15 Maggio 2017

Crowdfunding anche per le PMI

di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365
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L’articolo 57 del D.L. 50/2017 (c.d. “Manovra correttiva”) ha modificato l’articolo 26, commi 2, 5 e 6, del D.L. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla L. 221/2012, estendendo alle PMI la possibilità di ricorrere all’equity based crowdfunding, prima riservata alle start-up innovative e alle PMI innovative.

La disposizione in commento, infatti, nel sostituire le parole “start-up innovative con “PMI, ha delineato un nuovo quadro normativo, in forza del quale le quote di partecipazione in PMI costituite in forma di società a responsabilità limitata possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche attraverso i portali per la raccolta di capitali, nei limiti previsti dalle leggi speciali.

La nuova previsione estende quindi alle PMI la deroga al divieto di cui all’articolo 2468, comma 1, cod. civ., in forza del quale “le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentante da azioni né costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari”.

La novità assume estrema rilevanza, soprattutto ove si consideri che la disposizione appena richiamata introduce una delle caratteristiche essenziali delle S.r.l., in quanto delinea un modello di società lontano della S.p.a., non aperto al mercato dei capitali, nel quale la figura del socio rileva nella sua individualità e non quale mero portatore di denaro.

D’altra parte anche le previgenti disposizioni, le quali consentivano alle sole start-up innovative di ricorrere al crowdfunding, avevano sollevato molte perplessità in dottrina, che erano state però superate in considerazione della circostanza che si trattava comunque di una disciplina derogatoria limitata esclusivamente a determinate tipologie di imprese, tra l’altro per un circoscritto lasso di tempo.

E infatti, decorsi 4 anni dalla data di costituzione cessa l’applicazione della specifica disciplina prevista per le start-up innovative, e la società, cancellata dall’apposita sezione speciale del Registro delle imprese, torna a essere una società ordinaria.

Era stato pertanto ritenuto che solo per un breve lasso di tempo, e ai soli fini agevolativi, la start-up innovativa, pur restando una S.r.l., potesse avvicinarsi alla disciplina delle S.p.a., diventando una “piccola-S.p.a.”, e annullando, in tal modo, gli effetti della riforma societaria del 2003, la quale aveva valorizzato gli elementi personalistici, distinguendo nettamente la S.r.l. dalla S.p.a.

La recente modifica normativa, estendendo alle PMI le previsioni prima riservate alle start-up innovative, costituisce, di fatto, un salto nel passato, annullando, in parte, gli effetti della riforma societaria del 2003.

Paradossalmente, però, solo le società di piccole dimensioni si avvicinano ora al modello capitalistico “puro” delle S.p.a., mentre le realtà di più grandi dimensioni conservano una disciplina che, valorizzando l’intuitu personae, le accomuna alle società personali.

Più precisamente, sono interessate dalle novità introdotte le S.r.l. che possono essere qualificate “PMI” ai sensi del Decreto del Ministro delle Attività Produttive del 18 aprile 2005, ovvero le “imprese che:

  • hanno meno di 250 occupati, e
  • hanno un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro”.

Va inoltre ricordato come, sempre il citato Decreto prevede che:

  • l’importo cui far riferimento per verificare il rispetto dei limiti di fatturato è quello corrispondente alla voce A.1 del conto economico redatto secondo le vigenti norme del codice civile;
  • per “totale di bilancio” si intende il totale dell’attivo patrimoniale;
  • per “occupati” si intendono i dipendenti dell’impresa a tempo determinato o indeterminato, iscritti nel libro matricola dell’impresa e legati all’impresa da forme contrattuali che prevedono il vincolo di dipendenza, fatta eccezione di quelli posti in cassa integrazione straordinaria.

Le PMI-S.r.l. che rispettano i sopra richiamati limiti dimensionali potranno quindi far riferimento alla normativa nazionale specifica relativa all’equity crowdfunding.

Il Legislatore è infatti già intervenuto sulla disciplina in tema di raccolta di capitali di rischio tramite portali on-line:

  • sia con gli articoli 50-quinquies e 100-ter del T.U.F.;
  • sia con un apposito Regolamento Consob (adottato con delibera n. 18592 del 26 giugno 2013, aggiornato con la delibera n. 19520 del 24 febbraio 2016).

È infine da precisare che, sempre l’articolo 57 del D.L. 50/2017 (c.d. “Manovra correttiva”) ha previsto, anche per le PMI costituite in forma di S.r.l., che il divieto di operazioni sulle proprie partecipazioni stabilito dell’articolo 2474 cod. civ. non trovi applicazione qualora l’operazione sia compiuta in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l’assegnazione di quote di partecipazione a dipendenti, collaboratori o componenti dell’organo amministrativo, prestatori di opera e servizi anche professionali.

Il primo comma del richiamato articolo, nell’estendere la disciplina delle start up innovative alle PMI ha poi introdotto la possibilità, per le S.r.l.-PMI di creare categorie di quote fornite di diritti diversi e, nei limiti imposti dalla legge, di determinare liberamente il contenuto delle varie categorie anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 2468, commi 2 e 3, cod. civ..

Sarà quindi possibile anche per le PMI-S.r.l. emettere, ad esempio, quote prive del diritto di voto, da offrire a tutti gli investitori che, proprio in virtù dell’operazione di crowdfunding diventano titolari di una partecipazione minima al capitale sociale.

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