La redazione degli statuti degli enti sportivi: un percorso a ostacoli
di Francesca ColecchiaPer redigere correttamente lo statuto di un ente sportivo è necessario prendere in considerazione i vincoli qualificatori, le specificità legate all’eventuale acquisizione della qualifica di ente del Terzo settore, i requisiti presupposto per accedere alle agevolazioni fiscali, le clausole richieste dall’organismo sportivo affiliante e le prime indicazioni fornite, ufficialmente ma anche informalmente, dall’ufficio preposto ai relativi controlli.
Nel redigere lo statuto di una associazione o di una società sportiva dilettantistica è necessario prendere in considerazione i requisiti previsti:
- dal D.Lgs. n. 36/2021, ai fini della qualificazione come sodalizio sportivo dilettantistico;
- dal TUIR e dal Decreto IVA, ai fini dell’accesso alle agevolazioni fiscali previste per le associazioni sportive dilettantistiche, agevolazioni estese ai sensi dell’ 90 della Legge n. 289/2002 alle società sportive dilettantistiche;
- dall’organismo o dagli organismi sportivi al fine di ottenere la relativa affiliazione;
anche alla luce delle indicazioni fornite, in via formale e informale, dall’ufficio preposto alle verifiche statutarie.
Le forme giuridiche e i contenuti dell’atto
È bene ricordare che gli enti sportivi dilettantistici possono costituirsi non solo nella forma di:
- associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli 36 ss., c.c.;
- associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato;
- società di capitali e cooperative di cui al Libro V, Titoli V e VI, c.c.;
ma anche come enti del Terzo settore, costituiti ai sensi dell’art. 4, comma 1, del D.Lgs. 117/2017, iscritti al Registro unico nazionale del Terzo settore e che esercitano, come attività di interesse generale, l’organizzazione e la gestione di attività sportive dilettantistiche e sono quindi iscritti al registro delle attività sportive dilettantistiche (RASD).
Con riferimento agli enti del Terzo settore si potrà trattare di una delle diverse tipologie contemplate dal Codice del Terzo settore con particolare riferimento all’associazione di promozione sociale, qualora si tratti di una organizzazione mutualistica e sia soddisfatto il requisito dello svolgimento dell’attività prevalentemente con l’apporto gratuito degli associati, all’impresa sociale necessariamente nel caso di organizzazione societaria ma anche al c.d. ente del Terzo settore generico qualora non presenti le caratteristiche dell’associazione di promozione sociale, ivi incluso il caso di fondazione ente del Terzo settore che promuove e organizza attività sportiva dilettantistica.
Il D.Lgs. n. 36/2021 ha espressamente previsto all’art. 6, in virtù del correttivo adottato con il D.Lgs. n. 163/2022, che: «agli enti del Terzo settore iscritti sia al Registro unico nazionale del Terzo settore sia al Registro delle attività sportive dilettantistiche si applicano le disposizioni del presente decreto limitatamente all’attività sportiva dilettantistica esercitata e, relativamente alle disposizioni del presente Capo I, solo in quanto compatibili con il Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, e, per le imprese sociali, con il Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112».
Ne consegue che gli enti del Terzo settore redigono i rispettivi statuti nel rispetto del D.Lgs. n. 117/2017, o del D.Lgs. n. 112/2017 qualora si tratti di imprese sociali, anche alla luce delle rilevanti indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro in materia[1], ma anche che questi dovranno acquisire la qualifica di ente del Terzo settore, attraverso l’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS), prima di richiedere l’iscrizione nel RASD. In assenza di tale riconoscimento l’ufficio RASD valuterà infatti lo statuto ai sensi del D.Lgs. n. 36/2021 che presenta clausole non allineate con quelle contemplate per gli enti del Terzo settore con conseguente rischio di diniego di iscrizione al RASD.
In una condizione particolare si trovano le organizzazioni che hanno mantenuto la qualifica di associazione sportiva dilettantistica e al contempo di associazione di promozione sociale. In questo caso dovrebbe trovare applicazione la prevalenza della normativa in materia di enti del Terzo settore anche ai fini dello statuto ma sul punto si attendono provvedimenti di prassi.
