18 Maggio 2018

Web tax: l’imposta per colpire i colossi del web

di EVOLUTION
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La web tax, ossia l’imposta sui ricavi digitali, è stata istituita dal legislatore con la Legge di Bilancio 2018 con l’intenzione di tassare i “colossi” del web che non sono residenti nel territorio statale, evitando di scaricare il peso dell’imposta sui consumatori finali e consentendo alle Web Company italiane un recupero immediato dell’imposta.
Al fine di approfondire i diversi aspetti della materia, è stata pubblicata in Evolution, nella sezione “Altre Imposte”, una apposita Scheda di studio.
Il presente contributo rappresenta una sintesi delle principali caratteristiche della web tax.

L’imposta sulle transazioni digitali, o web tax, è disciplinata dall’art. 1 commi 1011 ss. della L. 205/2017, fatta pari al 3% sui corrispettivi delle “prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici”. L’imposta si applicherà dal 2019.

La web tax è dovuta solo se la transazione è effettuata nei confronti:

  • di soggetti residenti nel territorio dello stato individuati all’articolo 23 comma 1 del D.P.R. 600/1973 (i sostituti d’imposta tra cui imprenditori individuali, società di persone e di capitali, enti commerciali e non commerciali ecc.);
  • di una stabile organizzazione di un soggetto non residente.

La norma prevede espressamente che non sono soggette alla web tax le prestazioni effettuate nei confronti:

Pertanto si desume che non sono, quindi, assoggettate all’imposta le prestazioni effettuate nei confronti:

  • dei soggetti “privati”, che non assumono la qualifica di sostituti d’imposta;
  • dei soggetti non residenti senza stabile organizzazione in Italia.

La territorialità dell’imposta è, quindi, stabilita in funzione della residenza del cliente, e non di quella del fornitore dei servizi web.

L’imposta viene applicata alle “transazioni digitali relative a prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici”, concluse sia in Italia che all’estero.

Per l’individuazione delle prestazioni occorrerà attendere il D.M. attuativo della disciplina, che dovrà essere emanato entro il 30.4.2018.

Il comma 1012 dell’art. 1 della L. 205/2017 precisa che “si considerano servizi prestati tramite mezzi elettronici quelli forniti attraverso internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata da un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione“.

La misura dell’aliquota è fatta pari al 3% sul valore della singola transazione: tale valore è dato dal corrispettivo dovuto per le prestazioni al netto dell’Iva, prescindendo dal luogo di conclusione della transazione.

L’imposta si applica nei confronti del soggetto prestatore, residente o non residente, che effettua nel corso di un anno solare un numero complessivo di transazioni superiore a 3.000 unità.

L’imposta viene prelevata, all’atto del pagamento del corrispettivo, dai soggetti committenti dei servizi, con obbligo di rivalsa sui soggetti prestatori, salvo il caso in cui i soggetti che effettuano la prestazione indichino nella fattura relativa alla prestazione, o in altro documento idoneo da inviare contestualmente alla fattura di non superare i limiti di transazioni delle 3.000 unità. I medesimi committenti versano l’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello del pagamento del corrispettivo, ai sensi del comma 1014 dell’art. 1 L. 205/2017.

Nella Scheda di studio pubblicata su EVOLUTION sono approfonditi, tra gli altri, i seguenti aspetti:

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