Confronto fra assegnazione e cessione agevolata degli immobili ai soci
di Fabio GiommoniLa Legge di Bilancio 2025 (articolo 1, commi da 31 a 36, L. 207/2024) ha reintrodotto le agevolazioni per la fuoriuscita dei beni immobili (e dei beni mobili registrati) dalle società commerciali mediante assegnazione o cessione ai soci, nonché mediante la trasformazione in società semplici delle società che svolgono attività di gestione immobiliare.
L’agevolazione consente di trasferire in capo ai soci, entro il prossimo 30 settembre 2025, gli immobili non strumentali per l’esercizio dell’impresa e i beni mobili non strumentali iscritti in pubblici registri, beneficiando di un regime fiscale di favore che prevede l’assolvimento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap, pari all’8% ovvero al 10,5% per le società considerate non operative, sulle plusvalenze determinate in base al valore normale. Per gli immobili le plusvalenze assoggettate ad imposta sostitutiva possono calcolarsi in base al valore catastale (di cui all’articolo 52, comma 4, D.P.R. 131/1986), anziché al valore normale. Le eventuali riserve in sospensione d’imposta utilizzate sono affrancate mediante assoggettamento ad una (ulteriore) imposta sostitutiva del 13%.
Da precisare che possono beneficiare dell’agevolazione solo i soci che risultavano già tali al 30.09.2024 e non anche i soggetti che sono divenuti soci in data successiva.
Sul fronte delle imposte indirette è previsto che l’imposta di registro, se applicabile in misura proporzionale, sconta un’aliquota dimezzata rispetto a quella ordinaria e che le imposte ipotecarie e catastali si applicano sempre in misura fissa, mentre non vi sono agevolazioni in merito al trattamento IVA dell’operazione, la quale, dunque, si applica nei modi ordinari.
Entro lo stesso termine del 30.9.2025, le società commerciali che hanno per oggetto sociale esclusivo o principale la “gestione” di immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri potranno essere trasformate in società semplici, beneficiando del medesimo regime di favore per quanto riguarda la tassazione delle plusvalenze.
Sebbene dette agevolazioni siano trattate congiuntamente dal punto di vista fiscale, le implicazioni extrafiscali delle stesse si presentano alquanto diverse.
Ad esempio, mediante l’assegnazione/cessione gli immobili della società vengono trasferiti direttamente in capo ai (singoli) soci, mentre la trasformazione comporta la continuazione dell’attività gestione degli immobili sotto forma collettiva, sebbene non più attraverso una società commerciale, bensì attraverso una società semplice, la quale, come è noto, non è soggetta alla disciplina del reddito di impresa.
In questa sede, saranno approfondite le caratteristiche e le differenze principali dell’assegnazione agevolata rispetto alla cessione agevolata degli immobili ai soci, da tenere in considerazione ai fini della scelta dell’una o dell’altra operazione in vista della scadenza del prossimo 30 settembre 2025.
In particolare, l’assegnazione consiste nel trasferire la proprietà di beni sociali ai soci a fronte della distribuzione in natura di utili o di riserve di utili, oppure a fronte della restituzione di riserve di capitale o del capitale stesso.
Pertanto, è possibile fruire dell’assegnazione agevolata solo se vi sono riserve disponibili di utili o di capitale almeno pari al valore contabile attribuito al bene da assegnare, altrimenti tale operazione non è percorribile.
A seconda della posta di patrimonio utilizzata a fronte dell’assegnazione agevolata, vi saranno diverse implicazioni fiscali per il socio.
Limitando l’analisi al caso delle società di capitali, laddove l’assegnazione comporti la riduzione di riserve di utili emergerà un reddito di capitale per il socio (dividendo), da determinarsi come differenza positiva tra il valore normale/catastale del bene immobile assegnato e la differenza assoggetta all’imposta sostitutiva da parte della società assegnante (quest’ultima determinata dal confronto fra valore normale/catastale e costo fiscale del bene).
In sostanza, quindi, il dividendo per il socio assegnatario è pari al costo fiscale del bene assegnato, atteso che sulla parte imputabile alla plusvalenza l’assoggettamento ad imposizione sostitutiva ricomprende anche le imposte eventualmente dovute dal socio sui dividendi da assegnazione. Ciò indipendentemente dall’entità delle riserve annullate contabilmente.
Qualora, invece, l’assegnazione comporti la riduzione del capitale o di riserve di capitale, non emergerà alcun reddito in capo al socio assegnatario, dato che l’operazione rappresenta un rimborso di precedenti versamenti, ma si determinerà unicamente la riduzione del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione (salvo il caso del c.d. “sottozero”, che si verifica quando a seguito di tale riduzione il costo della partecipazione diviene negativo).
Per espressa previsione normativa, nell’ambito dell’assegnazione agevolata non trova applicazione la presunzione di distribuzione prioritaria delle riserve di utili, di cui al secondo periodo, del comma 1, articolo 47, Tuir, per cui è possibile utilizzare prioritariamente le riserve di capitale.
