17 Ottobre 2025

I chiarimenti dell’AdE sul nuovo regime di tassazione dei redditi dei terreni

di Alberto TealdiAlessia Staino
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Trainato da processi di innovazione tecnologica e crescente attenzione alla sostenibilità ambientale, il settore agricolo ha attraversato negli ultimi anni una fase di profonda evoluzione, che ha comportato necessariamente anche un aggiornamento di carattere normativo. Dal punto di vista fiscale, in risposta a tali cambiamenti, il Legislatore è intervento con il D.Lgs. n. 192/2024 — in attuazione della Legge delega n. 111/2023 — che ha apportato significative modifiche all’art. 32, TUIR segnando un passaggio decisivo nell’adeguamento della disciplina fiscale alle nuove esigenze del comparto agricolo.

Il nuovo impianto normativo ha però fatto emergere dubbi applicativi e interpretativi, ai quali l’Agenzia delle Entrate ha fornito un primo riscontro con la circolare n. 12/E/2025.

La nuova lett. b-bis) dell’art. 32, TUIR. Produzione di vegetali con evoluti sistemi di coltivazione in immobili censiti al Catasto fabbricati

Tra le novità più rilevanti della Riforma vi è l’introduzione di una “nuova categoria di attività produttiva di reddito agrario” prevista dalla lett. b-bis), dell’art. 32, comma 2, TUIR, ovvero: «le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di immobili oggetto di censimento al catasto dei fabbricati, rientranti nelle categorie catastali C/1, C/2, C/3, C/6, C/7, D/1, D/7, D/8, D/9 e D/10, entro il limite di superficie adibita alla produzione non eccedente il doppio della superficie agraria di riferimento definita con il decreto di cui al comma 3-bis».

Tale disposizione, così come formulata e letta in combinato disposto con le altre disposizioni dell’art. 32, TUIR, nonché con i nuovi commi inseriti agli artt. 28 e 36, TUIR, ha suscitato alcuni dubbi interpretativi e applicativi che l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto opportuno dirimere al fine di garantire un’interpretazione della norma conforme alle finalità del Legislatore ed evitare distorsioni applicative.

Un primo chiarimento – peraltro già annunciato dal Governo con l’approvazione dell’ordine del giorno AC 2460 – riguarda l’ambito di applicazione della lett. b-bis). Nonostante fosse chiaro l’intento del Legislatore delegato, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto comunque opportuno specificare che la lett. b-bis) si applica esclusivamente al ricorrere congiuntamente di 2 condizioni, ovvero:

  1. l’esercizio di attività dirette alla produzione di vegetali realizzate mediante «i più evoluti sistemi di coltivazione» (e non anche mediante i sistemi di coltivazione “tradizionali”);
  2. le attività di cui sopra devono essere poste in essere «tramite l’utilizzo di immobili oggetto di censimento al catasto fabbricati» rientranti nelle categorie catastali elencate nella predetta norma.

La corretta individuazione dell’obiettivo del Legislatore si ricava dalla stessa Relazione illustrativa del decreto ove si legge che le modifiche introdotte nel campo della tassazione dei redditi agrari, per le attività agricole di coltivazione di cui all’art. 2135, comma 1, c.c., hanno a oggetto l’introduzione di nuove classi e qualità di coltura «al fine di tenere conto dei più evoluti sistemi di coltivazione» quali, ad esempio, le c.d. vertical farm e le colture idroponiche. Ciò si realizza in strutture protette, quali, oltre alle serre, i fabbricati a destinazione agricola, industriale, commerciale e artigianale, anche dismessi e, più in generale, gli immobili riconvertiti alle produzioni agricole in esame.

L’intento del Legislatore è stato, sin dall’inizio, quello di tenere separate e distinte le attività di produzioni di vegetali “tradizionali” disciplinate dalla lett. b), che mantengono la loro autonomia impositiva sia per quanto riguarda il quantum (i.e. reddito agrario di riferimento), sia per la determinazione della base imponibile (i.e. superficie adibita alla produzione) da quelle “più innovative” introdotte con la revisione dell’art. 32, TUIR, che richiama le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di immobili oggetto di censimento al Catasto dei fabbricati, rientranti nelle categorie catastali C/1, C/2, C/3, C/6, C/7, D/1, D/7, D/8, D/9 e D/10, entro il limite di superficie adibita alla produzione non eccedente il doppio della superficie agraria di riferimento.

