Va disposta per legge la neutralità del trasferimento non oneroso dell’azienda
di Luciano SorgatoL’Agenzia delle entrate, sin dalla circolare n. 54/E/2002, nel pronunciarsi in ordine al regime fiscale da abbinare allo scioglimento della società per perdita della pluralità della base associativa e assegnazione dell’azienda al socio superstite che si riorganizza in ditta individuale, ha ritenuto fiscalmente neutro l’atto dismissivo dell’azienda dalla società al socio unico, senza però raccordare normativamente la fattispecie. Appare, invece, imprescindibile giustificare tale neutralità fiscale con precisi dati normativi, funzionali anche a coordinare operativamente la circolazione intersoggettiva dell’azienda.
Come noto, il presupposto di un tributo consiste in fatti e situazioni previsti dalle singole leggi d’imposta, riferibili ad un soggetto e verificatesi in un certo spazio e in un determinato lasso di tempo, che fungono da fonte, immediata o mediata, dell’obbligazione tributaria. La sentenza n. 179/1976 della Corte Costituzionale, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale del cosiddetto cumulo dei redditi tra i coniugi, ebbe a sottolineare il primato costituzionale del principio di personalità della capacità contributiva. La prestazione patrimoniale imposta deve non solo raccordarsi ad un indicatore idoneo a misurare l’attitudine alla contribuzione del fatto economico, ma deve anche rapportarsi al soggetto a cui quella manifestazione di forza economica appartiene. La capacità contributiva risolvendosi in “idoneità soggettiva” alla contribuzione, non può che legarsi con un nesso diretto al soggetto che ha generato la ricchezza. È il principio personalistico delle imposte sui redditi a comportare imprescindibili criteri di correlazione tra l’elemento oggettivo del presupposto e il soggetto e l’eventuale deroga a tale principio non può che derivare dal Legislatore, sulla base di scelte non discrezionali, ma fondate su giustificazioni in ogni caso costituzionalmente orientate.
Il trasferimento neutro dell’azienda dalla società – che si estingue all’ex socio unico che prosegue senza soluzione di continuità l’impresa – non è ricavabile dal sistema, in quanto se la circolazione fiscalmente neutra di un’azienda dipendesse dal suo naturale statuto d’impresa (ossia dalla sua fisiologica strumentalità ausiliaria all’esercizio di un’impresa, come ad essa deriva dalla sua predestinazione legislativa – articolo 2555, cod. civ.) allora non sarebbe stato necessario disciplinarne specificamente la neutralità nel caso di conferimento (articolo 176, Tuir) e nel caso di trasferimento mortis causa e di donazione dell’azienda (articolo 58, Tuir). Tali norme si rivelerebbero tam quam non esset se si potesse affermare un onnicomprensivo regime neutro del trasferimento dell’azienda in virtù della sua particolare connotazione statutaria di bene d’impresa.
Proprio tali norme individuano delle eccezioni rispetto al principio a regime che raccorda all’azienda un ordinario regime fiscale di tassazione. Ancora e più specificamente sul tema in questione si deve considerare l’ultimo inciso del primo comma dell’articolo 58, Tuir, a mente del quale (dopo la previsione di non realizzo delle plusvalenze in caso di prosecuzione dell’attività dell’impresa da parte dei donatari o degli eredi) testualmente dispone: “I criteri di cui al periodo precedente (che dispongono la piena irrilevanza impositiva delle plusvalenze) si applicano anche quando a seguito dello scioglimento entro cinque anni dall’apertura della successione della società esistente tra gli eredi, la predetta azienda resti acquisita da uno solo di essi”. La norma disciplina proprio la fattispecie della perdita della pluralità dei soci con prosecuzione dell’attività d’impresa da parte dell’unico socio superstite, prevedendo un preciso spartiacque divisorio (il 5° anno successivo all’apertura della successione) tra prosecuzione dell’impresa in regime fiscale neutro e successiva prosecuzione in regime fiscale di tassazione.
Se la trasformazione de facto da società in ditta individuale avviene entro i primi 5 anni, la circolazione dell’azienda (dalla società estinta all’imprenditore individuale) non comporta carichi fiscali, mentre se il trapasso della sua titolarità avviene dopo tale spartiacque temporale, la circolazione intersoggettiva avviene in regime fiscale di tassazione, nonostante il mantenimento dello statuto d’impresa da parte dell’azienda. È uno sbarramento temporale invalicabile per l’interprete, anche se, si deve ammettere, non chiaro sul piano di una logica di sistema. Da tale dato legislativo deriva chiaramente che non è il perdurare dello scopo imprenditoriale che l’articolo 2555, cod. civ., raccorda all’azienda, a poter costituire il fondamento giustificativo dell’eventuale irrilevanza impositiva delle sue vicende circolatorie, dipendendo l’esonero fiscale esclusivamente da specifici dati normativi.
Sarebbe, infatti, del tutto irrazionalmente discriminatorio tassare le plusvalenze maturate in caso di trasformazione de facto dopo cinque anni dall’apertura della successione, per la sopraggiunta perdita della pluralità degli eredi-soci, e non tassare le medesime plusvalenze in ogni altro caso di estinzione della società con prosecuzione dell’unico socio in ditta individuale, a motivo della persistenza dell’invariato regime statutario di bene d’impresa dell’azienda.
L’ultimo inciso del comma 1 dell’articolo 58, Tuir, è, quindi, sintomatico della rilevanza del principio della personalità dell’obbligazione tributaria, deviabile solo nel caso di precise previsioni di legge che ne prevedono l’esonero fiscale. Tuttavia l’attuale discernimento legislativo tra fattispecie tassabili e fattispecie escluse non appare di alcuna coerenza sistematica, per cui sarebbe necessario una generalizzata presa di posizione da parte del legislatore di raccordare ad ogni forma di circolazione non onerosa dell’azienda, il regime fiscale neutro, fondandone la ragione proprio sulla particolare connotazione di bene d’impresa che all’azienda deriva dall’articolo 2555, cod. civ., a mente del quale: “L’azienda è un complesso di beni specificamente organizzato per il solo esercizio dell’impresa”.