10 Marzo 2017

Criteri di valutazione dei crediti: sconti per le piccole nell’OIC 15

di Enrico Ferra
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Tra le novità più commentate in vista della redazione dei nuovi bilanci, se non altro per la ricorrenza di tali poste in bilancio, vi è la modifica dei criteri di valutazione dei crediti.

Si ricorda che le nuove disposizioni di cui al n. 8), comma 1, dell’articolo 2426 cod. civ. impongono di rilevare i crediti e i debiti in bilancio in base al criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del valore di presumibile realizzo.

In merito alla definizione di costo ammortizzato viene in soccorso il nuovo principio contabile OIC 15, che al paragrafo 16 fornisce la seguente definizione: “Il costo ammortizzato di un’attività o passività finanziaria è il valore a cui l’attività o la passività finanziaria è stata valutata al momento della rilevazione iniziale al netto dei rimborsi di capitale, aumentato o diminuito dall’ammortamento cumulato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo su qualsiasi differenza tra il valore iniziale e quello a scadenza e dedotta qualsiasi riduzione (operata direttamente o attraverso l’uso di un accantonamento) a seguito di una riduzione di valore o di irrecuperabilità”.

Tale criterio, improntato ad un approccio di tipo “sostanziale”, impone pertanto di valutare i crediti:

  • in modo da distribuire le variazioni generate dagli stessi lungo la vita utile stimata;
  • in funzione di un tasso d’interesse effettivo;
  • al netto di qualsiasi riduzione che abbia inciso sul valore degli strumenti stessi, quali i costi di transazione (es. onorari e commissioni pagati a soggetti terzi, contributi pagati a organismi di regolamentazione, tasse e oneri sui trasferimenti), i premi, gli sconti e gli abbuoni.

In termini operativi, ciò comporta che in sede di prima rilevazione il valore di iscrizione sia rappresentato dal valore nominale del credito, al netto di tutti i premi, gli sconti, gli abbuoni, con l’inclusione degli eventuali costi direttamente attribuibili alla transazione che ha generato il credito. In tale momento, occorrerà tenere conto, pertanto, dei costi di transazione, delle eventuali commissioni attive e passive e di ogni differenza tra valore iniziale e valore nominale, in modo da distribuire tali componenti nel tempo in base al tasso d’interesse effettivo; dove il tasso di interesse effettivo è il tasso interno di rendimento, costante lungo la durata del credito, “che rende uguale il valore attuale dei flussi finanziari futuri derivanti dal credito e il suo valore di rilevazione iniziale”.

Una volta quantificati i costi di transazione e gli altri costi che incidono sul valore dei crediti, al termine di ogni esercizio amministrativo occorrerà determinare il valore dei crediti in base al valore attuale dei flussi finanziari scontati al tasso di interesse effettivo precedentemente determinato.

Il ragionamento poi si complica nel tenere conto del fattore temporale. I paragrafi 41-45 dell’OIC 15 impongono infatti di confrontare, in sede di rilevazione iniziale, il tasso di interesse desumibile dalle condizioni contrattuali con il tasso di interesse di mercato, ossia il tasso di interesse che sarebbe stato applicato se due parti indipendenti avessero negoziato un’operazione similare di finanziamento con termini e condizioni comparabili a quella oggetto di esame. Ciò in quanto, qualora il tasso di interesse desumibile dalle condizioni contrattuali fosse significativamente diverso dal tasso di interesse di mercato, il tasso di interesse di mercato sarebbe quello da utilizzare per attualizzare i flussi finanziari futuri derivanti dal credito.

Un’ulteriore complicazione è rappresentata poi dalla presenza di tassi di interesse variabili e parametrati ai tassi di mercato, in presenza dei quali occorrerà rideterminare periodicamente i flussi finanziari futuri allo scopo di riflettere le variazioni dei tassi di interesse di mercato.

Le nuove disposizioni incontrano, tuttavia, due importanti eccezioni.

La prima prevede che il criterio del costo ammortizzato possa non essere applicato ai crediti se gli effetti sono irrilevanti, come nel caso di crediti a breve termine o quando i costi di transazione, le commissioni pagate tra le parti e ogni altra differenza tra valore iniziale e valore a scadenza sono di scarso rilievo.

La seconda eccezione riguarda, invece, le società che redigono il bilancio in forma abbreviata e le micro-imprese, ossia le società di piccole dimensioni per le quali sarebbe stato eccessivamente gravoso il calcolo in funzione dei nuovi criteri. I paragrafi 55-58 prevedono infatti che nel bilancio in forma abbreviata redatto ai sensi dell’articolo 2435-bis cod. civ. e nel bilancio delle micro-imprese redatto ai sensi dell’articolo 2435-ter cod. civ., i crediti possano essere valutati al valore di presumibile realizzo senza applicare il criterio di valutazione del costo ammortizzato e l’attualizzazione.

Qualora la società si avvalga di questa facoltà, in deroga a quanto disposto nell’articolo 2426 cod. civ., la valutazione successiva del credito può essere effettuata al valore nominale, con l’inclusione degli interessi calcolati al tasso di interesse nominale e dedotti gli incassi ricevuti per capitale e interessi e al netto delle svalutazioni stimate e delle perdite su crediti contabilizzate per adeguare il credito al valore di presumibile realizzo.

Inoltre, i costi di transazione iniziali, da rilevare tra i risconti attivi, sono ammortizzati a quote costanti lungo la durata del credito a rettifica degli interessi attivi nominali.

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