20 Luglio 2018

Valida l’elezione del domicilio fiscale nella dichiarazione Iva

di Luigi Ferrajoli
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Con il termine residenza fiscale si intende il “luogo in cui la persona ha la sua dimora abituale”, mentre per  domicilio fiscale si intende “il luogo stabilito dalla persona, come sede principale dei suoi affari e interessi”, così come previsto dall’articolo 43 cod. civ..

Il domicilio fiscale di una persona fisica residente in Italia coincide quasi sempre con la sua residenza anagrafica, mentre per coloro che risiedono all’estero, il domicilio è ubicato nel Comune in cui viene prodotto il reddito, ai sensi dell’articolo 58 D.P.R. 600/1973. Il domicilio fiscale, in presenza di determinate circostanze, può essere spostato in un altro Comune, previa apposita domanda da presentare all’Amministrazione finanziaria.

La determinazione del domicilio fiscale è rilevante per l’Amministrazione tributaria in quanto quest’ultima necessita di avere un indirizzo ufficiale, presso il quale rintracciare il contribuente, in particolare per la necessità di notifica di avvisi, atti o comunicazioni.

Ciò posto, la notifica di un atto impositivo effettuata dall’Agenzia delle Entrate al contribuente presso un luogo diverso dal domicilio fiscale è da consideransi invalida; ciò è stato recentemente confermato dall’ordinanza n. 14280 del 04.06.2018 dalla Sesta Sezione della Corte di Cassazione.

Nel caso di specie, un contribuente aveva proposto ricorso avverso un avviso di riscossione relativo a Irpef e Iva per l’anno di imposta 2008, eccependo l’invalidità della notifica dell’atto di accertamento, mai ricevuto dal medesimo contribuente, in quanto eseguita dall’Ente impositore presso un domicilio fiscale diverso da quello dichiarato nella denuncia Iva.

La CTP aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente annullando l’atto impositivo e il conseguente avviso di riscossione, mentre la CTR, a seguito di impugnazione proposta dall’Agenzia delle Entrate, aveva riformato la sentenza di prime cure, considerando legittima la notifica dell’atto propedeutico, non ritenendo rilevanti i dati indicati nella dichiarazione, presentata da quest’ultimo, di inizio di attività, variazione dei dati e cessazione dell’attività ai fini Iva.

Il contribuente decideva di procedere ulteriormente avanti la Suprema Corte, rilevando la violazione dell’articolo 60 D.P.R. 600/1973 e dell’articolo 35 D.P.R. 633/1972 in quanto, secondo il contribuente, la CTR aveva errato nel non prendere in considerazione la variazione del domicilio indicata dal medesimo nella dichiarazione Iva comunicata all’Ufficio fiscale.

Il Giudice di legittimità, con la richiamata ordinanza n. 14280/2018, ha accolto il ricorso ribadendo che, in materia di domicilio fiscale, ex articolo 58 D.P.R. 600/1973, i soggetti che risiedono in Italia hanno il domicilio fiscale presso il Comune nella cui anagrafe sono iscritti e “in tutti gli atti, contratti, denunzie e dichiarazioni che vengono presentati agli uffici finanziari deve essere indicato il Comune di domicilio fiscale delle parti, con la precisazione dell’indirizzo”; in ordine alle notificazioni, ex articolo 60 D.P.R. 600/1973, tuttavia, è prevista per il contribuente “la possibilità di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel Comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano”.

Tale elezione deve emergere dalla dichiarazione annuale ovvero da un altro atto comunicato successivamente al competente ufficio amministrativo a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

Sul punto la Corte, riprendendo i principi già enunciati in precedenti pronunce, ha precisato che “in caso di difformità tra la residenza anagrafica e quella indicata nella dichiarazione dei redditi, è valida la notificazione dell’avviso perfezionatasi presso quest’ultimo indirizzo, atteso che l’indicazione del Comune di domicilio fiscale e dell’indirizzo, da parte del contribuente, ai sensi del D.P.R. 600/1973 articolo 58, comma 4, va effettuata in buona fede e nel rispetto del principio di affidamento” (Cass. Civ. 6113/2011).

Nel caso di specie il contribuente aveva indicato nella dichiarazione annuale il proprio indirizzo situato nel comune di domicilio fiscale, tale indicazione era da ritenersi a tutti gli effetti di legge elezione di domicilio nel suddetto luogo.

Ne consegue che l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto notificare l’atto impositivo presso il domicilio fiscale dichiarato nella denuncia di inizio attività Iva ai fini della validità sia dell’atto prodromico notificato che di quelli successivi derivanti da questo.

La Corte, pertanto, ha accolto il ricorso proposto dal contribuente, ha cassato la sentenza e ha rinviato la causa alla CTR territorialmente competente, in diversa composizione, per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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