I requisiti previsti dal D.Lgs. n. 36/2021 per associazioni e società sportive dilettantistiche
Ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 36/2021 lo statuto delle società e associazioni sportive dilettantistiche deve indicare:
- la sede legale;
- la denominazione o, meglio, devono indicare «nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione o la denominazione sociale dilettantistica»;
- l’oggetto sociale con specifico riferimento all’esercizio in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica: si consiglia di riprodurre esattamente questa locuzione indicando eventualmente la o le discipline sportive che si intendono proporre;
- l’attribuzione della rappresentanza legale dell’associazione;
- l’assenza di fini di lucro ai sensi dell’ 8 del D.Lgs. n. 36/2021;
- le norme sull’ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell’elettività delle cariche sociali, fatte salve le società sportive che assumono la forma societaria per le quali si applicano le disposizioni del codice civile;
- l’obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi statutari;
- le modalità di scioglimento dell’associazione;
- l’obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e delle associazioni.
Associazioni e società sportive dilettantistiche devono quindi svolgere in via stabile e principale attività sportive dilettantistiche o meglio:
- attività sportive dilettantistiche, ossia l’organizzazione, da parte di un ente sportivo dilettantistico, e/o la sua partecipazione a competizioni sportive territoriali, nazionali ed internazionali, indette da enti sportivi dilettantistici iscritti al Registro oppure approvate e/o indette dall’Organismo sportivo che ha proceduto al riconoscimento ai fini sportivi e all’affiliazione dell’ente sportivo dilettantistico e ne riconosce i risultati;
- la formazione, ossia le iniziative finalizzate alla formazione e all’aggiornamento dei tesserati dell’Organismo sportivo che ha affiliato e riconosciuto ai fini sportivi l’ente sportivo dilettantistico, incluse le attività di divulgazione dei valori dello sport quale strumento di miglioramento della vita e della salute, nonché mezzo di educazione e di sviluppo sociale, con particolare attenzione a temi come la tecnica della disciplina sportiva, i controlli sanitari, le norme di sicurezza dei tesserati e l’ordinamento sportivo. Le attività formative possono essere organizzate direttamente dall’Organismo sportivo o dallo stesso ente sportivo dilettantistico purché in possesso dei requisiti tecnici e organizzativi definiti e delle competenze decisi e richiesti nei regolamenti dell’Organismo sportivo che l’ha affiliato e riconosciuto ai fini sportivi e devono essere condotte da docenti in possesso di specifiche competenze tecniche e professionali;
- la didattica, ossia l’organizzazione e/o la partecipazione a corsi di avviamento allo sport e alla pratica della disciplina sportiva organizzati da ente sportivo dilettantistico iscritto al Registro e/o dall’Organismo sportivo o dall’ente sportivo dilettantistico ad esso affiliato purché in possesso dei requisiti tecnici e organizzativi e delle competenze necessari per l’organizzazione dei corsi così come definiti e richiesti nei regolamenti dell’Organismo sportivo che l’ha riconosciuto ai fini sportivi e per attività dallo stesso riconosciute, nonché a condizione che gli istruttori siano in possesso delle competenze tecniche e professionali richieste per quella specifica disciplina sportiva per la quale svolgono l’attività didattica;
- la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica, con riferimento alla quale non viene offerta una definizione ma che si ritiene includa l’attività di allenamento.
In merito alla necessità – o meno – di svolgere tutte le attività elencate, si segnala che l’art. 2 del D.Lgs. n. 36/2021 definisce come associazione o società sportiva dilettantistica: «il soggetto giuridico affiliato ad una Federazione Sportiva Nazionale, ad una Disciplina Sportiva Associata o ad un Ente di Promozione Sportiva, anche paralimpico, e comunque iscritto nel Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche di cui al Decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 39 che svolge, senza scopo di lucro, attività sportiva, nonché la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica», facendo così alludere alla necessità di svolgere tutte le attività indicate. Con il correttivo apportato dal D.Lgs. n. 36/2021 è stato però chiarito che «L’area del dilettantismo comprende le associazioni e le società di cui agli artt. 6 e 7, inclusi gli enti del Terzo settore di cui al comma 1-ter, che svolgono attività sportiva in tutte le sue forme, con prevalente finalità altruistica, senza distinzioni tra attività agonistica, didattica, formativa, fisica o motoria».
