7 Novembre 2025

La valutazione delle imprese in crisi: il documento del CNDCEC

di Fabio Giommoni
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

Il complesso tema della valutazione delle imprese in crisi è stato di recente affrontato dal documento “Valutazione aziende in crisi: criticità e spunti di riflessione”, pubblicato nell’agosto 2025 dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (CNDCEC).

Il Documento evidenzia che le problematiche che deve affrontare il professionista incaricato di valutare le “aziende in crisi”, rispetto alle “aziende in condizioni ordinarie”, sono generalmente caratterizzate da un più elevato profilo di rischio, correlato al fatto che il processo di risanamento passa attraverso l’attuazione di azioni correttive (ristrutturazione operativa e/o finanziaria), spesso in discontinuità con il passato, di cui va tenuto conto nella valutazione.

In particolare, come anche chiarito dal Discussion paper n. 1/2025 (“La valutazione delle aziende in crisi”) dell’Organismo Italiano di Valutazione (OIV), il professionista estimatore deve preliminarmente effettuare un’attenta analisi delle cause della crisi, della loro dimensione e diffusione sull’assetto strategico, gestionale, strutturale (SGS), dei tempi previsti per il turnaround e della percezione dello stato di crisi da parte di tutti gli stakeholder. Oltre all’esame delle cause, è poi necessario verificare il livello di gravità della crisi: maggiore è la gravità minori sono le alternative possibili per il recupero del valore.

Nel citato Discussion paper n. 1/2025 dell’OIV viene precisato che, considerata la rilevanza delle valutazioni nel processo di gestione della crisi, l’esperto valutatore dovrebbe sempre svolgere una “valutazione piena”, la quale prevede un giudizio di valore fondato sullo svolgimento completo del processo valutativo, che si sviluppa attraverso le seguenti 5 fasi:

  1. formazione e apprezzamento della base informativa;
  2. applicazione dell’analisi fondamentale;
  3. selezione della metodologia di stima più idonea agli scopi della valutazione;
  4. apprezzamento dei principali fattori di rischio;
  5. costruzione di una razionale sintesi valutativa.

Le fasi principali della valutazione sono rappresentate dalla formazione e dell’apprezzamento della base informativa e dell’analisi fondamentale (analisi contesto di mercato, driver di valore e loro evoluzione nel tempo, individuazione fattori di rischio e loro possibili effetti), nonché dalla successiva scelta del metodo di valutazione.

In tutti i contesti valutativi in cui viene ipotizzata la continuità aziendale, le metodiche maggiormente usate sono quelle basate sull’attualizzazione di flussi e quelle che esplicitano la creazione di valore (metodo misto patrimoniale reddituale). Tuttavia, le stime di tipo reddituale sono adatte nelle situazioni aziendali stabilizzate, mentre nelle situazioni caratterizzate da fattori evolutivi sono generalmente da preferire i metodi basati sull’attualizzazione dei flussi di cassa (Discounted Cash Flow o DCF), in cui vengono esplicitati gli effetti dei disallineamenti fra flussi di reddito e flussi finanziari correlati alle dinamiche del capitale circolante e delle politiche di investimento.

In situazioni stabilizzate, i flussi reddituali sono allineati ai flussi finanziari, per cui le 2 metodiche portano a risultati simili. Invece, nel particolare caso della valutazione di aziende in crisi, in cui il presidio della continuità passa attraverso un processo di risanamento, che in genere prevede azioni in forte discontinuità con il passato, le metodiche reddituali difficilmente possono essere idonee a interpretare il valore del complesso aziendale. Pertanto, la metodica da preferire nella stima del valore economico in contesti di crisi nella prospettiva di continuità è il DCF.

Ciò premesso, il Documento del CNDCEC sottolinea che nella valutazione di aziende in crisi non si tratta di introdurre nuovi principi, ma solo di adottare alcuni correttivi nell’applicazione delle metodiche tradizionali al fine di renderle coerenti con il contesto valutativo, le finalità della valutazione e la configurazione di valore ricercata. L’approccio valutativo deve adeguatamente considerare le specificità del contesto, adattando i modelli e i principi teorici ai casi pratici.

