14 Ottobre 2025

Il recesso del socio dalla cooperativa: una casistica variegata

di Alberto Rocchi
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La disciplina del recesso del socio nelle cooperative trova spazio, all’interno del Codice civile, nell’art. 2532 e, parzialmente, nell’art. 2530. Come sempre, quando si parla di cooperative, occorre ricordare che il corpus normativo che regola questo particolare tipo societario è costruito su diversi livelli: la normativa sulle società, la normativa specifica sulle cooperative e, infine, la normativa speciale che, spesso, assume un peso specifico ancora maggiore. Gli eventuali conflitti tra queste diverse fonti vengono regolati dal principio generale sancito dall’art. 2519, c.c., secondo il quale alle cooperative, per quanto non previsto nella Sezione specifica a esse dedicate, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni sulle S.p.A., o, opzionalmente, ricorrendone i requisiti, quelle sulle società a responsabilità limitata.

In tema di recesso, l’art. 2532 riproduce sostanzialmente lo schema già previsto per le società lucrative prevedendo cause di recesso legali e statutarie. La norma, tuttavia, non si preoccupa di elencare le cause di recesso legali rimandando così, implicitamente, a quanto previsto per le società di capitali. Parte della dottrina si è interrogata sulla possibilità che le cause di recesso legali previste dall’art. 2437 in materia di S.p.A., possano applicarsi automaticamente anche alle cooperative. La formulazione della norma, tuttavia, non sembra lasciare spazio a dubbi, in quanto la materia non è regolamentata da norme specifiche per il mondo mutualistico, ad eccezione della normativa speciale che, come vedremo a breve, in alcuni importanti casi, risulta essere dirimente. Si può, pertanto, affermare, in prima battuta, che al socio di cooperativa “modello S.p.A.” è consentito esercitare il diritto di recesso nei casi particolari, tra gli altri, di trasformazione della società, di trasferimento della sede legale all’estero, di modifica dell’oggetto sociale. È opportuno ricordare che, in tutti i casi di recesso “legale”, la revoca della delibera o la rimozione della causa che legittimano l’esercizio del diritto da parte del socio, comportano l’inefficacia del recesso eventualmente esercitato dal socio. Le cause di recesso legale non possono essere derogate dallo statuto. Il recesso legale ha effetti immediati.

Il recesso statutario, o convenzionale, è di norma previsto negli atti della cooperativa. Una causa di recesso, che spesso trova spazio negli statuti standard, è quella prevista allorquando il socio non si trovi più in grado di partecipare allo scambio mutualistico. La ragione dell’instaurazione del rapporto sociale nella cooperativa è, infatti, strettamente connessa alla partecipazione allo scambio mutualistico: al venir meno di questo, consegue la possibilità per il socio di sciogliere anche il vincolo sociale che ne costituiva il presupposto. La scrittura delle clausole di recesso negli statuti delle cooperative richiede un’attenta ponderazione tra la necessità di evitare un vincolo “senza uscita” per il socio e l’interesse della cooperativa a impedire subitanee e indiscriminate “defezioni” che possano alterare la continuità dello scambio mutualistico e, quindi, la sopravvivenza stessa della struttura. Per questo motivo, generalmente, il recesso ad nutum, ovvero liberamente concesso al socio, non è previsto dagli statuti. Occorre, tuttavia, ricordare che, qualora lo statuto preveda il diniego alla circolazione delle quote, è riconosciuto al socio il diritto di recedere in ogni momento, fatto salvo un preavviso di 90 giorni, purché siano trascorsi almeno 2 anni dal suo ingresso nella compagine sociale.

La norma prevede un iter articolato per l’esercizio del diritto: il socio deve comunicare la propria decisione al Consiglio di amministrazione, il quale si esprime entro 60 giorni dalla ricezione: in caso di diniego, il socio può avviare un procedimento giurisdizionale.

L’efficacia dell’“exit” è diversamente modulata avendo riguardo, da un lato, al rapporto sociale, dall’altro allo scambio mutualistico: infatti, il rapporto sociale si scioglie al momento della comunicazione di accoglimento della domanda. Ma il socio ha l’obbligo di portare a termine lo scambio mutualistico almeno fino alla chiusura dell’esercizio in corso al momento del recesso. Tale differimento è maggiore (esercizio successivo) qualora il socio abbia comunicato la propria decisione senza un preavviso di almeno 3 mesi.

La decorrenza “lunga” è particolarmente utile in quelle cooperativa, come quelle agricole di conferimento, dove la continuità dello scambio mutualistico è fondamentale per non generare problematiche gestionali e alterazioni degli equilibri economici o dei rapporti di mercato.

Nelle cooperative di consumo tale clausola è spesso attenuata se non azzerata.

Diverso è il caso delle cooperative di lavoro dove la scissione tra il rapporto sociale e quello mutualistico è molto meno marcata. Come recentemente affermato con nota 27 giugno 2024 (con la quale il Ministero delle Imprese e del Made in Italy – Direzione generale servizi di vigilanza – Divisione III – Vigilanza sul sistema cooperativo, ha dato indicazioni ai revisori), «la risoluzione del rapporto associativo, per recesso o esclusione, comporta la necessaria estinzione anche dei rapporti mutualistici pendenti (ossia, per le cooperative in esame, del contratto di lavoro), poiché determina il venir meno del rapporto di collaborazione e fiducia tra le parti (Cfr. art. 5, l. 3 aprile 2001, n. 142)».