Con questa disposizione sembra pertanto superato il rischio di contestazione della natura sportiva dilettantistica del sodalizio che si limita, a titolo esemplificativo, a effettuare attività competitive così come del sodalizio che si limita a organizzare attività didattiche. Sarebbe in ogni caso opportuno un provvedimento di prassi sul tema.
È altresì prevista la possibilità di svolgere – qualora espressamente previsto dallo statuto – attività diverse da quelle principali a condizione che abbiano carattere secondario e strumentale rispetto alle attività istituzionali, secondo criteri e limiti che si attende siano definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità politica da esso delegata in materia di sport, di concerto con il MEF. In attesa di detto Decreto, le attività diverse potranno generare in ogni caso ricavi non superiori al 50% del totale dei ricavi, parametro che probabilmente sarà più vincolante se il Legislatore dovesse adottare la medesima definizione di attività secondaria prevista per le attività diverse da quelle di interesse generale degli enti del Terzo settore. In questo caso, infatti, i ricavi derivanti da attività diverse da quelle di interesse generale non devono essere alternativamente superiori al 30% delle entrate complessive dell’ente del Terzo settore oppure al 66% dei costi complessivi dell’ente del Terzo settore, ivi inclusi i costi figurativi.
Si segnala che grazie al correttivo adottato con il D.Lgs. 5 ottobre 2022, n. 163, i proventi derivanti da rapporti di sponsorizzazione, promo pubblicitari, cessione di diritti e indennità legate alla formazione degli atleti nonché dalla gestione di impianti e strutture sportive sono esclusi dal computo dei criteri e dei limiti di secondarietà.
Dal confronto con l’Ufficio preposto alla verifica degli statuti degli enti sportivi è emersa la necessità di distinguere nettamente le attività sportive dalle attività diverse.
Diversi enti sportivi, anche sulla base delle indicazioni fornite dagli organismi sportivi affilianti, nell’indicazione dell’attività sportiva vanno a specificare, anche a solo titolo esemplificativo, una o più discipline sportive. Deve trattarsi però esclusivamente di discipline sportive espressamente riconosciute dal nostro ordinamento e quindi ricomprese nell’elenco tassativo allegato al Regolamento di funzionamento del RASD[2]. L’inserimento di una disciplina non espressamente riconosciuta nella parte descrittiva dell’attività principale può infatti determinare il diniego di iscrizione al RASD per carenza dei requisiti statutari. Anche nella scelta della locuzione definitoria della disciplina sportiva si invita a adottare quella contemplata nell’elenco delle discipline espressamente riconosciute, un eventuale diversa terminologia potrebbe portare al diniego di iscrizione nel RASD.
L’indicazione dello svolgimento di attività diverse infine è opportuno che sia inserito in un comma o, meglio, in un articolo distinto rispetto a quello dedicato allo svolgimento di attività sportive per evitare dubbi in chi esamina l’atto.
Nonostante non sia espressamente previsto dalla norma, si ritiene che non sia necessario specificare in sede statutaria il puntuale elenco delle attività diverse esperibili: la loro individuazione potrà infatti essere successivamente operata da parte degli organi dell’ente, cui lo statuto dovrà, in tale ipotesi, attribuire la relativa competenza. In tal senso si è espresso il Ministero del Lavoro[3] con riferimento agli enti del Terzo settore.
Il D.Lgs. n. 36/2021 prevede inoltre vincoli che non sono espressamente contemplati come requisiti statutari ma che si ritiene opportuno esplicitare.
È il caso della clausola sull’incompatibilità ai sensi della quale: «È fatto divieto agli amministratori delle associazioni e società sportive dilettantistiche di ricoprire qualsiasi carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche nell’ambito della medesima Federazione Sportiva Nazionale, disciplina sportiva associata o Ente di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI e, ove paralimpici, riconosciuti dal CIP».