In particolare, può affermarsi che la finalità della valutazione è l’aspetto che maggiormente caratterizza e differenzia la valutazione di un’azienda che versi in uno stato di crisi; a sua volta, la finalità della valutazione si riflette nella scelta della configurazione di valore più corretta e nella scelta della metodologia valutativa applicabile.

In situazioni di crisi aziendale le finalità valutative possono essere racchiuse all’interno delle seguenti 4 macrocategorie chiave, individuate sulla base del tipo di leva strategica che si intende mettere in atto per affrontare, gestire e risolvere lo stato di crisi:

  1. risanamento: se l’obiettivo della soluzione adottata per risolvere la crisi è il risanamento, in genere la valutazione è diretta a: (i) stabilire se l’azienda può generare sufficiente valore per sostenere le sue passività e (ii) definire un valore d’impresa che tenga conto dei cambiamenti strutturali proposti. Si tratta del c.d. reorganization value;
  2. liquidazione: nell’ipotesi di liquidazione la finalità della valutazione verte, invece, sulla corretta determinazione del valore di liquidazione degli asset aziendali, di rami d’azienda o di singole unità produttive. In tale contesto l’esperto può dunque essere chiamato a valutare:
  • il valore di liquidazione forzata e atomistica delle singole attività (da cui ricavare il degrado dei creditori privilegiati);
  • il valore di liquidazione forzata dell’azienda in continuità, il quale viene generalmente determinato applicando uno sconto al valore di mercato, correlato alla particolare debolezza del debitore e inversamente proporzionale all’attrattività dell’azienda per i potenziali acquirenti;
  • il valore di liquidazione ordinaria o accelerata di parti dell’azienda o di singole attività o di partecipazioni a date future;
  1. operazioni straordinarie: qualora le aziende in crisi si trovino a essere oggetto di acquisizione o di affitto da parte di altre imprese, la finalità della valutazione diventa quella di comprendere il “valore potenziale” dell’azienda, tenendo conto della crisi in cui essa si trova, ma anche, allo stesso tempo, delle sinergie ottenibili dall’acquisizione. Nell’ambito degli strumenti di gestione della crisi, l’esperto può dunque essere chiamato a valutare:
  • il canone di affitto dell’azienda o di rami di essa;
  • il valore dell’equity dell’azienda, per le finalità di: trasformazione del debito in equity; aumento di capitale con rinuncia al diritto di voto; transazioni fra soci; operazioni di finanza straordinaria; recesso;
  1. ristrutturazione del debito: in linea generale, le valutazioni finalizzate alla ristrutturazione del debito sono dirette ad analizzare la capacità di rimborso dell’azienda a fronte di nuovi termini di pagamento; stimare i flussi di cassa futuri necessari a servizio del debito ristrutturato; determinare il valore degli asset che possono essere utilizzati come garanzia o fonte di liquidità per soddisfare parte della posizione debitoria.

Una volta individuato il contesto valutativo, il successivo passaggio è rappresentato dall’indicazione della configurazione di valore più appropriata a cui fare riferimento.

Le principali configurazioni di valore previste dai Principi Italiani di Valutazione (PIV) che possono rilevare nell’ambito della valutazione delle aziende in crisi sono le seguenti:

