30 Luglio 2025

IVA al 4% e concetto di “nuova costruzione”

di Cristoforo Florio
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La scheda di FISCOPRATICO

Secondo il n. 39) della Parte II, Tabella A, D.P.R. n. 633/1972, l’aliquota IVA del 4% trova applicazione nei confronti delle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione dei fabbricati c.d. Tupini, nei confronti di:

I fabbricati “Tupini” sono le «(…) case di abitazione, anche se comprendono uffici e negozi, che non abbiano il carattere di abitazione di lusso (…)»; in particolare, secondo l’interpretazione autentica fornita dalla Legge n. 1212/1967, sono “Tupini” quei fabbricati per i quali ricorrano, congiuntamente, le seguenti condizioni:

  1. almeno il 50% più uno della superficie totale dei piani sopra terra sia destinata ad abitazioni;
  2. non più del 25% della superficie totale dei piani sopra terra sia destinato a negozi.

Dunque, sono “Tupini” quei fabbricati di edilizia abitativa non di lusso, ancorché comprendenti uffici o negozi nelle percentuali sopra chiarite (vedasi, in tal senso, circolare MEF n. 1/1994).

Ciò detto, l’aliquota IVA al 4% prevista dal n. 39) sopra citato è applicabile nel caso di “costruzione”, con esclusione della “ristrutturazione”.

Al fine di comprendere quale sia il concetto di “costruzione” occorre fare riferimento alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 380/2001 (c.d. Testo Unico dell’Edilizia), chiarendo preliminarmente che la competenza in merito alla qualificazione e alla classificazione delle opere edilizie spetta all’Ente locale se, ai sensi della normativa regionale vigente, gli interventi sono soggetti ad un titolo abilitativo costituito dal permesso di costruire.

Diversamente, la qualificazione dell’intervento è asseverata dal progettista tramite SCIA e l’asseverazione sarà poi sottoposta dall’Ente territoriale competente a controllo di verifica, anche a campione.

In altri termini, in base ad una ormai consolidata prassi dell’Agenzia delle Entrate, la qualificazione urbanistica di un intervento edilizio, pur comportando dirette implicazioni con riferimento ai profili fiscali dell’operazione, non rientra tra le competenze del Fisco (in tal senso vedasi circolare n. 23/E/2022 e risoluzione n. 41/E/2009); ciò in quanto l’aspetto tributario rappresenta una mera conseguenza dell’inquadramento della fattispecie sul piano edilizio-urbanistico.

Pertanto, laddove l’intervento possa essere ricondotto alla “nuova costruzione” (art. 3, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 380/2001) l’aliquota IVA agevolata del 4% di cui al punto 39) in esame potrà trovare applicazione, fermo restando il rispetto degli ulteriori requisiti della disposizione di legge in questione.

Diversamente, invece, qualora l’intervento sia riconducibile alla “ristrutturazione edilizia”, di cui all’art. 3, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 380/2001, troverebbe applicazione l’aliquota IVA del 10%, ai sensi del n. 127-quaterdecies) della Tabella A, Parte III, D.P.R. n. 633/1972.

Peraltro, dopo le modifiche introdotte dal D.L. n. 76/2020, va ricordato che, come regola generale, nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono altresì ricompresi gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. Per espressa previsione normativa, inoltre, l’intervento di ristrutturazione edilizia può anche prevedere, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana (art. 3, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 380/2001).

I risvolti IVA di tale previsione normativa sono importanti.

Infatti, l’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 34/E/2018, richiamando la precedente circolare n. 11/E/2007, ha sottolineato che, nel caso in cui l’intervento di demolizione e ricostruzione si qualifichi dal punto di vista urbanistico come ristrutturazione edilizia, non può trovare applicazione il trattamento fiscale di maggior favore con IVA al 4%, previsto per i contratti di appalto relativi alla “nuova costruzione” di tali abitazioni, in considerazione del fatto che essi non possono essere ricondotti a tale ultima fattispecie, bensì concretizzano interventi di recupero di edifici preesistenti.

Quindi, l’appalto per la demolizione di un fabbricato seguita dalla successiva ricostruzione dello stesso con una diversa sagoma o un incremento di volumetria (nel rispetto degli strumenti urbanistici comunali), qualora rientrante nella nozione di “ristrutturazione edilizia”, sconterà l’aliquota IVA al 10%.

Più articolata è, invece, la questione della demolizione e ricostruzione con ampliamento, la quale potrebbe rientrare in una fattispecie di “ristrutturazione edilizia” con la conseguenza che sarebbe applicabile l’aliquota IVA del 10%.

Qualora, però, le opere non prevedessero la demolizione, ma la semplice ristrutturazione dell’esistente con ampliamento, oppure una demolizione parziale dell’edificio preesistente, in presenza di un unico contratto di appalto l’aliquota IVA del 4% sarebbe applicabile solo se dal contratto e dalle fatture fosse possibile un’oggettiva individuazione della parte del corrispettivo relativo all’ampliamento rispetto a quello relativo alla ristrutturazione, mentre, in assenza della possibilità dell’oggettiva suddivisione oppure in presenza di un corrispettivo unico per le prestazioni, dovrebbe ritenersi applicabile l’aliquota IVA più elevata del 10%, in forza del consolidato principio di inscindibilità del contratto di appalto.