Diversamente, la cessione agevolata dei beni ai soci non comporta la riduzione di una posta di patrimonio netto, bensì il versamento di un corrispettivo da parte del socio (o comunque l’emersione di un credito della società nei confronti del socio, oppure l’accollo, in tutto o in parte, di una passività, quale, ad esempio, il debito per il mutuo gravante sull’immobile).
Per tali motivi, anche le procedure autorizzative, all’interno della società, sono alquanto diverse, in quanto l’assegnazione agevolata, comportando necessariamente la riduzione del patrimonio netto, richiede una apposita delibera dell’assemblea dei soci (ordinaria o straordinaria, a seconda della posta di patrimonio netto utilizzata), mentre la cessione agevolata ai soci, in quanto operazione “di gestione”, verrà autorizzata con delibera dell’organo amministrativo, salvo che non vi siano specifiche disposizioni statutarie che ne rimandano la competenza all’assemblea dei soci (ad esempio, perché si tratta della vendita di beni immobili).
Nel caso in cui non vi siano riserve distribuibili almeno pari al valore contabile del bene da assegnare, la cessione rappresenta l’unica alternativa percorribile per trasferire in via agevolata i beni immobili ai soci.
Il problema della cessione agevolata è, però, rappresentato dalla necessità di assolvere al pagamento del prezzo di vendita da parte dei soci, ma tale questione non si presenta qualora il socio vanti un credito nei confronti della società (ad esempio per finanziamento soci), perché il debito derivante dall’acquisto dell’immobile potrà essere compensato con detto credito del socio.
Nulla vieta, infatti, che il prezzo della cessione agevolata sia soddisfatto attraverso la compensazione di reciproche partite (compensazione legale e giudiziale ex articolo 1243, cod. civ., oppure compensazione volontaria ex articolo 1252, cod. civ.).
Al riguardo è, tuttavia, opportuno effettuare la compensazione fuori dall’atto notarile di trasferimento degli immobili ai soci, al fine di evitare l’indicazione, nell’atto stesso, della presenza di un finanziamento soci, il che comporterebbe l’applicazione dell’imposta di registro nella misura del 3% in base alle regole di tassazione degli atti non registrati “enunciati” in altri contratti soggetti a registrazione in termine fisso (articolo 22, D.P.R. 131/1986). Ad esempio, si potrà stabilire nell’atto che il prezzo di cessione degli immobili verrà saldato dal socio entro una certa scadenza, entro la quale, invece, sarà perfezionata (mediante scambio di corrispondenza) la compensazione con il credito per il finanziamento soci.
Altra peculiarità della cessione agevolata è che questa può essere effettuata anche verso un singolo socio, mentre l’assegnazione dovrebbe coinvolgere necessariamente tutti i soci, rispettando le rispettive percentuali di partecipazione agli utili, in termini di valori assegnati.
Nel caso di opzione per la cessione agevolata occorre tenere presente che, se il prezzo di vendita stabilito tra società e il socio è inferiore al valore normale/catastale dell’immobile, l’importo assoggettabile a imposta sostitutiva verrà calcolato in ogni caso come differenza tra il valore normale/catastale e il costo fiscalmente riconosciuto. Ciò comporta che, di fatto, il corrispettivo della cessione assume rilievo, ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva, solo quando lo stesso è pari o superiore al valore normale/catastale.
Qualora dall’operazione emerga una minusvalenza, in quanto il valore di assegnazione/cessione è inferiore al costo dell’immobile, e si tratti di un bene iscritto nelle immobilizzazioni, opera un diverso un diverso trattamento fiscale tra le due operazioni agevolate. Infatti, la minusvalenza relativa all’assegnazione di beni immobilizzati è sempre indeducibile per la società, stante la specifica disposizione dell’articolo 101, comma 1, Tuir, mentre la minusvalenza derivante dalla cessione agevolata di beni ai soci risulta deducibile, sebbene soltanto nei limiti della differenza tra il costo fiscalmente riconosciuto del bene e il suo valore normale (risoluzione n. 101/E/2017).
Per quanto riguarda la tassazione ai fini delle imposte indirette non vi sono sostanziali differenze tra assegnazione e cessione agevolata, in quanto le due modalità di trasferimento degli immobili ai soci sono equiparate. Solo a livello di IVA vi potrà essere un diverso trattamento per gli immobili acquistati senza IVA (acquisto prima del 1973, acquisto da privato o conferimento da parte del socio persona fisica non esercente attività di impresa), perché in tal caso l’assegnazione è considerata operazione fuori campo IVA.
Da ultimo pare utile ricordare che la circolare n. 37/E/2016 ha confermato che la possibilità di optare per l’assegnazione agevolata in luogo della cessione (e viceversa) costituisce una scelta preordinata all’esercizio di una facoltà prevista dal legislatore, dalla quale potrebbe originare un legittimo risparmio di imposta non sindacabile, ai sensi della disciplina dell’abuso del diritto, di cui all’articolo 10-bis, L. 212/2000.


