28 Ottobre 2014

Variazione oltre l’anno con ristrutturazione debiti o piano attestato

di Sergio Pellegrino
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Nell’ambito del
decreto semplificazioni, l’
art. 31 modifica il disposto dell’
art. 26 del D.P.R. 633/1972 concernente le variazioni dell’imponibile o dell’imposta.
La norma individua i diversi casi in cui un’operazione, successivamente all’emissione della fattura,
venga meno, anche soltanto parzialmente, ovvero
se ne riduca l’ammontare imponibile, compresa la circostanza di mancato pagamento, non necessariamente integrale, a causa di
procedure concorsuali rimaste infruttuose.
Al ricorrere di queste ipotesi è riconosciuto al cedente del bene o prestatore del servizio il
diritto di emettere una nota di variazione ed
esercitare la detrazione della corrispondente imposta.
L’obiettivo che si prefigge il legislatore del
decreto semplificazioni è quello di
coordinare la disciplina ai fini della deducibilità delle perdite su crediti, con riferimento alle imposte sui redditi, e la disciplina IVA, contenuta appunto nell’art. 26.
Nel caso di stipula di un
accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, ai sensi dell’articolo 182 bis regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un
piano attestato, ai sensi dell’articolo 67, lettera d) regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, pubblicato nel registro delle imprese, oltre alla possibilità di dedurre le perdite su crediti ai fini della determinazione del reddito d’impresa, ex art. 101 comma 5 Tuir, viene riconosciuta, al fornitore che ha emesso una fattura in relazione ad operazioni successivamente non pagate in tutto o in parte dal debitore, la possibilità di recuperare l’IVA originariamente versata all’erario al momento di effettuazione della fornitura il cui corrispettivo non sia stato pagato,
prescindendo dal limite temporale dell’anno rispetto al momento di effettuazione dell’operazione.
Fino a quando il decreto non entrerà in vigore, invece, l’emissione della nota di variazione in questi casi incontra i
limiti definiti dal comma 3 dell’art. 26 del decreto IVA, ossia, essendo sorta a seguito di un sopravvenuto accordo tra le parti, la necessità che sopraggiunga prima del decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione.
Nulla è cambiato invece nell’ambito del
fallimento e del
concordato preventivo.
Con il
fallimento, il creditore può emettere la nota di variazione esclusivamente a seguito
della scadenza del termine fissato per la presentazione delle osservazioni al piano di ripartizione finale stabilito dal giudice delegato, decorsi quindici giorni dal ricevimento della comunicazione inviata a tutti i creditori, compresi quelli attualmente oggetto di procedimento di opposizione, impugnazione o revocazione.
Nel caso di insufficienza di somme da destinare alla soddisfazione dei creditori bisogna invece considerare la scadenza della data entro la quale è possibile proporre reclamo avverso il decreto di chiusura della procedura, ovvero decorso il termine di dieci giorni dalla comunicazione o notificazione del provvedimento.
Nella procedura di
concordato preventivo, invece, l’importo oggetto della rettifica in diminuzione potrà essere determinato soltanto sulla base del
piano di ripartizione finale, approvato secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione della procedura, e quindi soltanto una volta terminata la liquidazione giudiziale.
A livello procedurale,
l’emissione della nota di variazione non deve rispettare particolari vincoli formali, ma deve presentare le stesse caratteristiche della fattura che va a rettificare, contenendo le generalità delle parti, l’indicazione della variazione della base imponibile, dell’aliquota applicata e del relativo tributo, nonché i dati identificativi della fattura originaria; va poi numerata e annotata nei termini di legge.
E’ però opportuno in questi casi inserire quale
destinatario della nota di variazione
anche il professionista incaricato della procedura concorsuale, alla luce del fatto che presso il suo studio viene normalmente insediato il nuovo domicilio della società debitrice.