I rimborsi analitici non concorrono a formare l’imponibile per i forfettari
di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365A distanza di un anno dalla pubblicazione del D.Lgs. n. 192/2024, che ha riformato la disciplina del reddito da lavoro autonomo, iniziano ad arrivare i primi chiarimenti di prassi ufficiale relativi alle numerose novità introdotte con la Riforma. A tal proposito, è certamente rilevante una risposta fornita dalla DRE Lombardia il 9 dicembre 2025 (non pubblicata nel sito della Agenzia delle Entrate) in merito alla tematica dei rimborsi analitici di spese sostenute per l’esecuzione dell’incarico e riaddebitati dal soggetto forfettario al proprio committente. Vediamo con precisione i termini della questione.
A far data dall’1 gennaio 2025 i rimborsi analitici di spese sostenute nell’esecuzione dell’incarico, e riaddebitate dal professionista al proprio committente, non concorrono più a formare il reddito imponibile del professionista stesso, con l’ulteriore condizione (introdotta dall’art. 1, D.L. n. 84/2025) che, laddove la spesa sia sostenuta in Italia, essa debba essere pagata con strumenti tracciabili. Tali incassi, dunque, non concorrendo a formare il reddito imponibile, non possono certamente definirsi quali “compensi” in senso stretto.
Sul punto, va messo in risalto che nonostante la Riforma introdotta dall’art. 5, D.Lgs. n. 192/2024, alla disciplina del reddito da lavoro autonomo, è ancora assente una definizione di “compenso” quale fonte primaria di genesi del reddito professionale, definizione che sarebbe utile sotto vari profili, tra i quali certamente spicca la scenario fiscale del soggetto in regime forfettario ex art. 1, commi 54 ss., Legge n. 190/2014.
Per quest’ultimo soggetto va segnalato che non esiste una qualificazione specifica del reddito imponibile, nel senso che il professionista in regime forfettario risulta comunque un professionista che può definirsi tale se rientra nella generale previsione dell’art. 53, TUIR, cioè un soggetto che esercita abitualmente arte o professione. Poi è chiaro che, ai fini della determinazione del quantum imponibile, il soggetto forfettario adotta una propria normativa, la quale, tuttavia, dipende sempre da un presupposto ineludibile: l’incasso di una somma rientrante della definizione di “compenso”. Non a caso si può affermare con assoluta certezza che altre forme di incasso che potrebbero manifestarsi (ed essere tassate) per il professionista ordinario, non sono invece rilevanti per quello forfettario, come, ad esempio, le plusvalenze o le sopravvenienze attive.
I rimborsi analitici per i soggetti forfettari
Alla luce di tale ricostruzione normativa si è posta la non trascurabile questione inerente alla tassazione o meno, per il professionista forfettario, dei rimborsi analitici di spesa riaddebitati al committente. Da una parte vi era la tesi di coloro che ne sostenevano comunque l’imponibilità, alla luce di una “specificità” della nozione di compenso per il soggetto forfettario rispetto al suo collega in regime ordinario, specificità peraltro mai chiarita, né dimostrata sul piano normativo. Dall’altra la tesi opposta di chi, riconoscendo che la determinazione del reddito del soggetto forfettario discende da un’unica fonte, cioè il compenso, ugualmente definito come il corrispettivo delle prestazione professionale per tutti i lavoratori autonomi (ordinari o forfettari), sosteneva (condivisibilmente) che l’azzeramento al concorso alla formazione del reddito da lavoro autonomo dei rimborsi analitici non poteva che tradursi nell’irrilevanza di tali incassi per il soggetto forfettario. In altre parole, se una somma viene esclusa dal reddito imponibile per un lavoratore autonomo, certamente essa non potrà essere definita un “compenso”, e quindi, se è vero, come è vero, che per il soggetto forfettario esiste un’unica fonte di innesco del reddito imponibile, cioè il compenso, si dovrà convenire che i rimborsi analitici non sono più da inserire nel coacervo delle somme che vanno sottoposte al coefficiente di redditività.
La posizione della prassi ufficiale
Ebbene, questa seconda conclusione (corretta a parere di chi scrive) è fatta propria anche dalla DRE Lombardia, che ha prodotto la risposta sopracitata all’istanza di soggetto professionista in regime forfettario.
Nella risposta in questione, si puntualizzano alcuni aspetti fondamentali:
- l’irrilevanza del rimborso è comunque subordinata alla modalità di pagamento, che deve essere eseguita in forma tracciabile;
- per le spese sostenute entro il 2024, ancorché i rimborsi siano incassati nel 2025, le somme percepite restano imponibili. Infatti, non bisogna dimenticare che la nuova disciplina dei rimborsi analitici si applica dal periodo d’imposta 2025, e ciò in deroga alla generale decorrenza delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 192/2024, che invece fa risalire all’1 gennaio 2024 la nuova disciplina degli 54 ss., TUIR.
- i rimborsi analitici di spesa sostenute nel 2025 (con incasso del relativo rimborso sempre nel 2025) non concorrono a formare il tetto dei componenti positivi del soggetto forfettario, cioè 85.000 euro annuo (ovvero 100.000 euro con la conseguente fuoriuscita immediata dal regime agevolato).
Le spese che non necessitano di pagamento tracciabile
Chiarito questo aspetto, l’unico tema che resta da sviscerare è quello rappresentato dall’incasso di rimborsi analitici di spese sostenute per l’esecuzione dell’incarico che non rientrano nella classificazione di “viaggio, trasporto, vitto e alloggio” e che conseguentemente non sono soggetti alla necessità del pagamento tracciabile. Pensiamo al rimborso della spesa di parcheggio che, secondo la risposta a consulenza giuridica n. 5/E/2019, non rientra tra le spese di viaggio. In via incidentale, si segnala che la mancata inclusione di tale spesa tra quelle di viaggio è a tesi è veramente poco convincente (sul tema, si veda il nostro contributo “La nuova disciplina dei riaddebiti tra dubbi e criticità” in EC News del 3 ottobre 2025), come, peraltro, ha sottolineato anche la recente circolare Assonime n. 26/2025, che ne auspica un inserimento tra le spese di viaggio.
Ebbene, le spese di parcheggio sono certamente spese escluse dalla formazione del reddito (in quanto spese sostenute per l’esecuzione dell’incarico), che, tuttavia, non devono essere pagate con strumento tracciabile (almeno fino a quando non sarà modificata la datata risposta dell’Agenzia delle Entrate), il che porterebbe a un’esclusione dal reddito del forfettario, esclusione non condizionata alla modalità di pagamento.
Diversa, infine, è la situazione per i rimborsi di spese di viaggio con utilizzo di auto propria e, quindi, richiesti sotto forma di indennità chilometriche: per tali spese vi è stata la pronuncia dell’interpello n. 270/E/2025 che le ha escluse dal novero delle rimborsi analitici di spesa, e quindi esse restano imponibili per il professionista ordinario e a maggior ragione imponibili anche per il soggetto forfettario.


