3 Dicembre 2025

Contribuente esonerato dalle sanzioni, se l’omesso versamento è causato dal consulente fiscale infedele?

di Marco Bargagli
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La scheda di FISCOPRATICO

Analizzando approfonditamente il ruolo del consulente fiscale che partecipa a una frode fiscale, finalizzata a evadere le imposte, il Legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico specifiche responsabilità penali e, simmetricamente, precise cause aggravanti contemplate nelle seguenti disposizioni:

  • art. 110, c.p., a mente del quale «quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questa stabilita»;
  • art. 13-bis, D.Lgs. n. 74/2000, che prevede una specifica circostanza aggravante del reato, tenuto conto che le pene stabilite per alcuni delitti, di cui al Titolo II dello stesso Decreto (ad esempio, quelli previsti in materia di dichiarazione dei redditi e IVA e in materia di documenti e pagamento di imposte), sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale.

Ciò posto, per individuare la responsabilità penale del professionista, occorre che lo stesso tenga un “comportamento attivo” che determini un contributo fondamentale per la realizzazione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti e che, per effetto della sua condotta, abbia aumentato la possibilità della commissione del reato (cfr. ex multis, Corte di Cassazione, sent. n. 4383/2013).

Sullo specifico punto, ulteriori principi di diritto sono contemplati nella recente sent. n. 1028/2025.

I giudici di piazza Cavour, in particolare, hanno chiarito che il consulente fiscale risponde a titolo di concorso nel delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifizi commesso dal proprio cliente nel caso in cui la frazione di condotta da lui realizzata, che può consistere nel fornire consigli sui mezzi giuridici idonei a perseguire il risultato o nel compiere attività dirette a garantire l’impunità o a favorire o rafforzare l’altrui proposito criminoso, sia stata posta in essere nella piena consapevolezza di contribuire materialmente al complessivo perfezionamento del reato e al perseguimento del fine specifico di evasione.

Analizziamo, adesso, le eventuali responsabilità del contribuente, nella particolare ipotesi in cui l’omesso versamento delle imposte dovute dal soggetto passivo derivi dal comportamento omissivo tenuto dal consulente fiscale.

A livello giurisprudenziale, la Corte di Cassazione, nella sent. n. 46500/2015, ha confermato che l’affidamento a un professionista dell’incarico di predisporre e preparare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il reato di omessa dichiarazione.

I supremi giudici hanno chiarito che, in relazione all’elemento soggettivo del reato, l’affidamento a un professionista dell’incarico di predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il delitto di omessa dichiarazione, ai sensi dell’art. 5, D.Lgs. n. 74/2000.

Infatti, «l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi è un reato omissivo proprio, che la norma tributaria considera come personale ed il relativo dovere non risulta delegabile (cfr. Cassazione Penale, sez. 3, sentenza n. 9163 del 29/10/2009)».

Ulteriori principi di diritto sono contenuti nella sent. n. 1829/21/2016, emessa dalla CTR di Roma e depositata il 7 aprile 2016, ove il giudice tributario ha chiarito che il contribuente non è responsabile dell’omesso pagamento dei tributi, qualora l’omissione sia imputabile all’inerzia, all’imperizia, alla negligenza del professionista incaricato di assolvere agli adempimenti fiscali a lui demandati dal cliente.

In sintesi, a parere dei giudici di merito, non può essere imputata al contribuente la c.d. culpa in vigilando per non avere verificato, con la dovuta solerzia e sollecitudine, se il professionista incaricato avesse effettivamente ottemperato ai suoi obblighi deontologici e giuridici.

In netta controtendenza appare l’orientamento espresso in apicibus da parte della suprema Corte di Cassazione, Sez. VI, ord. n. 11832/2016, nella quale il giudice di legittimità ha stabilito che si applicano sanzioni al contribuente negligente, anche se il tardivo deposito della dichiarazione IVA è dipeso dal commercialista.

In particolare, gli obblighi di presentazione della dichiarazione dei redditi e di tenuta delle scritture contabili non possono considerarsi assolti con l’affidamento delle incombenze a un professionista, richiedendosi anche un’attività di controllo e vigilanza sulla loro effettiva esecuzione, superabile solo a fronte di un comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare l’inadempimento dell’incarico ricevuto.

Sempre in tema di responsabilità del professionista, è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione, Sezione tributaria, con l’ord. n. 25132/2025 emessa in data 13 settembre 2025, nella quale gli Ermellini hanno confermato che il contribuente è esonerato unicamente dal pagamento delle sanzioni nella particolare ipotesi in cui il proprio consulente, condannato in sede penale per appropriazione indebita, non abbia versato le imposte dovute dal soggetto passivo.

Infatti, rilevano i supremi giudici, la scelta del contraente non comporta la dedotta «estromissione del soggetto passivo – quello secondo le regole ordinarie – da ogni obbligo inerente al rapporto fiscale».

Il sistema tributario prevede, infatti, un solo caso di “sostituzione” del soggetto passivo, definendo, all’art. 64, comma 1, D.P.R. n. 600/1973, il sostituto d’imposta come colui che «in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri (…) anche a titolo di acconto».

Nel caso in esame, di contro, l’intermediatore è incaricato di trasmettere la dichiarazione che abbia elaborato, ma, di certo, non è obbligato, in proprio, a pagare l’imposta.

Inoltre, sulla base della prevalente elaborazione giurisprudenziale espressa in sede di legittimità (ex multis cfr. Corte di Cassazione, sent. n. 24962/2010 e sent. n. 14033/2006), il sostituito deve ritenersi, fin dall’origine e non solo in fase di riscossione, obbligato solidale al pagamento dell’imposta, e perciò soggetto all’accertamento (fermo restando, in costanza dei relativi presupposti, il diritto di regresso verso il sostituto).

La circostanza che, nella presente fattispecie esaminata, l’intermediatore abbia tradito il mandato ricevuto dal contribuente e sia stato ritenuto responsabile, con sentenza ormai irrevocabile, tra l’altro, del delitto di appropriazione indebita, non comporta alcuna novazione del rapporto.

In definitiva, sulla base dell’approccio ermeneutico espresso dagli ermellini richiamata, da ultimo, anche nell’ord. n. 18086/2017, della Corte di cassazione, Sez. V, è stato confermato che l’infedeltà dell’intermediario il quale, incaricato del pagamento dell’imposta e della trasmissione della dichiarazione dei redditi, ometta di provvedervi, quand’anche accertata in sede penale, non esonera il contribuente dal pagamento dell’imposta stessa, rimanendo non dovuti soltanto gli interessi e le sanzioni.