Le regole di coordinamento fiscale dell’OIC 34 e degli emendamenti agli OIC 16 e 31, alla luce del D.M. 27 giugno 2025
di Fabio LanduzziIl MEF – Dipartimento delle Finanze – ha emanato il D.M. 27 giugno 2025, contenente le “Disposizioni di coordinamento, IRES e IRAP, con OIC 34 e aggiornamento dei Principi contabili OIC 16 e OIC 31”. Il provvedimento amministrativo era atteso da tempo, in modo particolare per via delle significative novità recate dall’entrata in vigore del Principio contabile OIC 34 (Ricavi) a partire dagli esercizi aventi inizio dal 1° gennaio 2024. Si avvertiva infatti con urgenza un Decreto di “endorsement” fiscale del nuovo principio contabile, come pure degli emendati recati ai Principi contabili OIC 16 e 31, in linea con quanto era avvenuto in precedenza in occasione dell’entrata in vigore di altri importanti principi contabili internazionali aventi un impatto nella determinazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito.
Premessa: la ratio del D.M. 27 giugno 2025
La Relazione illustrativa del D.M. 27 giugno 2025 (il “Decreto” o il “D.M.”) premette che il provvedimento è stato emanato in attuazione dell’art. 4, comma 7-quinquies, D.Lgs. n. 38/2005, al fine di fornire disposizioni di coordinamento fiscale delle basi imponibili IRES e IRAP con riguardo alle regole contabili derivanti dall’adozione di nuovi principi contabili nazionali, o in conseguenza di emendamenti impattanti su principi contabili esistenti. In particolare, il D.M. trova il proprio perimetro tecnico di riferimento rispettivamente:
− nel nuovo Principio contabile OIC 34 “Ricavi”; e
− negli emendamenti introdotti nel marzo 2024 ai Principi contabili OIC 16 (“Immobilizzazioni materiali”) e OIC 31 (“Fondi per rischi e oneri e Trattamento di fine rapporto”) avuto riguardo all’introduzione di una nuova specifica disciplina contabile relativa alla rilevazione in bilancio delle passività connesse a obblighi di smantellamento e ripristino di cespiti.
Il coordinamento fiscale dell’OIC 34: i principi generali
Gli artt. 1-5, D.M., chiariscono la rilevanza fiscale di alcune modalità di contabilizzazione dei ricavi che sono state introdotte dall’OIC 34.
Di assoluto rilievo è quanto viene riportato nella Relazione illustrativa del D.M., dove si precisa che con il Decreto in commento non si sono volute introdurre disposizioni volte a confermare il riconoscimento dei fenomeni di qualificazione, classificazione e imputazione temporale, semplicemente in quanto questi sono riconosciuti come ormai «immanenti nel sistema»; il D.M., si prefigge quindi di regolare i fenomeni di qualificazione e/o classificazione che presentato aspetti di incertezza, oppure fenomeni che presentano aspetti di natura valutativa.
Tra i punti di maggiore rilevanza in chiave di collegamento fra l’OIC 34 e la disciplina delle imposte sul reddito spicca in modo particolare il riconoscimento della piena rilevanza fiscale:
- delle procedure di identificazione dell’unità elementare di contabilizzazione (par. 16-18, OIC 34);
- del raggruppamento dei contratti (par. 9, OIC 34);
- della attualizzazione dei flussi finanziari futuri (par. 11, OIC 34) quando i termini di pagamento vanno oltre i 12 mesi.
Il D.M. precisa infatti che, pur essendo questi degli aspetti che presentano anche una immanente dimensione valutativa, essi sono comunque riconducibili nell’alveo delle «valutazioni funzionali alle qualificazioni» con la conseguenza che la corretta applicazione dei canoni dettati dall’OIC 34, riverbera pieni effetti anche sulla determinazione del risultato imponibile ai fini delle imposte sul reddito in forza del principio di derivazione rafforzata.
Rientra in questo ambito anche quanto l’OIC 34, prescrive con riguardo all’individuazione del momento di rilevazione del ricavo, sia con riferimento alla vendita di beni, sia per quanto concerne la prestazione di servizi.
