9 Settembre 2014

Lavoratore in trasferta e lavoratore trasfertista

di Sergio Pellegrino
Scarica in PDF

trasferta-210x140Nell’ambito dell’articolo 51 del Tuir vi sono alcune norme di favore per i lavoratori che effettuano le proprie prestazioni al di fuori della sede di lavoro.

Da questo punto di vista dobbiamo però distinguere la posizione del lavoratore in trasferta da quello che invece deve essere considerato trasfertista.

Nella prima situazione, l’elemento che caratterizza la prestazione lavorativa eseguita in un luogo diverso rispetto a quello “abituale” è la temporaneità di questa condizione: mancando però in ambito tributario una definizione puntuale della nozione di trasferta e, ancor di più, non essendo stabilita per essa una durata massima, vi dovrà essere un’analisi delle diverse fattispecie per comprendere se la condizione della temporaneità sia effettivamente rispettata o meno.

Il comma 5 dell’articolo 51 prevede tre diversi regimi fiscali per i rimborsi delle spese sostenute dal dipendente in trasferta.

La prima tipologia è quella del rimborso analitico: il lavoratore “certifica” le spese effettivamente sostenute con i relativi giustificativi e non subisce alcuna imposizione per il rimborso erogato dal datore di lavoro. La norma prevede la mancata tassazione anche per un piccolo ammontare non documentato (ma comunque rendicontato dal lavoratore): 15,49 euro al giorno, che salgono a 25,82 euro nel caso delle trasferte all’estero.

Vi è poi la modalità del rimborso forfetario: il datore di lavoro eroga una indennità giornaliera, che è esente da tassazione nel limite giornaliero massimo di 46,48 euro (77,47 euro per le trasferte all’estero), oltre che il rimborso delle spese di viaggio e di trasporto documentate dal lavoratore.

La terza possibilità è quella del rimborso misto: l’indennità esente scende a 30,98 euro (51,65 euro all’estero), ma con il rimborso delle spese di alloggio o di vitto, ovvero, se vengono rimborsate sia le une che le altre, l’esenzione è limitata ad un importo dell’indennità pari a 15,49 euro (25,82 euro per le trasferte all’estero).

Sin qui abbiamo parlato di lavoratore in trasferta e quindi che si sposta in modo temporaneo e occasionale.

Diverso è il concetto di lavoratore trasfertista: si definisce tale quel soggetto che contrattualmente è “costretto” a prestare la propria attività lavorativa in sedi di lavoro sempre diverse.

Per “compensarlo” di questo disagio il legislatore fiscale ha previsto, al comma 6 dell’articolo 51, che le indennità e le maggiorazioni di retribuzione correlate a questa particolare condizione non concorrano a formarne il reddito in misura pari al 50% del loro ammontare.

Ulteriori misure di favore sono previste poi per i dipendenti che vengono trasferiti o distaccati.

Il comma 7 dell’articolo 51 prevede che questi non vengano tassati per le indennità di trasferimento percepite, così come per quelle di prima sistemazione e equipollenti, nella misura del 50% del loro ammontare per un importo complessivo annuo non superiore a 1.549,37 euro (4.648,11 euro per quelli all’estero). Anche le spese di viaggio, comprese quelle dei familiari, e di trasporto delle cose, così come le spese e gli oneri sostenuti per l’eventuale recesso dal contratto di locazione, se rimborsate dal datore di lavoro, non concorrono a formare il reddito del dipendente trasferito.

Ai lavoratori che prestano la loro attività all’estero sono dedicati i successivi commi 8 e 8 bis.

La prima disposizione stabilisce che gli assegni di sede e le altre indennità percepite per servizi prestati all’estero costituiscono reddito soltanto nella misura del 50%, mentre il comma 8 bis prevede che il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, venga determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali.

Capita che talora venga fatta confusione fra queste situazioni e che il regime agevolativo previsto per i dipendenti in trasferta venga impropriamente “esteso” anche ai dipendenti trasfertisti o trasferiti.

La natura e, conseguentemente, il trattamento fiscale degli importi erogati dai datori di lavoro sono però profondamente diversi.

Nel caso della trasferta, la somma corrisposta ha la funzione di indennizzare il dipendente delle spese sostenute e quindi ha carattere “restitutorio”; quando invece il cambiamento della sede lavorativa non è occasionale, gli importi in questione rappresentano una vera e propria forma di remunerazione, anche se sottoposta ad una tassazione “agevolata”.

Un caso del genere è stata esaminato di recente dalla Cassazione nella sentenza n. 2699 del 6 febbraio 2014: i giudici hanno ritenuto censurabile il comportamento di un’impresa che ha considerato in trasferta dipendenti, ai fini di erogare loro l’indennità giornaliera esente di 77,47 euro, che erano stati distaccati all’estero per un anno.