30 Settembre 2025

Codice ATECO del farmacista professionista

di Alessandro Bonuzzi
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Negli ultimi anni sono in crescita i farmacisti non titolari di farmacia né soci di società titolari di farmacia, che decidono di svolgere l’attività in forma di lavoro autonomo a partita IVA, invece che nella forma di lavoro subordinato, siccome la collaborazione professionale ben si sposa con le esigenze personali di flessibilità, tra cui la necessità di conciliare l’impegno lavorativo con le incombenze familiari.

Essendo il farmacista un professionista iscritto al corrispondente ordine professionale (c.d. professione ordinistica) e Albo, non si pone nemmeno la questione, di natura giuslavoristica, attinente a un’eventuale mono committenza, potendo dunque il farmacista lavoratore autonomo con partita IVA emettere fatture verso un’unica impresa-farmacia (al pari del commercialista, dell’avvocato, dell’ingegnere, ecc.).

Certamente, una grossa spinta all’apertura della partita IVA deriva, anche per i farmacisti, dal benevolo regime forfettario che consente di assoggettare a tassazione il 78% dei compensi percepiti nell’anno d’imposta, scontando un’aliquota del 15% oppure del 5% nei primi 5 anni di nuova attività, una volta dedotti i contributi previdenziali pagati all’Enpaf. Con ciò, un farmacista forfettario, al di fuori del periodo di start up che incassa 50.000 euro di compensi annui, può beneficiare di un reddito annuo, al netto dell’imposta sostitutiva del 15% e dei contributi previdenziali Enpaf, di poco inferiore a 40.000 euro, che su base mensile si traduce in un introito netto di circa 3.300 euro, somma di tutto rispetto. Nulla vieta, comunque, l’adozione del regime ordinario IRPEF, nei rari casi in cui dovesse risultare più conveniente.

D’altro canto, la partita IVA, di per sé, non garantisce, sostanzialmente, alcun diritto né alcuna copertura; se non si lavora a causa di malattia o per ferie, generalmente e salvo diversi accordi, non si viene pagati.

Inoltre, si deve tener presente che:

  • non si matura il TFR;
  • a livello pensionistico, l’Enpaf garantisce un assegno molto basso, poiché bassa è la somma annuale dovuta a titolo di contribuzione obbligatoria; la contribuzione base Enpaf, infatti, è forfettaria, quindi non rapportata al reddito prodotto dall’iscritto, e poco superiore a 5.000 euro annui. Il farmacista professionista, però, può optare per il versamento della contribuzione in misura doppia o tripla, ottenendo così un incremento dell’importo di pensione eventualmente spettante.

È appena il caso di evidenziare che l’Enpaf rappresenta il solo ente previdenziale verso cui il farmacista professionista è tenuto ad assolvere il contributo pensionistico, non essendo dovuta alcuna somma né alla Gestione Ivs INPS, né alla Gestione separata INPS.

Dall’1.01.2025 è entrata in vigore la nuova classificazione ATECO 2025, che dal punto di vista operativo è attiva dall’1.04.2025. La novità ha avuto impatto anche sui farmacisti professionisti, avendo modificato il codice ATECO di riferimento.

Fino al 2024, infatti, l’attività del farmacista professionista era incasellabile nel codice ATECO 74.90.99Altre attività professionali n.c.a.; dal 2025, invece, a parere di chi scrive, il codice ATECO di riferimento diventa il 96.99.99 – Tutte le altre attività varie di servizi alla persona n.c.a.

Ciò lo si evince direttamente dalle istruzioni agli ISA 2025. Infatti, «Tutte le altre attività varie di servizi alla persona n.c.a.» con codice Ateco 96.99.99 sono ricomprese nel modello Isa 2025 DG99U – Altri servizi a imprese e famiglie nella cui tabella dei codici corrispondenti alle attività esercitate, da inserire nel relativo quadro C, figura il codice 021 dedicato proprio ai farmacisti.