Sul presupposto della sussistenza contemporanea delle 2 condizioni sopra richiamate, viene altresì esaminata la situazione di coloro che, nei periodi d’imposta precedenti all’entrata in vigore del decreto, hanno svolto un’attività di produzione di vegetali, mediante l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie ma accatastate. In tali casi, la circolare ha chiarito che, in assenza di modifiche nell’attività esercitata, anche dopo l’entrata in vigore del decreto, al reddito agrario conseguito continua ad applicarsi la medesima disciplina fiscale prevista dall’art. 32, comma 2, lett. b), TUIR.

L’Agenzia delle Entrate si è, inoltre, posta il problema di inquadrare i redditi derivanti dalle attività di coltivazione di vegetali realizzate mediante sistemi evoluti di coltivazione non utilizzando gli immobili citati dalla disposizione, come, ad esempio, una coltura idroponica realizzata in una serra “leggera” (non accatastabile). Viene confermato che tali attività sono da ricondurre nella lett. b) dell’art. 32, TUIR in considerazione del fatto che mancherebbe uno dei 2 requisiti necessari per attrarre le stesse nella disciplina di cui alla lett. b-bis).

 

La determinazione della parte di attività diretta alla produzione di vegetali produttiva di reddito agrario

Come previsto dalla norma, le attività di cui alla lett. b-bis), a regime, sono produttive di reddito agrario «entro il limite di superficie adibita alla produzione non eccedente il doppio della superficie agraria di riferimento definita con il decreto di cui al comma 3-bis».

Il Legislatore, già consapevole dei tempi necessari per l’adozione del decreto di cui all’art. 32, comma 3-bis, TUIR che dovrà definire, tra le altre, le modalità di calcolo della c.d. superficie agraria di riferimento, ha previsto una disciplina transitoria specifica introducendo il comma 4-bis dell’art. 34, TUIR, il quale stabilisce che: «fino all’emanazione del decreto, la determinazione del reddito agrario delle nuove colture si determina mediante l’applicazione alla superficie della particella catastale su cui insiste l’immobile, della tariffa d’estimo più alta in vigore nella Provincia in cui è censita la particella, incrementata del 400 per cento».

La lettura congiunta delle 2 norme – art. 32, lett. b-bis) e art. 34, comma 4-bis – avrebbe potuto far emergere qualche dubbio in merito alla «parte di attività diretta alla produzione di vegetali produttiva di reddito agrario»; ciò in quanto la lett. b-bis) fissa tale limite – a regime – entro «il doppio della superficie agraria di riferimento», mentre, la disciplina transitoria, nella «superficie della particella catastale su cui insiste l’immobile».

Al fine di dirimere ogni dubbio di natura interpretativa più che applicativa, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che nel periodo transitorio (dunque fino all’emanazione del decreto di cui all’art. 32, comma 3-bis, TUIR), la «superficie agraria di riferimento», essenziale per determinare il limite oltre il quale le attività agricole in argomento producono reddito d’impresa (determinato forfetariamente ai sensi dell’art. 56-bis, comma 1, TUIR, salvo opzione per la determinazione analitica), è individuata nella «superficie della particella catastale su cui insiste l’immobile».

Dunque, le attività agricole di cui alla lett. b-bis) saranno produttive di reddito d’impresa nell’ipotesi in cui la superficie adibita alla produzione ecceda il doppio dell’intera superficie della particella catastale su cui insiste l’immobile.

Va da sé, che il reddito agrario così come determinato, deve, poi, essere assoggettato alle rivalutazioni ordinariamente previste dalla legge (rivalutazione del 70% e del 30%).

 

Il reddito dominicale

L’Agenzia delle Entrate offre chiarimenti anche sulla determinazione del reddito dominicale delle attività di cui alla lett. b-bis), come previsto dai nuovi commi 4-ter e 4-quater, dell’art. 28, TUIR, che prevede:

— a regime, la sua determinazione ai sensi del decreto di cui all’art. 32, comma 3-bis, TUIR;

— in via transitoria, la determinazione ai sensi del comma 4-ter, dell’art. 28, TUIR, ovvero mediante l’applicazione alla superficie della particella catastale su cui insiste l’immobile della tariffa d’estimo più alta in vigore nella Provincia in cui è censita la particella incrementata del 400%.

La disposizione prevede, altresì, che l’ammontare del reddito dominicale non può essere inferiore alla rendita catastale attribuita all’immobile destinato alle attività dirette alla produzione di vegetali di cui all’art. 32, comma 2, lett. b-bis), TUIR.

