30 Marzo 2023

Verifica ad un terzo: non vige il termine dilatorio per l’accertamento

di Luigi Ferrajoli
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 12, comma 7, L. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), che prevede che “dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”, non può trovare applicazione nel caso in cui il verbale di chiusura delle operazioni concluse riguardi l’accesso e la verifica effettuata nei confronti di un soggetto terzo rispetto al contribuente accertato, quand’anche questo verbale sia posto a fondamento dell’atto impositivo notificato al contribuente quale oggetto di specifica segnalazione effettuata dai verificatori, in quanto si tratta di un atto istruttorio “esterno” rispetto al procedimento di accertamento del contribuente, per il quale non possono trovare applicazione i diritti e le garanzie previste dalla Statuto del contribuente a tutela del contribuente accertato. Pertanto, in tale caso, non è applicabile il termine dilatorio di 60 giorni previsto dall’articolo 12, comma 7, dello Statuto del contribuente.

Questo è il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 4726/2023.

Sulla natura del termine dilatorio di 60 giorni previsto dallo Statuto del contribuente la giurisprudenza di legittimità ha più volte chiarito la natura perentoria dello stesso. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 18184/2013, hanno, infatti, stabilito che “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’articolo 12, comma 7, della Legge 27 luglio 2000 n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio”.

Inoltre, la stessa Corte di Cassazione ha chiarito che la sanzione della illegittimità dell’avviso per il mancato rispetto del termine dilatorio dei sessanta giorni, stabilito a presidio del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, espressione dei principi di collaborazione e di buona fede, non presuppone che il contribuente dimostri che il minore termine gli ha precluso di predisporre una adeguata e specifica linea difensiva, senza che tale interpretazione contrasti con il diritto comunitario, in quanto il maggior grado di tutela previsto a livello interno per i tributi non armonizzati dall’articolo 12, comma 7, L. 212/2000, per come interpretato dal diritto vivente della Suprema Corte, si muove in armonia piena con il principio di massimizzazione delle tutele, che consente ad un singolo ordinamento di apprestare livelli di protezione di un diritto fondamentale, quale è sicuramente quello al contraddittorio, più ampi rispetto a quelli garantiti dal sistema eurounitario per il tributi non armonizzati (Cass., sent. n. 27623/2018).

Il termine previsto dall’articolo 12, comma 7, L. 212/2000 deve ritenersi applicabile, oltre che all’ipotesi di verifica, anche a quelle di accesso, concludendosi anche tale accertamento con la sottoscrizione e consegna del processo verbale delle operazioni svolte, ed a qualsiasi a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell’impresa, ivi compresi gli atti di accesso istantanei finalizzati all’acquisizione di documentazione, sia perché la citata disposizione non prevede alcuna distinzione in ordine alla durata dell’accesso, in esito al quale comunque deve essere redatto un verbale di chiusura delle operazioni; sia perché, anche in caso di accesso breve, si verifica l’intromissione autorotativa dell’amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente, che deve essere controbilanciata dalle garanzie di cui al citato articolo 12 (Cass., sent. n. 30026/2018).

Ciò premesso, occorre evidenziare che se è vero che il termine legale dilatorio di sessanta giorni di cui all’articolo 12, comma 7, L. 212/2000 decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, occorre pur sempre che le operazioni concluse costituiscano esercizio di attività ispettiva svolta dall’Amministrazione nei confronti del contribuente sottoposto a verifica e destinatario dell’accertamento. La verifica o l’accesso effettuato nei confronti di un soggetto terzo rispetto al contribuente accertato, quand’anche posto a fondamento dell’accertamento effettuato a carico di quest’ultimo, costituisce un atto istruttorio “esterno” al procedimento di accertamento, per il quale non può operare il termine dilatorio di cui all’articolo 12, comma 7, L. 212/2000, che regolamenta i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifica e destinatario dell’atto di accertamento.