A titolo esemplificativo, nel caso della vendita dei beni, il momento in cui si individua l’avvenuto passaggio sostanziale di rischi e benefici rappresenta un aspetto tipizzante la stessa qualificazione dell’operazione di cessione e va quindi a incidere sull’individuazione del momento di rilevazione in bilancio del ricavo, ai fini civilistici e di riflesso anche ai fini fiscali. Analogamente, trova piena rilevanza ai fini delle imposte sul reddito anche la qualificazione del soggetto in termini di entità che agisce per conto di terzi e non in qualità di principal dell’operazione – si tratta della fattispecie di cui al par. A.7, OIC 34 – dal che deriva un impatto sulle modalità di rilevazione dei costi e ricavi dell’operazione in termini “nettisti” ovvero nella forma di una commissione pari alla differenza fra prezzo di vendita e costo di acquisto dei beni.
I “costi per l’ottenimento del contratto di vendita”
Il par. A.13, OIC 34, fornisce indicazioni circa le modalità di contabilizzazione dei “costi per l’ottenimento del contratto di vendita” disponendo che tali costi sono iscritti fra le Immobilizzazioni immateriali solo se:
− sono sostenuti specificatamente per un contratto di vendita;
− l’ottenimento del contratto è ragionevolmente certo; e
− tali costi sono recuperabili tramite il contratto di vendita.
Tuttavia, se si tratta di costi ricorrenti o di importo irrilevante gli stessi possono essere rilevati come costo direttamente a Conto economico al momento del loro sostenimento. Inoltre, quei costi che sono recuperati tramite il contratto di vendita nello stesso esercizio in cui sono sostenuti, vanno rilevati direttamente a Conto economico nell’esercizio medesimo.
Vanno, infine, imputati al Conto economico dell’esercizio di sostenimento anche i costi per l’ottenimento del contratto che sarebbero stati sostenuti anche se il contratto non fosse stato ottenuto.
L’art. 2, D.M., si limita a ricondurre i “costi per l’ottenimento del contratto di vendita”, quando iscritti fra le immobilizzazioni immateriali ai sensi del par. A13, nell’ambito della disciplina fiscale dettata dall’art. 108, comma 1, TUIR, e quindi riconducendone la deduzione ai fini IRES e IRAP «nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio» in piena derivazione rafforzata. Va da sé che, quando, in applicazione del precetto di cui al par. A.13, i costi in oggetto sono imputati direttamente al Conto economico dell’esercizio di loro sostenimento, gli stessi sono deducibili per il corrispondente intero ammontare.
I “corrispettivi variabili”
Il par. 10, OIC 34, prescrive che nel caso in cui il prezzo complessivo del contratto presenti elementi di variabilità «si deve procedere con la valorizzazione di tali componenti variabili secondo le disposizioni contenute nei paragrafi 14 e 15». Il par. 15, prevede poi che «sconti, abbuoni, penalità e resi sono da contabilizzarsi in riduzione dei ricavi sulla base della migliore stima del corrispettivo tenendo conto dell’esperienza storica e/o di elaborazioni statistiche».
L’art. 3, comma 1, D.M., prescrive a sua volta che le variazioni del corrispettivo di cui al par. 15, OIC 34, quando «derivanti da penali legali e contrattuali, concorrono alla formazione del reddito nell’esercizio in cui diventa certa l’esistenza e determinabile in modo obiettivo l’ammontare delle penali stesse».
Il testo del provvedimento recepisce quindi la deroga al principio di derivazione rafforzata riveniente dalla natura fiscale di “accantonamento” delle penali legali e contrattuali, confermando al riguardo quanto disponevano già l’art. 2, comma 2, D.M. n. 48/2009 e l’art. 9, D.M. 8 giugno 2011, applicabili anche ai soggetti OIC Adopter in forza dell’art. 2, D.M. 3 agosto 2017.
