Imposta di successione e donazione: un 4-ter libero da requisiti nascosti?
di Ennio VialIl Legislatore, con il D.Lgs. n. 139/2024, ha riscritto con effetto dal 2025 il comma 4-ter, dell’art. 3, D.Lgs. n. 346/1990. Peraltro, a partire dal 1.1.2026 la norma sarà trasfusa nel comma 6 dell’art. 89, D.Lgs. n. 123/2025.
La novella è stata accolta con soddisfazione degli operatori, in quanto finalmente il Legislatore ha tratteggiato in modo chiaro quelle che sono le condizioni da rispettare per beneficiare della esenzione da imposta di successione e donazione, precisando, le suddette condizioni a seconda che si trasferisca un’azienda, una partecipazione in una società di capitali o una partecipazione in una società di persone.
In particolare, per le società di capitali, è richiesto, ai fini della fruizione del beneficio, «che gli aventi causa detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento».
Il controllo è quello di diritto ossia ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1), c.c..
Al riguardo, la Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 139/2024 modificativo della disciplina ha chiarito che «attraverso la modifica del comma 4 ter dell’articolo 3, sono definiti in modo più puntuale il perimetro e le condizioni dell’agevolazione in relazione alle diverse tipologie di trasferimenti agevolati […]».
Possiamo, quindi, ritenere che, seppur in modo timido, il Legislatore abbia superato le tesi espresse dall’Amministrazione finanziaria volte a limitare l’ambito applicativo della disciplina agevolativa nel caso di trasferimento di società holding o di società immobiliari di gestione.
In sostanza, se vengono trasferite quote di società di capitali, è richiesta solamente la detenzione del controllo in capo ai donatari per un quinquennio. La risposta n. 271/E/2025 rappresenta il primo intervento avente a oggetto la norma novellata.
Il caso è quello di una signora che detiene una quota del 96,3% di una società e che trasferisce ai figli il 95% in nuda proprietà, prevedendo, tuttavia, che la stessa sia dotata del diritto di voto. Affermare che, in questo caso, l’agevolazione trova applicazione perché la nuda proprietà con il diritto di voto è pienamente assimilata alla piena proprietà, atteso che ciò che rileva è il controllo di diritto, è conclusione scontata.
Più interessante, nella risposta in oggetto, è valutare se rilevino altri aspetti. In particolare, la società oggetto di trasferimento è una holding che detiene 2 partecipazioni in società di cui non è dato conoscere l’attività svolta.
Una di queste è partecipata solamente al 18,6%; tuttavia, la contribuente afferma di esercitare su di essa un’influenza dominante, atteso che le maggioranze previste dallo statuto sono del 90%. Inoltre, sono previsti dei particolari diritti che la donante si riserva nella holding ai sensi dell’art. 2468, comma 3, c.c..
Si tratta di:
- il diritto di convocare l’assemblea dei soci ai sensi dell’art. … [dello Statuto];
- il potere di veto ai sensi dell’art. … e dell’art. … nelle decisioni ivi previste;
- il diritto agli utili ai sensi dell’art. ….
Le questioni cruciali su cui ci interessa la presa di posizione dell’ufficio sono le seguenti:
- rileva l’attività della società donata e delle sue eventuali partecipate?
- rilevano i diritti speciali trattenuti dalla donante?
In merito al primo punto, nella risposta dell’Agenzia delle Entrate nessun rilievo sembra essere attribuito alla natura della società donata e delle sue partecipate. Non viene nemmeno considerata la circostanza dell’influenza dominante nella partecipata al 18,6%.
In relazione ai diritti della donante, si legge che «secondo quanto dichiarato dall’Istante, lo statuto della Società attribuisce alla Donante alcuni diritti particolari, che, tuttavia, non sono tali da incidere sul controllo di diritto trasferito ai Figli dell’Istante».
Il fatto che i diritti non incidano sul controllo sembra essere l’opinione dell’istante riportata dall’Agenzia, ma potrebbe essere anche intesa come una tesi fatta propria dall’ufficio. Ad avviso di chi scrive, la soluzione è rinvenibile nella successiva sentenza della Cassazione citata dall’officio (Cass., sent. n. 10726/2017) ove si afferma che, con riferimento all’art. 2359, c.c., lo stesso «considera società controllate “le società in cui un’altra società dispone della maggioranza di voti esercitabili nell’assemblea ordinaria” […] trattasi dunque di una presunzione assoluta e quindi appare giuridicamente corretta la conclusione della Corte d’Appello che ha ritenuto ininfluente, ai fini che interessano, la particolare previsione dello Statuto circa le maggioranze richieste».
L’art. 2359, c.c., determinerebbe, in sostanza, una presunzione assoluta che non può essere superata da diverse maggioranze statutarie o da diritti speciali del socio donante. Peraltro, in un passaggio della sentenza citata dall’ufficio non riportato nell’interpello si legge che «Lo sforzo interpretativo della difesa del ricorrente per escludere il controllo della … è apprezzabile, ma si scontra inevitabilmente col chiaro disposto normativo».
Quello che sembra emergere è che l’ufficio, seppur timidamente, sembra accettare l’idea che la novella permetta di concedere l’agevolazione con il mero trasferimento del controllo di diritto. Ragionevolmente non dovrebbe rilevare nemmeno un diritto particolare del socio donante volto a riservargli il diritto di nominare gli amministratori per cui dovrebbe intendersi come superata la risposta a interpello n. 185/E/2023.
Questo e molti altri aspetti in tema di passaggio generazionale verranno approfonditi nella giornata del Master Breve in programma a dicembre 2025 rubricata “aspetti civilistici e fiscali nel passaggio generazionale”.


