttamente nelle operazioni.

Non basterebbe, quindi, la partecipazione delle stesse alle operazioni effettuate dalle rispettive case madri, essendo richiesto il loro intervento diretto.

Quest’ultimo, alla luce delle indicazioni di prassi, esige che i contratti di fornitura siano negoziati e stipulati dalle stabili organizzazioni, vertendosi nella diversa ipotesi della “partecipazione” quando le stabili organizzazioni, sebbene non direttamente coinvolte nella negoziazione e nella stipula dei contratti di fornitura, intervengono con propri mezzi umani e tecnici durante le operazioni.

In proposito, è richiesto il ruolo qualificante delle stabili organizzazioni, alle quali devono competere, ad esempio, la gestione dei rapporti con la clientela, sia per quanto riguarda le quantità da ordinare che per eventuali modifiche da apportare, occupandosi anche della gestione delle scorte e dell’organizzazione delle consegne, o ancora la ricerca dei potenziali clienti, redigendo la documentazione contrattuale da inviare alla casa madre per l’approvazione finale e l’apposizione materiale della firma.

 

Risposta n. 216/E/2025

Con riferimento al rapporto tra la branch inglese e il Gruppo IVA costituito nel Regno Unito, a cui la stessa appartiene, l’Agenzia delle Entrate è dell’avviso che trovino applicazione le precisazioni contenute nella risposta n. 314/E/2023, secondo cui un soggetto passivo stabilito in un Paese terzo che ivi aderisce a un Gruppo IVA non può essere considerato un soggetto passivo unico ai sensi dell’art. 11, Direttiva 2006/112/CE.

A seguito dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea per effetto della c.d. Brexit, le prestazioni di servizi effettuate da o rese a favore di un Gruppo IVA situato nel Regno Unito non sono più, pertanto, da considerare imponibili ai sensi dell’art. 70-quinquies, commi 4-quater e 4-quinquies, D.P.R. n. 633/1972, ma vanno escluse da IVA ai sensi della sentenza FCE Bank, in quanto la disciplina in materia di Gruppo IVA limita la propria efficacia ai soli Gruppi IVA situati nel territorio dell’Unione Europea.

Tuttavia – come evidenziato dalla stessa risposta n. 314/E/2023 – l’orientamento espresso dalla sentenza FCE Bank, recepito dalla risoluzione n. 81/E/2006, in forza del quale, in presenza di una branch dipendente dalla propria casa madre, non si determina un’alterità soggettiva tra le parti, in quanto queste ultime costituiscono un unico soggetto passivo ai fini IVA, trova il proprio limite nell’ipotesi in cui la casa madre e/o la branch siano incluse nel perimetro di consolidamento di un Gruppo IVA costituito in uno Stato UE. In tale ipotesi, infatti, viene spezzato il rapporto di identità soggettiva intercorrente tra le 2 entità (branch e casa madre) appartenenti al medesimo soggetto giuridico, trovando applicazione i principi espressi nella sentenza Skandia America.

A questo punto, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che:

− con la sentenza Skandia America, i cui principi sono stati recepiti nel nostro ordinamento mediante l’introduzione dell’art. 70-quinquies, comma 4-quinquies, D.P.R. n. 633/1972, la Corte di Giustizia ha riconosciuto la rilevanza, agli effetti dell’IVA, delle prestazioni di servizi intervenute tra una casa madre stabilita in un Paese terzo e la propria stabile organizzazione sita in un Paese UE, appartenente a un Gruppo IVA, statuendo altresì che le operazioni effettuate dallo stabilimento principale a favore della propria branch si considerano effettuate nei confronti del Gruppo IVA, in quanto quest’ultimo soggetto collettivo assume la veste di debitore d’imposta;

− con la sentenza Danske Bank, la Corte ha evidenziato che la partecipazione al regime del Gruppo IVA spezza, di fatto, il principio dell’unitarietà soggettiva tra una sede principale e la propria succursale estera, risultando indifferente che a prendere parte a tale regime sia la casa madre o la filiale. La Corte, in tale sede, ha posto l’accento sulla delimitazione territoriale del Gruppo IVA, per effetto del quale uno Stato UE non può estendere la portata del Gruppo IVA a enti stabiliti fuori del suo territorio. Tuttavia, come testimoniano i casi sopra citati, gli effetti del Gruppo IVA possono estendersi oltre i confini nazionali dello Stato in cui il Gruppo è istituito. Al riguardo, nella sentenza Alfa, Danmark, Sverige Filial, di cui alla causa C-812/19 dell’11 marzo 2021, i giudici comunitari hanno precisato che l’esistenza di un Gruppo IVA in uno Stato UE deve essere presa in considerazione ai fini dell’assoggettamento all’IVA in altri Stati UE, in particolare, quando questi ultimi valutano gli obblighi fiscali relativi a una succursale stabilita nel loro territorio.

Alla luce del quadro normativo e interpretativo esposto, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, nella fattispecie in esame, la casa madre, per effetto dell’appartenenza a un Gruppo IVA in un Paese UE, recide la propria identità soggettiva con le stabili organizzazioni inglese e italiana, che vanno considerate soggetti passivi distinti rispetto alla casa madre e al Gruppo IVA stesso.

Di conseguenza, nel presupposto che i servizi resi da ALFA2 e ricevuti da ALFA1 siano imputabili alla stabile organizzazione, nel senso declinato dall’art. 7, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 633/1972[2], gli stessi sono rilevanti ai fini IVA in Italia, essendo soddisfatto il presupposto territoriale previsto, per i servizi “generici”, dell’art. 7-ter, comma 1, lett. a), D.P.R. n. 633/1972.

[1] Ad avviso della Corte UE, le prestazioni di servizi intercorrenti tra casa madre estera e stabile organizzazione italiana, ovvero tra casa madre italiana e stabile organizzazione estera, sono al di fuori del campo di applicazione dell’IVA. La risoluzione n. 81/E/2006 dell’Agenzia delle Entrate, alla luce delle indicazioni della giurisprudenza comunitaria, ha rivisitato il proprio orientamento, espresso nella precedente risoluzione n. 330470/1981, secondo cui la stabile organizzazione, per le prestazioni rese nei confronti della casa madre, deve emettere regolare fattura, con addebito dell’imposta, nel momento di effettuazione dell’operazione, determinato ai sensi dell’art. 6, D.P.R. n. 633/1972, così come – nell’ipotesi speculare – vanno fatturati i servizi che la casa madre presta alla stabile organizzazione.

[2] Secondo cui, per “soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato”, s’intende anche la stabile organizzazione nel territorio dello Stato di un soggetto domiciliato e residente all’estero, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La rivista delle operazioni straordinarie”.