5 Novembre 2025

L’accertamento con adesione non costituisce una transazione novativa

di Gianfranco Antico
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La scheda di FISCOPRATICO

La Legge di delega fiscale n. 111/2023, attraverso i decreti legislativi già pubblicati – per quel che ci interessa in questa sede, D.Lgs. n. 219/2023, D.Lgs. n. 220/2023, D.Lgs. n. 13/2024 e D.Lgs. n. 87/2024 – ha operato una vera e propria Riforma del procedimento di accertamento e degli istituti alternativi al contenzioso.

L’istituto principe continua a rimanere l’accertamento con adesione del contribuente, di cui al D.Lgs. n. 218/1997, che costituisce uno strumento di definizione concordata del procedimento – in contraddittorio – fondato sulla prognosi di fondatezza di atti e difese.

Il dialogo, elemento caratteristico dello strumento, va inserito nel quadro del principio costituzionale del diritto alla difesa che mira a garantire, non solo l’uguaglianza delle parti, ma soprattutto la possibilità di esporre e far valere le proprie ragioni e di conoscere quelle dell’altra parte, in modo da potervi controbattere e influire così sull’esito della controversia.

La normativa non prevede, almeno in linea di principio, alcuna preclusione, e per effetto delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 13/2024 vi rientrano adesso anche gli atti di recupero.

Da un punto di vista giuridico rimaniamo fermi nella tesi secondo cui il concordato va visto come un atto unilaterale di imposizione, caratterizzato dall’adesione del contribuente alla nuova quantificazione dell’imponibile operata dall’ufficio impositore, non assimilabile alla transazione, stante la disparità delle parti e l’assenza di discrezionalità in ordine alla pretesa tributaria.

Tuttavia, nel corso di questi anni si è consolidato il principio secondo cui l’accertamento con adesione, costituisca una forma di esercizio del potere impositivo, che configura un accordo di diritto pubblico, il quale, in ragione di ciò, non è soggetto alle disposizioni del Codice civile, ma alla speciale disciplina pubblicistica contenuta nel D.Lgs. n. 218/1997, avente carattere cogente, in quanto afferente all’obbligazione tributaria, ai suoi presupposti e alla base imponibile (così, fra le altre, Cass. n. 14568/2021).

In questo contesto si inserisce la recente sentenza della Corte di Cassazione – n. 19781/2025 secondo cui «la definizione della pretesa tributaria mediante accertamento con adesione non comporta estinzione per novazione dell’obbligazione del contribuente; nella disciplina del relativo rapporto, infatti, non vengono in rilievo le “reciproche concessioni” di cui all’art. 1965 cod. civ., bensì la normativa speciale, di natura pubblicistica, che lo regola, caratterizzata da disposizioni di carattere cogente».

Il caso approdato davanti ai massimi giudici trova spunto dalla notifica a una S.r.l. di 4 avvisi di accertamento, con i quali l’ufficio riprendeva a tassazione maggiori redditi a fini IRAP, IRES e IVA per gli anni d’imposta 2009, 2011 e 2012, rettificando altresì il reddito del 2010 per omesse ritenute, e irrogava sanzioni. A seguito di tali atti la società presentava istanza di accertamento con adesione per ciascuno degli atti impositivi; instauratisi i relativi procedimenti, successivamente la stessa Agenzia delle Entrate depositava, innanzi alla CTP, una richiesta di misure cautelari e conservative, ex art. 22, D.Lgs. n. 472/1997, a garanzia degli importi dovutile a seguito dell’attività accertativa.

Conclusisi positivamente i procedimenti di adesione, e permanendo la domanda cautelare dell’ufficio, l’allora CTP ha autorizzato l’iscrizione di ipoteche sui beni della contribuente per importo pari a 8.814.606,08 euro, pari al doppio dell’ammontare del credito erariale.

Successivamente, effettuato il versamento di 3 ratei di pagamento concordati in sede di adesione, la società ha formulato al Presidente della CTP una domanda di revoca o riduzione dell’ipoteca, accolta fino alla concorrenza del minore importo di 3.400.000,00 euro. L’appello proposto dalla società avverso la decisione rimodulata della CTP innanzi alla CTR, veniva respinto, atteso che secondo i giudici regionali il perfezionamento dell’accertamento con adesione non comportava il venir meno della pretesa impositiva, ma soltanto la sua modificazione (in termini che giustificavano l’ulteriore contenimento del credito garantito in 1.700.000,00 euro); persisteva, in ogni caso, il periculum in mora, ravvisabile nel rilevante ammontare del credito erariale e, per contro, nella «non particolarmente florida situazione patrimoniale» della società.

Da qui il ricorso di parte in Cassazione, deducendo che i giudici d’appello avrebbero errato nel confermare l’iscrizione ipotecaria sugli immobili quantunque il credito erariale garantito si fosse nel frattempo estinto per novazione; tale dovendo considerarsi il perfezionamento del procedimento di accertamento con adesione relativo ai 4 atti impositivi notificati. A tale procedimento, infatti, andrebbero riconosciuti gli effetti propri del richiamato modo di estinzione dell’obbligazione, così come accade, per l’ipotesi di conciliazione giudiziale sulla pretesa erariale, dove l’obbligazione concordata si sostituisce a quella originaria.

Per la Corte, la tesi della ricorrente si pone in contrasto con i principi già espressi sulla natura dell’accertamento con adesione (ben compendiati nella sent. n. 4636/2024), che ne escludono la qualificazione in termini di transazione novativa. È stato affermato, in particolare, che l’accertamento con adesione non può essere assimilato ad un contratto di transazione, «stante l’evidente disparità delle parti e l’assenza di discrezionalità in ordine alla pretesa tributaria» che lo configurano, piuttosto, «come un accordo di diritto pubblico, ovverosia un atto bilaterale, consensuale ed ineguale, cui intervengono, su posizioni non pari ordinate, l’Amministrazione finanziaria e il contribuente privato, la prima nell’esercizio di una funzione pubblica, il secondo nella sfera dell’autonomia privata» (così la pronunzia n. 4636/2024). Pertanto, non è condivisibile la tesi della ricorrente «che muove dall’applicabilità a tale accordo delle disposizioni del codice civile relative alla transazione, restando esso disciplinato esclusivamente dalla normativa speciale, di natura pubblicistica, che lo prevede, ed in particolare dal D.Lgs.n.218/1997, le cui disposizioni, di carattere cogente perché relative all’obbligazione tributaria, ai suoi presupposti e alla base imponibile, non hanno alcuna pertinenza con le “reciproche concessioni” fra le parti coessenziali all’accordo transattivo».

Di conseguenza, gli Ermellini formulano il seguente principio di diritto: «La definizione della pretesa tributaria mediante accertamento con adesione non comporta estinzione per novazione dell’obbligazione del contribuente; nella disciplina del relativo rapporto, infatti, non vengono in rilievo le “reciproche concessioni” di cui all’art. 1965 cod. civ., bensì la normativa speciale, di natura pubblicistica, che lo regola, caratterizzata da disposizioni di carattere cogente».