11 Giugno 2025

Verifica fiscale: occorre indicare le motivazioni del controllo

di Marco Bargagli
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L’accesso consiste nel potere riconosciuto alla Guardia di Finanza e all’Agenzia delle entrate, dall’articolo 52, comma 1, D.P.R. 633/1972, richiamato dall’articolo 33, comma 1, D.P.R. 600/1973, nonché dall’articolo 35, L. 4/1929, di entrare in un determinato luogo ove il contribuente esercita un’attività commerciale, agricola, artistica o professionale, anche senza il consenso del soggetto che ne ha la disponibilità, al fine di eseguirvi un controllo fiscale.

Nello specifico, all’atto dell’apertura di una verifica fiscale, i funzionari dell’Amministrazione finanziaria devono:

  • esibire al contribuente ispezionato la propria tessera personale di riconoscimento;
  • consegnare allo stesso, ovvero al soggetto che in quel momento lo sostituisce, copia del c.d. provvedimento autorizzativo che dispone l’avvio dei controlli (ordine di accesso/foglio di servizio);
  • comunicare lo scopo della visita, invitando il contribuente, ovvero chi lo sostituisce, ad esibire tutti i registri, libri e documenti la cui tenuta è obbligatoria (articolo 14 e ss., D.P.R. 600/1973);
  • illustrare al contribuente gli obblighi ed i diritti che sono previsti dalla L. 212/2000 (di seguito, Statuto dei diritti del contribuente);
  • invitare il contribuente ad assistere alle operazioni di verifica, ovvero a farsi rappresentare da persona di fiducia (normalmente un avvocato ovvero il consulente fiscale);
  • redigere il processo verbale di verifica, ovvero l’atto amministrativo che reca i presupposti giuridici che legittimano l’esercizio del potere di accesso, nonché le motivazioni dell’effettuazione del controllo fiscale.

Con l’introduzione dello Statuto dei diritti del contribuente, il presupposto generale legittimante il potere di accesso presso i locali destinati all’esercizio di attività di impresa, agricola o di lavoro autonomo, è subordinato alla sussistenza di effettive esigenze di indagine e controllo sul luogo.

Il legislatore, ha infatti voluto limitare l’accesso presso la sede del contribuente solo ai casi in cui sia realmente necessario esercitare tale potere, ovvero quando lo stesso si renda realmente necessario per ricercare le prove, anche extracontabili, di eventuali violazioni tributarie.

Inoltre, i controlli fiscali devono svolgersi, salvo casi eccezionali ed urgenti adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse, nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente.

Conformemente, per espressa disposizione normativa (ex articolo 12, L. 212/2000),

  • tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo.

Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente;

  • quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche.

In relazione ai poteri di accesso degli organi dell’amministrazione finanziaria, all’interno del domicilio fiscale del contribuente, interessanti principi di diritto sono contenuti nella sentenza n. 11910/2025 del 6 maggio 2025, della Corte di Cassazione, ove la ricorrente fa esplicito riferimento all’articolo 7 della Carta Europea dei diritti fondamentali, la quale recita: “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni”.

In merito, la giurisprudenza unionale (CGUE e CEDU) interpreta la norma in senso ampio, tutelando il diritto dell’UE la vita privata ed il domicilio non solo con riferimento alla sfera intima, ma anche all’attività lavorativa dell’individuo e della persona giuridica.

Di conseguenza, viene richiesta dal contribuente la disapplicazione degli articoli 33, D.P.R. 600/1973, e 52, D.P.R. 633/1972, con conseguente “declaratoria di illegittimità della documentazione acquisita nell’ambito della verifica fiscale”.

Sul punto, la recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo datata 06 febbraio 2025, analizzata nel documento n. 2/2025 dell’Associazione italiana dottori commercialisti (AIDC), ha confermato che gli accessi effettuati nel corso delle verifiche fiscali devono essere supportati da una “reale motivazione”, non essendo sufficiente indicare motivazioni generiche” che giustifichino l’accesso presso il domicilio fiscale del contribuente, pena l’inutilizzabilità delle prove raccolte ai sensi dell’articolo 7-quinquies, L. 212/2000 (rubricato vizi dell’attività istruttoria”).

In relazione a quanto sopra illustrato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11910/2025 sopra richiamata, ha rinviato la decisione a seguito di un ricorso presentato dal contribuente, riguardante l’accesso nei locali aziendali effettuato sulla base di specifico provvedimento autorizzativo, con la redazione di un processo verbale di verifica nel quale veniva riportata una “motivazione generica riferita ai presupposti che avevano indotto l’organo verificatore ad eseguire l’accesso presso il domicilio fiscale del contribuente.

In conclusione, tale circostanza non risulterebbe conforme rispetto ai principi generali dettati dalla sentenza della Corte europea, con potenziali profili di inutilizzabilità delle prove documentali ed extracontabili acquisite alla verifica fiscale nel corso delle ricerche esperite all’interno dei locali aziendali.