In considerazione della circostanza che detta clausola potrebbe variare nel tempo e che ulteriori clausole di incompatibilità potrebbero essere introdotte dall’ordinamento statale e sportivo, si potrebbe introdurre una clausola generica con il rinvio all’art. 11 del D.Lgs. n. 36/2021 come: «I componenti cariche elettive non devono trovarsi in alcuna causa di incompatibilità prevista dall’ordinamento statale e/o sportivo tra cui quella definita attualmente dall’art. 11 del D.Lgs. n. 36/2021».
I requisiti che rappresentano una condizione per accedere alle agevolazioni fiscali
Per le associazioni sportive dilettantistiche e, in virtù dell’art. 90 della Legge n. 289/2002, per le società sportive dilettantistiche, non si considerano commerciali ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA i: «corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali».
L’accesso a tali benefici fiscali è subordinato alla circostanza che i sodalizi sportivi si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata:
- divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;
- obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo di cui all’art. 3, comma 190, della Legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;
- disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione;
- obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;
- eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all’ 2532, comma 2, del Codice civile, sovranità dell’assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell’art. 2532, ultimo comma, del Codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;
- intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 18/E/2018, i sodalizi sportivi devono implementare tali clausole per accedere alle agevolazioni fiscali non essendo sufficiente implementare i vincoli qualificatori. Si deve osservare che a seguito dell’emanazione del D.Lgs. n. 36/2021 l’Agenzia delle Entrate non è entrata nel merito ma si ritiene che tale vincolo sussista a tutt’oggi.
Esaminando a confronto le clausole previste dal D.Lgs. n. 36/2021 e quelle previste, rispettivamente, dal Testo Unico delle imposte sui redditi e dal Decreto IVA, si osservano i seguenti aspetti:
- con riferimento all’assenza di fini di lucro ai sensi dell’art. 8, Decreto IVA, essa sicuramente si declina anche nel «divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge» così come nella «intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa». Si evidenzia che la nuova disciplina dell’assenza di scopo di lucro, mutuata dalla disciplina dell’impresa sociale, prevede per le cooperative la possibilità di riconoscere il ristorno e per le società sportive la possibilità di contemplare una parziale distribuzione di utili[4]: la norma stabilisce che tali clausole non di configurano come forma di distribuzione anche indiretta di utili ma sarebbe opportuno un provvedimento di prassi per garantire che tali disposizioni non precludano la possibilità di beneficiare delle agevolazioni in materia prevede espressamente che prevedendo che non ma si evidenzia come tale previsione potrebbe comportare la decadenza delle agevolazioni fiscali;
- per quanto concerne la devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento, il D.Lgs. n. 36/2021 si limita ad affermare che la devoluzione avvenga “ai fini sportivi” mentre la disciplina fiscale la subordina anche alla richiesta del parere «dell’organismo di controllo di cui all’art. 3, comma 190, della Legge 23 dicembre 1996, n. 662». Anche la modulistica per la richiesta del parere devolutivo menziona espressamente oltre alle ONLUS e alle organizzazioni di volontariato, il caso delle associazioni sportive dilettantistiche[5]; ciononostante si segnala che l’ufficio RASD ha ritenuto l’inserimento della clausola che prevede la richiesta del menzionato parere non coerente con il dettato di cui al D.Lgs. n. 36/2021;
- in merito all’assetto organizzativo, il D.Lgs. n. 36/2021 richiede che siano adottate clausole «ispirate a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell’elettività delle cariche sociali, fatte salve le società sportive che assumono la forma societaria per le quali si applicano le disposizioni del Codice civile», principi che trovano ulteriore rafforzamento nei vincoli previsti ai fini fiscali laddove si prendono in considerazione le clausole richieste alle lett. c) ed e) del citato 148 del TUIR.
I requisiti previsti dal Dipartimento sport e dal Comitato permanente
Gli statuti saranno soggetti al vaglio di conformità da parte del Comitato permanente, recentemente insediatosi, composto da rappresentanti del CONI, del CIP e del Dipartimento per lo sport.