Dalla combinazione dei citati riferimenti regolamentari emerge infatti che la disciplina di cui all’art. 107, TUIR, in materia di “accantonamenti” trova applicazione per tutti i componenti iscritti in contropartita di passività di scadenza o ammontare incerti che presentano i requisiti di cui all’OIC 31. Perciò, a prescindere dalla classificazione civilistica di questi oneri, il loro ricadere nel perimetro di riferimento dell’art. 107, TUIR, determina la loro riqualificazione fiscale in termini di “accantonamento” con la conseguente loro non deducibilità al momento della rilevazione a Conto economico.
L’art. 3, in commento, quindi, ha lo scopo di confermare che, sebbene non più rilevata come costo (accantonamento) con contropartita un fondo del passivo, bensì come riduzione del ricavo, la penale legale o contrattuale rimane deducibile ai fini fiscali solo al verificarsi delle condizioni di certezza e obiettiva determinabilità.
È, tuttavia, interessante sottolineare come la disattivazione della derivazione rafforzata sia stata limitata dall’art. 3, D.M., alle sole variazioni del corrispettivo riconducibili a penali legali e contrattuali.
Il comma 2, art. 3, precisa, infine, che si considera rispettata la previa imputazione a Conto economico del componente negativo (la penale) anche quando ciò avviene come diretta riduzione della voce di ricavo.
Le vendite con diritto di reso
L’art. 4, D.M., affronta il trattamento fiscale delle vendite con diritto di reso alla luce delle significative novità recate dall’OIC 34.
In via preliminare, va rammentato che l’OIC 34, distingue il caso dei resi di beni che non si prestano a una valutazione per massa del rischio di restituzione, da quello dei beni che si prestano invece a una valutazione per massa.
Nel primo caso, l’OIC 34, prescrive che i ricavi sono rilevati a Conto economico al momento della vendita solo se il venditore è ragionevolmente certo, sulla base dell’esperienza storica, di elementi contrattuali e di dati previsionali, che il cliente non restituirà i beni. Il D.M., conferma che la mancata rilevazione dei ricavi per via di questa valutazione compiuta dal redattore del bilancio si configura come un processo di “qualificazione” che ha quindi piena rilevanza anche ai fini IRES e IRAP.
È, invece, diverso il caso in cui il rischio sotteso al reso si presta a una valutazione per massa. In questa circostanza, l’OIC 34, prescrive che la rettifica di ricavo ha la propria contropartita in un fondo per oneri. Il D.M., qualifica questa posta ai fini fiscali con la natura di un “accantonamento” non deducibile al momento della sua rilevazione, bensì al momento della reale effettuazione del reso da parte del cliente.
In parallelo, nel caso di vendite con diritto di reso dove, ai sensi del par. 29, OIC 34, il bene venduto è iscritto in una voce separata tra le rimanenze al valore contabile di originaria iscrizione in magazzino, il D.M., disciplina i riflessi fiscali:
- nel caso di bene che si presta a una valutazione puntuale del reso, l’applicazione del principio di derivazione rafforzata, che non considera effettuata la cessione, fa sì che continui ad avere rilevanza anche fiscale il valore del bene incluso nelle rimanenze; diversamente
- nel caso di vendita con reso con valutazione per massa, all’irrilevanza fiscale della rettifica del ricavo, corrisponde la non rilevanza fiscale del costo corrispondente ai beni venduti con diritto di reso, costo che non sarà quindi incluso nel valore fiscale delle rimanenze finali.
I costi di smantellamento e rimozione dei cespiti
Gli emendamenti recati all’OIC 16 e all’OIC 31, hanno condotto a una rivisitazione del modello di contabilizzazione dei fondi che le imprese sono tenute a iscrivere in bilancio a fronte delle obbligazioni a loro carico per spese future di smantellamento, rimozione e/o ripristino di cespiti, in forza di una precisa obbligazione contrattuale, normativa o regolamentare.
L’intervento dell’OIC è consistito nell’individuare un nuovo e unico modello contabile che prevede:
a) l’iscrizione a incremento del costo originario del cespite, con contropartita il fondo per oneri di smantellamento e/o ripristino, dell’intero importo stimato per la passività in oggetto, nell’esercizio di insorgenza dell’obbligazione di smantellamento e/o ripristino; e, a seguire
b) l’ammortamento nel corso della vita utile del cespite del costo complessivo iscritto all’attivo, comprendente anche la parte riferita agli oneri di smantellamento e/o ripristino.