  • valore di mercato: rappresenta il prezzo al quale un’azienda potrebbe essere verosimilmente negoziata, dopo appropriato periodo di commercializzazione, in un libero mercato tra un acquirente e un venditore, ciascuno operante in condizioni di piena informazione e in assenza di coercizione. Nel caso di un’azienda in crisi può accadere che il valore di mercato risulti significativamente ridotto rispetto a quello di un’impresa sana o, addirittura, non esista, poiché l’azienda di trova in una condizione di emergenza tale da ridurre il numero di acquirenti potenziali e, in ultima analisi, la possibilità di negoziare in modo equilibrato;
  • valore di investimento: il c.d. investment value rappresenta il valore che un particolare investitore attribuisce a un asset o a un’entità aziendale, tenendo conto delle sue specifiche esigenze, obiettivi strategici o finanziari, nonché delle possibili sinergie. Può differire anche significativamente dal valore di mercato, dal momento che include fattori soggettivi come le sinergie derivanti da integrazioni verticali o orizzontali, la capacità di gestire i rischi specifici e il potenziale strategico che l’azienda rappresenta per uno specifico investitore. In contesti di crisi, la determinazione del valore di investimento è effettuata sulla base di uno o più piani di ristrutturazione, dai quali è desumibile una stima ragionevole di potenzialità, assunte da un operatore razionale che intenda valutare le ragioni economiche di un investimento nell’impresa in crisi;
  • valore negoziale equitativo: Il c.d. equitable value esprime il prezzo al quale, verosimilmente, un’azienda potrebbe essere negoziata fra soggetti identificati in maniera specifica e rappresenta il compromesso tra il valore che ciascun soggetto è disposto ad accettare in una trattativa. Non riflette tanto le condizioni di mercato, quanto piuttosto un accordo tra soggetti con interessi potenzialmente divergenti. Nei contesti di crisi aziendale il valore negoziale equitativo è particolarmente importante in quanto rappresenta un equilibrio tra le aspettative e le esigenze di tutte le parti coinvolte;
  • valore di smobilizzo: è il valore ottenibile in condizioni non ordinarie di chiusura del ciclo di investimento e dunque si colloca tipicamente al di sotto del valore di mercato o al valore intrinseco, dal momento che i beni dell’azienda vengono venduti in una situazione di “emergenza”. Nel contesto delle imprese in crisi il valore di smobilizzo rappresenta una delle configurazioni di valore più rilevanti ed è determinato dalla necessità di vendere rapidamente gli asset per generare liquidità e pagare i creditori, spesso con uno sconto significativo, a causa della mancanza di tempo o della pressione esercitata dai creditori o da altre parti interessate. Tale configurazione riflette anche la perdita di valore derivante dalla cessazione delle operazioni aziendali, come l’interruzione dei rapporti con clienti e fornitori, il deterioramento dei beni immateriali (come marchi e brevetti) e la svalutazione dei beni materiali per effetto dell’obsolescenza. Le 3 tipologie di valori di liquidazione identificate dall’OIV sono le seguenti:
  1. liquidazione ordinata: assume che ciascuna attività sia ceduta separatamente con un ragionevole arco temporale di esposizione al mercato. La differenza fra valore di mercato e valore di smobilizzo in una liquidazione ordinata attiene al fatto che l’oggetto di valutazione nel caso di smobilizzo riguarda un ramo o un’azienda di cui si è interrotto l’uso originario;
  2. liquidazione accelerata (quick sale): assume che ciascuna attività sia ceduta con un’esposizione al mercato inferiore a quella richiesta per una liquidazione ordinata, con una vendita che normalmente non avviene in forma d’asta pubblica, ma in forma di ricerca di controparti interessate;
  3. liquidazione forzata: assume che ciascuna attività sia ceduta separatamente con adeguata pubblicità nell’ambito di una vendita “obbligata”, che normalmente assume la forma dell’asta;
  • valore intrinseco: noto anche come “valore fondamentale”, esprime l’apprezzamento che un qualsiasi soggetto razionale operante sul mercato, senza vincoli e in condizioni di trasparenza informativa, dovrebbe esprimere alla data di riferimento, in funzione dei benefici economici offerti dall’attività e dei relativi rischi. Nel contesto delle imprese in crisi, il valore intrinseco rappresenta una misura critica per determinare se esistono margini per il risanamento o se l’azienda è destinata alla liquidazione. Tuttavia, questo valore può subire forti oscillazioni a causa delle incertezze relative alla capacità dell’impresa di superare la crisi, mantenere la continuità operativa e ritornare a produrre profitti in futuro.