Il Comitato, con una recente, nota ha evidenziato che le associazioni e società sportive dilettantistiche devono: «prevedere nei propri statuti l’osservanza dei principi previsti dagli Statuti del CONI e CIP, rispettivamente agli artt. 29 e 33. In particolare, è necessario che le norme siano ispirate ai principi di democraticità e pari opportunità, peraltro contenuti anche nell’art. 7 del Decreto legislativo n. 36/2021, nonché alla lealtà sportiva ed all’osservanza di principi, norme e consuetudini sportive del CONI e del CIP, salvaguardando la funzione popolare, educativa, sociale e culturale dello sport».
Ai requisiti prima menzionati si rende pertanto di fatto necessario aggiungere anche quanto contemplato dal citato Comitato.
Fortunatamente il Dipartimento dello sport ha chiarito che tali ultime prescrizioni: «riguarderanno gli Statuti allegati alle nuove domande di iscrizione al Registro Nazionale delle attività sportive Dilettantistiche presentate a decorrere dalla data del 24 febbraio 2025».
Si segnala inoltre che gli Uffici del Registro hanno informalmente segnalato la necessità di esplicitare in statuto il riconoscimento del diritto di voto in capo all’esercente la responsabilità genitoriale dell’associato minorenne, conformemente a quanto affermato dalla Corte di cassazione[6] e come di fatto previsto per gli enti del Terzo settore[7].
[1] Il Ministero del Lavoro ha pubblicato i propri provvedimenti di prassi relativamente alle imprese sociali sul proprio portale al link https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/terzo-settore-e-responsabilita-sociale-imprese/focus-on/impresasociale/pagine/orientamenti-ministeriali-in-materia-di-impresa-sociale mentre al link https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/terzo-settore-e-responsabilita-sociale-imprese/focus-on/riforma-terzo-settore/pagine/circolari-orientamenti-ministeriali-codice-enti-terzo-settore#:~:text=In%20questa%20sezione%20sono%20disponibili%20le%20Circolari%2C%20le,Sociali%20fornisce%20interpretando%20la%20normativa%20nazionale%20di%20riferimento è possibile consultare i provvedimenti relativi agli enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali.
[2] Il Regolamento è consultabile qui https://registro.sportesalute.eu/static/media/REGOLAMENTO%20REGISTRO%20NAZIONALE.5caa6e32c3ceabaa7d67.pdf.
[3] Ministero del Lavoro, circolare 27 dicembre 2018.
[4] «2-bis. Ai fini di cui ai commi 1 e 2, non si considera distribuzione, neanche indiretta, di utili ed avanzi di gestione la ripartizione ai soci di ristorni correlati ad attività di interesse generale di cui all’articolo 2, effettuata ai sensi dell’art. 2545-sexies del Codice civile e nel rispetto di condizioni e limiti stabiliti dalla legge o dallo statuto, da imprese sociali costituite in forma di società cooperativa, a condizione che lo statuto o l’atto costitutivo indichi i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e alla qualità degli scambi mutualistici e che si registri un avanzo della gestione mutualistica.
- L’impresa sociale può destinare una quota inferiore al cinquanta per cento degli utili e degli avanzi di gestione annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti:
- a) se costituita nelle forme di cui al libro V del codice civile, ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, nei limiti delle variazioni dell’indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) per il periodo corrispondente a quello dell’esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti, oppure alla distribuzione, anche mediante aumento gratuito del capitale sociale o l’emissione di strumenti finanziari, di dividendi ai soci, in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;
- b) a erogazioni gratuite in favore di enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali, che non siano fondatori, associati, soci dell’impresa sociale o società da questa controllate, finalizzate alla promozione di specifici progetti di utilità sociale».
[5] https://www.lavoro.gov.it/strumenti-e-servizi/Modulistica/Documents/Devoluzione%20del%20patrimonio%20di%20Organizzazione%20e%20Enti%20di%20promozione%20sociale/Istanza-parere-devoluzione-onlus.pdf.
[6] Sent. n. 23228/2017.
[7] Ministero del Lavoro, nota 6 febbraio 2019, n. 1309.
Si segnala che l’articolo è tratto da “Associazioni e sport”.


