18 Luglio 2025

La creazione della holding mediante operazione circolare

di Ennio Vial
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La scheda di FISCOPRATICO

Un caso espressamente affrontato nell’atto di indirizzo in tema di abuso del diritto, diramato lo scorso 27 febbraio dal MEF, è relativo alla rivalutazione delle partecipazioni a pagamento.

Viene opportunamente rilevato come sia assolutamente legittimo consentire «ai contribuenti che detengono partecipazioni in società al di fuori dell’esercizio di un’impresa commerciale, di incrementare il costo fiscalmente riconosciuto delle stesse attraverso il versamento di un’imposta sostitutiva, al fine di ridurre o azzerare il prelievo sulle plusvalenze realizzate mediante la successiva alienazione delle partecipazioni».

Si tratta di un chiarimento invero non nuovo. La questione si complica, tuttavia, se proseguiamo nella lettura. Nel documento, infatti, si legge che: «Posto che la disciplina fiscale della rivalutazione non pone limiti formali e non sottopone ad obblighi particolari la dismissione delle partecipazioni rivalutate, il valore volontariamente affrancato ben potrà essere utilizzato per ridurre il prelievo sulle plusvalenze realizzate non solo in sede di quantificazione delle plusvalenze imponibili da cessione a soggetti terzi e indipendenti rispetto al cedente, ma anche in sede di cessione della partecipazione a favore di altri soci (c.d. recesso atipico), fermo restando il limite delle operazioni meramente circolari».

In sintesi, i principi statuiti sono i seguenti:

  • la rivalutazione e la cessione è operazione ammessa;
  • la cessione può avvenire a soggetti terzi o a soci;
  • non sono ammesse le operazioni circolari.

In sostanza, volendo soffermarci sull’ultimo punto, il MEF avvalla le tesi espresse dagli uffici, ad esempio, nella risposta a interpello n. 242/E/2020, secondo cui l’operazione si risolve come circolare, qualora il contribuente rivaluti una partecipazione e la ceda ad una società acquirente “una holding” dove questi risulta essere socio seppur in misura marginale. Emergerebbe, in tale ipotesi, il fenomeno del c.d. Cash buy out.

In sostanza, l’Amministrazione non accetta l’idea che nella compagine societaria della holding acquirente sia presente il socio uscente, seppure con una quota minimale.

Si tratta di un orientamento discutibile e che, peraltro, non trova generalmente l’avvallo dei giudici in sede contenziosa, ma che non può essere trascurato.

Rimane, quindi, la via della cessione della partecipazione senza rivalutazione. In questo caso la plusvalenza sconterà la tassazione sostitutiva del 26%; tuttavia, non si deve trascurare il fatto che, magari con le opportune garanzie, il pagamento potrebbe essere dilazionato nel tempo. Il cedente, pertanto, dilazionerebbe anche la tassazione, in quanto la plusvalenza è da assoggettare a tassazione per cassa e si garantirebbe una sorta di rendita dalla società acquirente.

Invero, attenta dottrina ha avuto modo di affermare che il wording dell’ultimo paragrafo citato sdogana la possibilità di far acquistare, alla società per azioni, le azioni proprie precedentemente rivalutate dal socio alienante ed uscente dalla compagine sociale. Appare, infatti, di tutta evidenza, come in questo caso non si configuri alcuna operazione circolare, atteso che il socio alienante esce dalla compagine.

Si tratta di una forma di recesso atipico.

Questa impostazione risulta pienamente condivisibile e, pertanto, devono considerarsi superate le conclusioni delle risposte a interpello n. 89/E/2021 e n. 195/E/2024.