L’errore contenuto nello Stato patrimoniale, ininfluente sul Conto economico, non è sanzionabile
di Gianfranco AnticoIl D.Lgs. n. 87/2024, ha operato l’attesa revisione del sistema sanzionatorio tributario – penale e amministrativo, ai sensi dell’art. 20, Legge delega (n. 111/2023), al fine, da una parte, di razionalizzare il sistema sanzionatorio, anche attraverso una maggiore integrazione tra i diversi tipi di sanzione, per adeguarlo al principio del ne bis in idem; e dall’altra parte, specificamente per le sanzioni amministrative, per assicurare il miglioramento della proporzionalità delle sanzioni tributarie, attenuandone il carico e riconducendolo ai livelli esistenti in altri Stati europei.
In particolare, la riforma sanzionatoria amministrativa – le cui disposizioni si applicano alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024 – è intervenuta fra l’altro sugli artt. 1, 2 e 5, D.Lgs. n. 471/1997.
In generale, dunque, come si legge nella Relazione illustrativa al provvedimento, «Le modifiche garantiscono, dunque, la gradualità delle sanzioni rispetto alle diverse condotte tenute e alla diversa gravità delle violazioni commesse, incentivando la correzione spontanea delle violazioni da parte dei contribuenti e favorendo così l’emersione, sebbene tardiva, di imponibili non dichiarati. La sanzione proporzionale più grave si applica alle ipotesi di omissione o infedeltà constatata in sede di accertamento».
Ai sensi dell’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 471/1997, se nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito o un valore della produzione imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un’imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa del 70% della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato, con un minimo di 150 euro. La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d’imposta, ovvero indebite deduzioni dall’imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte.
Se la violazione di cui sopra emerge dalla presentazione di una dichiarazione integrativa non oltre i termini stabiliti dall’art. 43, D.P.R. n. 600/1973, e, comunque, prima che il contribuente abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo, si applica sull’ammontare delle imposte dovute la sanzione prevista dall’art. 13, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997 (oggi, 25%), aumentata al doppio. Se non sono dovute imposte si applica sempre la misura minima di 150 euro.
La sanzione del 70% è aumentata dalla metà al doppio, quando la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente.
Fuori dai casi sopra indicati per l’insidiosità dei comportamenti, la sanzione del 70% è ridotta di un terzo quando la maggiore imposta o il minore credito accertati sono complessivamente inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati e comunque complessivamente inferiori a 30.000 euro. La medesima riduzione si applica quando l’infedeltà è conseguenza di un errore sull’imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito, purché il componente positivo abbia già concorso alla determinazione del reddito nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente. Se non vi è alcun danno per l’Erario, la sanzione è pari a euro 250.
È in questo contesto che va inserita la recente ordinanza della Cass. n. 26107/2025, secondo cui la sanzione per infedele dichiarazione non si applica all’errore contenuto nello Stato patrimoniale, che non abbia avuto incidenza alcuna sul Conto economico né, tanto meno, sulla dichiarazione dei redditi.
Il caso approdato davanti ai massimi giudici trova origine da un avviso di accertamento emesso nei confronti di una S.r.l., con il quale l’ufficio aveva provveduto alla ripresa fiscale di un debito iscritto a bilancio per un milione di euro, ritenendolo inesistente e, quindi, considerandolo quale sopravvenienza attiva.
La CTR accoglieva parzialmente l’appello di parte, rilevando che l’erronea rappresentazione in bilancio dell’importo di un milione di euro non aveva dato luogo ad alcun risparmio o evasione d’imposta e non poteva, pertanto, sottoporsi a tassazione tale somma. Tuttavia, confermava le sanzioni irrogate in quanto ravvisava comunque un comportamento irregolare e consapevole cui non era stato posto rimedio con le opportune e successive variazioni contabili.
Nel caso di specie, come accertato dalla CTR, l’avviso di accertamento impugnato si fondava sulla assodata inesistenza dell’importo di 1.000.000,00 euro iscritto a bilancio nella voce al passivo al conto “Debiti diversi oltre esercizi successivi“, posta che avrebbe dovuto essere eliminata operando rettifiche contabili che non sono state eseguite. Tuttavia, è stato parimenti accertato che tale voce era stata, seppure impropriamente, iscritta a bilancio quale contropartita della errata contabilizzazione, nelle rimanenze, della voce “simulazione incremento di valore: Euro 1.000.000“.
Tale, pur incongrua, duplice contabilizzazione, non ha, come anche rilevato dai giudici d’appello, dato luogo ad alcun risparmio o evasione di imposta e non ha avuto impatto alcuno né a livello di Conto economico né a livello di Modello Unico.
Da tali premesse discende, quindi, come non sia applicabile la sanzione per dichiarazione infedele, rilevandosi che l’errore contenuto nello Stato patrimoniale, e comunque – seppure incongruamente – equilibrato con la impropria posta compensativa, non ha avuto incidenza alcuna sul Conto economico né, tanto meno, sulla dichiarazione dei redditi, che non può, pertanto, ritenersi affetta da infedeltà obiettiva.
Né per gli Ermellini hanno alcuna rilevanza i precedenti evocati dalla difesa erariale (per tutti v. Cass. n. 12460/2014), che attengono tutti alla differente fattispecie della esposizione, nel Conto economico e da qui nella dichiarazione, di un reddito inferiore rispetto a quello accertato – circostanza che nel caso di specie è esclusa dalla CTR, con statuizione non contestata dall’ufficio – poi abbattuto mediante utilizzo di perdite pregresse, con il risultato matematico di azzeramento dell’imposta.


