15 Ottobre 2025

Il malaugurato ritorno del “valore normale” nella determinazione del benefit auto

di Fabio Landuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

Ci sono circostanze, in ambito fiscale, che talvolta sembrano essere state per sempre accantonate tra i ricordi di un’epoca trascorsa, e invece, per una malaugurata e non coordinata serie di fattori normativi e interpretativi, finiscono col tornare in superficie, con tutti i dubbi e le incertezze di cui si sarebbe fatto volentieri a meno. Una di queste circostanze consiste proprio nell’applicazione del criterio del “valore normale” nella determinazione del fringe benefit imponibile quale reddito di lavoro dipendente nel caso di assegnazione dell’autovettura in uso promiscuo a favore del lavoratore.

Nell’ambito del reddito di lavoro dipendente, con riferimento alla valorizzazione dei benefit in natura, il criterio generale dettato dall’art. 51, comma 3, primo periodo, TUIR, richiama, infatti, le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell’art. 9, TUIR; nel caso dell’assegnazione dell’autovettura per uso promiscuo, aziendale e privato, il criterio del valore viene, tuttavia, disinnescato dal regime “convenzionale” forfetario, normato dal comma 4, lett. a), dell’art. 51. Le ultime modifiche apportate dal comma 48, della Legge di bilancio 2025, al regime fiscale del fringe benefit delle auto assegnate in uso promiscuo, con particolare riferimento alla complicata combinazione di diversi eventi collocati nell’asse temporale – data dell’ordine di acquisto, data immatricolazione, data contratto di assegnazione dell’auto, data di consegna dell’auto al lavoratore – determinano, in circostanze tutt’altro che infrequenti, la sfortunata circostanza della inapplicabilità del regime forfetario e il ritorno al criterio generale del valore normale, con tutte le complicazioni del caso.

E questo risultato appare confermato nelle recenti interpretazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate in materia (si vedano la circolare n. 10/E/2025 e la risposta 192/E/2025).

Il caso più frequente è, infatti, quello delle autovetture che, immatricolate fino al 2024, sono assegnate e consegnate a un lavoratore dopo la data del 1° luglio 2025; assai ricorrente è il caso, ad esempio, delle ri-assegnazioni delle vetture ad altri dipendenti, per via della cessazione del rapporto di lavoro con il primo lavoratore, che ne era stato il precedente assegnatario. L’Agenzia delle Entrate ha, infatti, affermato che in questa circostanza, non potendo trovare applicazione né il nuovo regime emendato dalla Legge di bilancio 2025 e poi dal D.L. n. 19/2025, non può che trovare applicazione il criterio generale del valore normale.

La soluzione, seppure corretta sotto il profilo strettamente tecnico in termini di declinazione della norma sull’asse temporale, non è certo soddisfacente e, soprattutto, contraddice la lunga storia legislativa che ha portato all’introduzione del criterio forfetario di valorizzazione del benefit auto.

Non va, infatti, dimenticato che la decisione di quantificare con un criterio convenzionale il fringe benefit relativo alla concessione del veicolo in uso promiscuo risale al D.Lgs. n. 314/1997 del 2 settembre, il quale fu emanato in attuazione dell’art. 3, commi 19 e 134, Legge n. 662/1996, che delegava il Governo a emanare dei Decreti Legislativi volti a «armonizzare, razionalizzare e semplificare le disposizioni fiscali e previdenziali concernenti i redditi di lavoro dipendente e i relativi adempimenti da parte dei datori di lavoro e a semplificare gli adempimenti dei contribuenti riguardanti la dichiarazione dei redditi». Inoltre, nel parere espresso dalla Commissione Parlamentare Consultiva, in materia di Riforma fiscale, si invitava proprio il Governo ad approvare provvedimenti per la determinazione forfetaria di tale valore proprio «in considerazione della difficoltà di determinare il valore normale di beni e servizi».

E anche l’allora Ministero delle Finanze, nella circolare n. 326/E/1997, aveva avallato questa scelta legislativa perché «in tal modo, il dipendente e il sostituto d’imposta conoscono con certezza, fin dall’inizio dell’anno, quale riferimento assumere per determinare l’ammontare che deve concorrere a tassazione».

Ora, che nel 2025 il valore normale ritorni a poter rappresentare, nella gestione del già complicato mondo del reddito di lavoro dipendente, per il sostituto d’imposta, per il lavoratore e anche per la stessa Amministrazione finanziaria, una metodologia con cui dover fare i conti nel caso concreto, appare davvero una circostanza anacronistica, che necessiterebbe una volta per tutte di un intervento risolutivo.

Questa esigenza di semplificazione, a beneficio di tutti, per la stabilità e la certezza della disciplina in questione, appare ancor più lampante quando la questione deve poi essere risolta nel concreto; ossia, rispondendo all’interrogativo di quale sia il criterio con cui quantificare nei numeri questo fantomatico valore normale. La prassi ne ha coniati diversi nel tempo, ma nessun metodo può dirsi non opinabile o oggettivo in senso assoluto.

Uno dei criteri “suggeriti” consiste nello scorporare dal valore del canone di leasing o di noleggio del veicolo a carico della società, che rappresenta il valore normale lordo, il valore della indennità chilometrica calcolata secondo le Tabelle ACI moltiplicata per i chilometri percorsi per motivi aziendali. A parte la complessità del metodo che impone comunque di adottare una policy di misurazione della percorrenza per motivi aziendali, dal punto di vista aritmetico può accadere che a fronte di un uso aziendale molto intenso del veicolo, la formula dia addirittura un risultato matematico negativo, sicché diviene di fatto inapplicabile.

Si potrebbe allora ricorrere ai vecchi metodi forfetari che usavano quantificare l’uso privato con il criterio dei c.d. 2/7. Si tratta, però, di una forfetizzazione, a giudizio di molti, troppo grezza.

In alternativa, dovrebbe istituirsi una sorta di registro delle percorrenze, dove poter mappare, sul totale dei chilometri percorsi dal dipendente con la vettura, la proporzione di quelli relativi a motivi di lavoro; applicando questa percentuale al valore normale lordo, si ottiene per differenza il valore normale riferito all’uso privato.

Va da sé che ogni metodo, come anticipato, stride in tutta evidenza con quelle esigenze che il Legislatore aveva storicamente individuato che, si rammenta, sono: «semplificare le disposizioni fiscali», rimediare alla oggettiva «difficoltà di determinare il valore normale dei beni» e avere «certezza dell’ammontare che deve concorrere a tassazione».

Non resta che augurarsi che, con un intervento normativo tutt’altro che complicato, sia data una volta per tutte una soluzione tecnica univoca e stabile che sottragga all’applicazione del criterio del valore normale tutti i casi di determinazione del fringe benefit auto.