Qualora si trattasse di un cespite non iscritto all’attivo – come nel caso di beni in locazione – la contropartita alla iscrizione del fondo per oneri di smantellamento e/o ripristino sarebbe un’attività immateriale (alla voce “Altre Immobilizzazioni Immateriali”).
Gli aggiornamenti di stima dei costi di smantellamento e/o ripristino vengono poi portati a incremento, o decremento, del costo del cespite; eventuali aggiornamenti di stima del fondo che siano riferiti al trascorrere del tempo o all’adeguamento del tasso di attualizzazione (ove il criterio del costo ammortizzato e dell’attualizzazione fosse applicato in bilancio), sono invece imputati nella stima dell’accantonamento imputato a Conto economico in ciascun esercizio.
Questo modello contabile non si applica invece all’impresa che, in forza di una previsione contrattuale, ha il dovere di ripristinare il bene utilizzato e di restituirlo al concedente, o al proprietario, in perfette condizioni di funzionamento; in questa circostanza, infatti, il modello contabile da applicare è quello dei fondi di manutenzione e ripristino dei beni gratuitamente devolvibili, come pure per i beni facenti parte di aziende in affitto.
L’art. 6, comma 1, D.M., conferma la rilevanza fiscale dell’importo capitalizzato sul costo del bene a titolo di oneri di smantellamento e ripristino e, in modo speculare, del fondo per oneri iscritto al passivo. Gli ammortamenti saranno quindi deducibili e calcolati sulla base del costo complessivo del bene comprensivo dei costi di smantellamento e ripristino capitalizzati, nei limiti di cui agli artt. 102 (per i beni di proprietà) e 103 (per i beni utilizzati con diritti di godimento), TUIR, in modo coerente a quanto indicato per i soggetti IAS Adopter in circostanze simili già nella Relazione al D.M. n. 48/2009.
Poiché il costo fiscale dei cespiti include anche gli oneri di smantellamento e ripristino, questo stesso costo fiscale sarà assunto a riferimento per il calcolo delle spese di manutenzione ordinaria deducibili ex art. 102, comma 6, TUIR.
Il comma 2, art. 6, D.M., estende poi la rilevanza fiscale anche agli aggiornamenti di stima dei costi di smantellamento e ripristino capitalizzati, secondo quanto prescritto dal par. 19A, OIC 31.
Per quanto concerne invece gli aggiornamenti di stima del fondo rischi e oneri relativi al trascorrere del tempo (par. 34, OIC 31) e/o per via dell’adeguamento del tasso di attualizzazione, questi non sono invece deducibili poiché vengono qualificati ai fini fiscali come aventi natura di “accantonamento”, secondo la prescrizione di cui al comma 5, art. 6, D.M.
Allo scopo di garantire poi la parità di trattamento fiscale tra soggetti che rappresentano lo stesso fenomeno con modalità diverse, il comma 5 dispone che, in ogni caso, ai fini delle imposte sul reddito, si deve determinare la quota parte relativa al trascorrere del tempo. Ove mancasse il dato di riferimento, supplisce allora l’applicazione di un criterio forfetario; quindi, nell’ipotesi in cui il redattore del bilancio si avvalesse della facoltà di non tenere conto dell’effetto finanziario (ad esempio, stante la non rilevanza delle differenze tra il valore nominale e quello attuale degli oneri), il D.M., prevede la determinazione forfettaria della componente finanziaria degli oneri, fiscalmente non rilevante, nella misura pari al 5% dei costi di ripristino.
Perciò, in ciascun periodo d’imposta lungo la durata del periodo di ammortamento civilistico del cespite, verrà calcolata la quota di ammortamento deducibile dei costi di smantellamento al netto della quota indeducibile in quanto ascritta al trascorrere del tempo, quantificata appunto in misura pari al 5% dell’ammontare dei costi di smantellamento e ripristino, ripartita per quote costanti in ciascun periodo d’imposta nel corso del periodo di ammortamento.


