11 Gennaio 2017

Agevolate le cessioni di beni con trasferimento in altro deposito Iva

di Marco Peirolo
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Con la conversione del D.L. 193/2016, collegato al disegno di legge di Bilancio 2017, è stata in parte modificata la disciplina dei depositi Iva per ciò che riguarda sia la fase di introduzione dei beni nel deposito che la successiva estrazione per l’utilizzo o la commercializzazione dei beni nel territorio dello Stato.

Per i beni estratti in esecuzione di una cessione intracomunitaria o all’esportazione, resta inteso che l’imposta non applicata in sede di introduzione, così come sulle cessioni e prestazioni aventi per oggetto i beni custoditi nel deposito, si “cristallizza” in via definitiva.

Con specifico riferimento alla fase di introduzione dei beni in deposito, la L. 225/2016 ha confermato l’agevolazione prevista dall’articolo 4, comma 7, del D.L. 193/2016, che estende – dal 1 aprile 2017 – l’inapplicabilità dell’Iva a tutte le cessioni di beni destinati ad essere introdotti nel deposito.

È noto, infatti, che la disciplina vigente limita tale agevolazione alle sole cessioni di cui alle lett. c) e d) del quarto comma dell’articolo 50-bis del D.L. 331/1993, riguardanti:

  • le cessioni di beni, nei confronti di soggetti identificati in altro Stato membro, eseguite mediante introduzione nel deposito Iva;
  • le cessioni dei beni elencati nella tabella A-bis allegata al D.L. 331/1993 (trattati normalmente in apposite borse merci), eseguite mediante introduzione nel deposito Iva, effettuate nei confronti di soggetti diversi da quelli identificati in altro Stato membro.

A seguito delle modifiche operate dal D.L. 193/2016, da un lato, la lett. d) è stata abrogata e, dall’altra, la lett. c) è stata riformulata prevedendo l’esclusione dall’imposta, tout court, delle cessioni di beni eseguite mediante introduzione nel deposito.

In buona sostanza, l’agevolazione prevista per le cessioni che presuppongono l’introduzione dei beni in deposito è stata generalizzata, applicandosi – dal punto di vista oggettivo – per tutte le tipologie di beni, compresi o meno nella citata tabella A-bis, e – dal punto di vista soggettivo – indipendentemente dal luogo di identificazione o di stabilimento del cessionario, che può pertanto essere italiano, comunitario o extracomunitario.

Le modifiche intervenute si riflettono anche sulle cessioni di beni con trasferimento in altro deposito Iva, per le quali la normativa vigente esclude l’agevolazione in considerazione del fatto che l’ipotesi in esame non può essere ricondotta alle fattispecie espressamente contemplate dalle citate lett. c) e d) del quarto comma dell’articolo 50-bis del D.L. n. 331/1993.

È il caso di ricordare che la lett. i) del richiamato quarto comma dell’articolo 50-bis estende il regime di non applicazione dell’imposta al trasferimento di beni in altro deposito Iva, con ciò intendendo – secondo la circolare AdE 12/E/2015 (§ 5.2.3) – che “il mero spostamento fisico dei beni (…) non concretizza una cessione e, pertanto, non è rilevante agli effetti dell’imposta che, invece, dovrà essere applicata qualora, contestualmente al trasferimento dei beni da un deposito Iva ad un altro, vi sia un passaggio di proprietà degli stessi”.

Più in dettaglio, l’Agenzia ha puntualizzato che, “nel caso in cui contestualmente al trasferimento dei beni da un deposito Iva ad un altro intervenga anche un passaggio di proprietà degli stessi, sia che si tratti di cessioni di cui alla lett. d) [vale a dire beni indicati nella tabella A-bis ceduti a soggetti diversi da quelli identificati ai fini Iva in altri Stati membri dell’Unione europea] che di cessioni di cui alla lett. c) [beni di qualunque tipologia ceduti a soggetti comunitari], il soggetto passivo cedente che estrae i beni dovrà ricorrere alla procedura di reverse charge di cui ai all’art. 17, secondo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 (cfr. art. 50-bis, comma 6, del D.L. n. 331 del 1993). Tuttavia, la successiva cessione dei predetti beni, con immissione in deposito, gode del regime di sospensione dell’Iva, di cui all’art. 50-bis, comma 4, lett. c) e d), del citato Decreto Legge”.

In pratica, nella disciplina in vigore è possibile cedere i beni già in deposito senza provvedere alla relativa estrazione, così come è possibile disporre il trasferimento dei beni da un deposito all’altro, risultando invece vietato effettuare, allo stesso tempo, la cessione e il trasferimento dei beni in altro deposito.

In quest’ultima evenienza, il proprietario dei beni oggetto di estrazione è tenuto ad assolvere l’imposta con la procedura di integrazione o di autofatturazione ed, inoltre, beneficia della detassazione per la successiva cessione con introduzione nel deposito di destinazione solo se l’operazione è riconducibile alle fattispecie di cui alle predette lett. c) e d), che allo stato attuale sono collegate alla natura merceologica dei beni ceduti e alla “nazionalità” del cessionario.

Dal 1 aprile 2017, per effetto delle modifiche novellate dal D.L. 93/2016, l’estrazione dal deposito avverrà senza pagamento dell’Iva anche se il trasferimento in altro deposito è disposto in esecuzione di un atto traslativo della proprietà, nel qual caso sarà del tutto irrilevante – alla luce della riformulata lett. c) del quarto comma dell’art. 50-bis del D.L. 331/1993 – sia la tipologia di beni che il luogo di identificazione o di stabilimento del cessionario.

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