9 Luglio 2025

Dichiarazioni e garanzie nei contratti di compravendita di studi professionali: peculiarità e criticità rispetto alle operazioni M&A tradizionali

di Amedeo Volpi di MpO & Partners
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Nell’ultimo periodo, il settore degli studi professionali – con particolare riferimento agli studi di dottori commercialisti – è divenuto oggetto di un crescente interesse da parte di investitori istituzionali. Anche in Italia si osserva un’evoluzione significativa: alcuni fondi di private equity stanno progressivamente avviando operazioni di acquisizione in questo ambito, riconoscendo nello specifico valore del patrimonio relazionale e nella ricorrenza dei flussi economici generati dagli studi una concreta opportunità di sviluppo, crescita e redditività. Questo fenomeno rappresenta una novità rilevante nel panorama degli investimenti, tanto da imporre un cambio di prospettiva per tutti gli attori coinvolti. Operare in questo ambito non può infatti prescindere da competenze specifiche, non solo in materia di M&A, ma anche, e soprattutto, nella gestione delle operazioni straordinarie che coinvolgono attività a contenuto altamente professionale, dove l’elemento personale è spesso preminente rispetto alla dimensione puramente organizzativa.

A differenza delle operazioni di M&A tradizionali – che si realizzano per lo più mediante il trasferimento di partecipazioni societarie o di aziende – le operazioni che coinvolgono studi professionali presentano caratteristiche peculiari, riconducibili alla natura stessa dell’attività svolta. Anche quando strutturati in forma societaria, gli studi professionali non aderiscono completamente alle logiche tipiche dell’impresa, essendo fortemente caratterizzati dall’apporto personale del professionista e dalla relazione fiduciaria con la clientela. Di conseguenza, le modalità di cessione possono discostarsi sensibilmente da quelle del contesto societario classico: accanto al trasferimento di quote o del ramo d’azienda, è frequente il ricorso a forme di cessione “atipiche”, come la cessione della sola clientela. Questa particolarità richiede un approccio contrattuale attento e flessibile, in grado di adattarsi alle peculiarità dell’oggetto trasferito.

In tale contesto, riveste un ruolo centrale la struttura delle dichiarazioni e garanzie, contenute nel contratto di compravendita, che devono essere calibrate in funzione della specificità dell’operazione e costruite su misura per rispecchiare fedelmente la natura intangibile e relazionale del valore trasferito. Le singole dichiarazioni devono quindi prevedere meccanismi che superano l’impostazione standard delle operazioni aziendali, privilegiando previsioni mirate e sostanziali.

Un altro aspetto di differenziazione rispetto alle M&A tradizionali – rilevante ai fini della stesura delle dichiarazioni e garanzie – è rappresentato dalla gestione della due diligence. Quando l’operazione avviene – sia lato acquirente che lato cedente – tra professionisti, è piuttosto frequente che non venga svolta un’attività istruttoria strutturata e che le informazioni vengano acquisite tramite colloqui informali, relazioni personali e scambio non sistematico di dati. Tale prassi è spesso riconducibile alla dimensione contenuta dell’operazione: in tali ipotesi, infatti, l’onere e i costi di una due diligence sono ritenuti sproporzionati rispetto al valore dell’operazione. Proprio per ovviare all’assenza di un’attività istruttoria approfondita, è frequente l’inserimento di adeguate dichiarazioni e garanzie, nonché di una clausola di verifica post-closing del fatturato, o dei volumi generati dalla clientela ceduta, che consente all’acquirente di tutelarsi rispetto a eventuali scostamenti significativi rispetto alle dichiarazioni rese dal cedente. Tuttavia, la situazione cambia radicalmente nel caso in cui l’acquirente sia un fondo di investimento o un operatore istituzionale. In tali circostanze, la due diligence è sempre condotta in maniera rigorosa e strutturata, con particolare attenzione a …

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