Sul punto l’Agenzia delle Entrate precisa che il raffronto va fatto operando dapprima le rivalutazioni ordinariamente previste dalla legge; quindi, il reddito dominicale va rivalutato dell’80% e del 30%e la rendita catastale dell’immobile del 5%. Conseguentemente laddove l’ammontare del reddito dominicale rivalutato risulti inferiore all’ammontare della rendita catastale dell’immobile oggetto di censimento al Catasto dei fabbricati rivalutata, il reddito dominicale imponibile è pari a quest’ultimo.

Non applicabilità delle agevolazioni per coltivatori diretti e IAP iscritti alla previdenza agricola e giovani imprenditori agricoli

L’Amministrazione finanziaria, in merito alle rivalutazioni, chiarisce ulteriormente che non si applicano le specifiche disposizioni agevolative previste:

— dall’art. 1, comma 512, Legge n. 228/2012, ove è disposta la mancata applicazione dell’ulteriore rivalutazione del 30% per il reddito dominicale e agrario, a favore di coltivatori diretti e IAP iscritti alla previdenza agricola;

— dall’art. 14, comma 3, Legge n. 441/1998, che esclude la rivalutazione dell’80% per i redditi dominicali e del 70% per i redditi agrari, con riferimento di terreni concessi in affitto a giovani imprenditori agricoli.

La motivazione, secondo quanto riportato nella circolare, è da rinvenire nel fatto che tali disposizioni agevolative facendo riferimento “ai terreni” e, nello specifico, il comma 512 riguarda, tra gli altri, i terreni “non coltivati” non sarebbero applicabili, neppure in via estensiva, agli “immobili” di cui alla lett. b-bis).

L’Agenzia delle Entrate si ancora, dunque, a un’interpretazione letterale della lett. b-bis) che, come detto, prevede che tali attività vengano svolte all’interno di “immobili” senza sfruttamento del “terreno” strictu sensu.

 

Compilazione delle dichiarazioni dei redditi

La circolare rende anche alcuni chiarimenti più operativi in merito alla compilazione delle dichiarazioni dei redditi relativa al periodo di imposta 2024.

In particolare, se, con riferimento all’anno 2024, la rendita castale rivalutata è superiore al reddito dominicale imponibile (RD x 1,80% x 1,30% < RC x 1,05%), il contribuente deve indicare nella dichiarazione dei redditi, quale reddito dominicale imponibile, la rendita catastale rivalutata.

Assumendo che il contribuente adotti il Modello 730/2025, questo deve riportare nella colonna 1 del quadro A del Modello 730/2025 la rendita catastale dell’immobile utilizzato per le colture “fuori suolo”, aumentata del 5% e divisa per il coefficiente 2,34 (che permette di neutralizzare le rivalutazioni dell’80% e del 30% che sono calcolate in via automatizzata dal software di compilazione), applicando dunque la formula RC x 1,05% / 2,34.

Se, invece, risulta maggiore il reddito dominicale rivalutato, va indicato nella colonna 1 del quadro A del Modello 730/2025 il reddito dominicale non rivalutato (secondo le regole ordinarie), in quanto le rivalutazioni dell’80% e del 30% vengono operate in via automatizzata dal software di compilazione.

Le stesse considerazioni valgono anche per la compilazione del Modello Redditi PF 2025, SP 2025 ed ENC 2025.

Attività agricole che concorrono alla tutela dell’ambiente e ai cambiamenti climatici (lett. b-ter), art. 32, comma 2, TUIR)

Con l’inserimento della lett. b-ter) dell’art. 32, comma 2, TUIR, è prevista una seconda nuova categoria di attività agricola produttiva di reddito agrario, costituita dalle: «attività dirette alla produzione di beni, anche immateriali, realizzate mediante la coltivazione, l’allevamento e la silvicoltura che concorrono alla tutela dell’ambiente e alla lotta ai cambiamenti climatici, nei limiti dei corrispettivi delle cessioni di beni, registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, derivanti dall’esercizio delle attività di cui all’art. 2135 del Codice civile».

La formulazione usata dal Legislatore e correttamente esplicitata nella Relazione illustrativa non lascia dubbi sul fatto che queste attività sono di derivazione e dunque conseguenti all’esercizio delle attività agricole di coltivazione del fondo, allevamento di animali e silvicoltura, o meglio rappresentano il risultato di azioni messe in atto nell’ambito delle predette attività essenziali, di cui all’art. 2135, comma 1, c.c., attraverso cui si realizzano benefici che concorrono alla tutela dell’ambiente e alla lotta ai cambiamenti climatici.

Ciò premesso, i redditi conseguiti dalla cessione di tali beni sono tassati su base catastale, in quanto riconducibili ai redditi agrari, fino a concorrenza dell’ammontare dei corrispettivi delle cessioni di beni, registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’IVA, derivanti dall’esercizio delle attività di cui all’art. 2135, c.c.

Ai fini del calcolo del c.d. limite di agrarietà entro il quale i redditi in questione sono considerati assorbiti dal reddito agrario, l’Agenzia delle Entrate precisa che rilevano esclusivamente i corrispettivi delle cessioni di beni derivanti dall’esercizio delle attività rientranti nei limiti di cui all’art. 32, TUIR, mentre non vanno considerati i corrispettivi da cessioni di beni non rientranti nei limiti di agrarietà, seppur frutto di attività agricole di cui all’art. 2135, c.c. Analogamente non vanno considerati, per espressa previsione normativa, i corrispettivi delle prestazioni di servizi, di cui al comma 3 del medesimo art. 2135, c.c., derivanti da attività connesse né quelli relativi alle cessioni dei beni di cui alla lett. b-ter).

Viene inoltre chiarito che, se i beni sono ceduti nell’anno successivo a quello di produzione, per ragioni di semplificazione il limite di agrarietà deve essere calcolato nell’anno di cessione dei predetti beni e non nell’anno di “produzione” degli stessi; di fatto si fa riferimento al momento di effettuazione delle operazioni di cui all’art. 6, D.P.R. n. 633/1972.

Infine, la circolare cita, a titolo di esempio, la cessione di crediti di carbonio che rientrano certamente nella nuova disciplina della lett. b-ter); tali beni immateriali che si generano “a monte” dell’attività agricola non sono però esclusivi nel senso che possono esserci altre attività che concorrono alla tutela dell’ambiente e alla lotta ai cambiamenti climatici, anche “a valle” del processo produttivo agricolo, che se generano corrispettivi possono rientrare in questa “estensione” dell’art. 32, TUIR; è chiaro, a parere di chi scrive, che detti benefici di natura ambientale e/o climatici debbano però poter essere oggetto di certificazione per accedere ai benefici di cui sopra.

 

Attività agrituristica

Altra novità riguarda la modifica del comma 4, dell’art. 56-bis, TUIR, che estende la possibilità di applicare il regime forfetario di determinazione del reddito anche alle società di persone, alle S.r.l. e alle società cooperative che rivestono la qualifica di società agricole ai sensi dell’art. 2, D.Lgs. n. 99/2004 che abbiano optato per la tassazione su base catastale.

Questo significa che, con riferimento alle attività agricole “connesse” di cui all’art. 2135, comma 3, c.c., anche le società agricole (di persone, a responsabilità limitata e cooperative) che hanno optato per il regime catastale, di cui all’art. 1, comma 1093, Legge n. 296/2006 possono determinare il reddito — d’impresa — con criteri forfetari, applicando un coefficiente di redditività ai corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione ai fini IVA.

Sebbene il richiamo della norma novellata alle società agricole di cui al comma 1093, Legge n. 296/2006, inserita nel dispositivo dell’art. 56-bis, TUIR, assicura la possibilità di applicare il regime forfetario su tutte le attività agricole connesse di cui all’art. 2135, comma 3, c.c., l’Agenzia delle Entrate coglie l’occasione per precisare nella circolare che tali modifiche non si applicano alle società che hanno optato per il regime catastale qualora producano reddito derivante da attività agrituristica.

La ragione di tale esclusione risiede nel carattere speciale della normativa fiscale che disciplina le attività agrituristiche, prevista dall’art. 5, Legge n. 413/1991, la quale prevale sulla disciplina generale contenuta nell’art. 56-bis, TUIR.

Vero è che per questa specifica attività il Legislatore tributario ha previsto una norma speciale ma va, tuttavia, considerato che sul piano temporale questa disciplina è precedente, e anche di molto, rispetto alla riforma civilista e fiscale seguita alla Legge delega sulla modernizzazione del settore agricolo, datata 2001.

Subiscono questa esclusione essenzialmente le S.r.l. e le società cooperative agricole, già penalizzate dal regime di cui all’art. 5, Legge n. 413/1991, che le priva della possibilità di applicare ai fini delle imposte sul reddito lo specifico sistema forfetario, a cui è preclusa anche la possibilità di avvalersi del regime di cui all’art. 56-bis, comma 3, TUIR, pur avendo optato per il regime catastale.

Una estensione dell’applicazione del regime forfetario di cui all’art. 56-bis, TUIR a beneficio delle società agricole (S.r.l. e cooperative) esercenti attività agrituristica avrebbe sicuramente rappresentato un naturale completamento del processo di armonizzazione tra disciplina civilistica recata dall’art. 2135, c.c., e norme fiscali.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Rivista per la consulenza in agricoltura”.