12 Dicembre 2013

Una parola definitiva (forse) sugli aspetti fiscali degli ormeggi dei circoli velici

di Guido Martinelli
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Le associazioni e società sportive dilettantistiche che si affiliano alla Federazione Italiana Vela devono essere titolari di concessione demaniale per l’accesso al mare. Questi accessi vengono, solitamente, attrezzati con pontili per il servizio di ormeggio delle barche, sia di proprietà del circolo che degli associati, dietro pagamento, in quest’ultimo caso, di un corrispettivo specifico, solitamente modulato in funzione della lunghezza della barca.

Accade che per ragioni logistiche non tutti riescono a godere di detto servizio.

Il problema annoso è legato al trattamento fiscale da riservarsi ai corrispettivi introitati dal circolo per detto servizio. Ossia sulla possibilità o meno di considerarlo “istituzionale” sia ai fini Iva (in applicazione dell’art. 148 Tuir) che Iva (ai sensi dell’art. 4 del d.p.r. 633/72), anche perché trattasi di “benefit” non fruibile per tutti gli associati.

L’Amministrazione finanziaria ha assunto, fino ad oggi, un atteggiamento negativo ritenendo che tale attività, appunto, non fosse “essenziale” per la pratica sportiva e che, solitamente, gli utilizzatori apparivano, agli occhi degli accertatori, più quali “clienti” che quali associati del circolo (vedi, sul punto, interpello n. 903-16/2011 della Direzione Regionale delle entrate della Liguria). Atteggiamento del tutto simile a quello adottato anche nei confronti dei circoli ippici per le attività di ricovero dei cavalli dei soci.

Sul punto, dopo un percorso “impegnativo” per il circolo velico interessato (due gradi di giudizio in commissione tributaria, un giudizio di legittimità in Cassazione e una successiva definitiva sentenza in commissione, questi ultimi due a spese compensate) ha statuito in maniera del tutto condivisibile la Comm. Trib. II grado a Trento (Sez. II Sent. 18.09.2013, n. 41)

La Suprema Corte aveva cassato la sentenza, rimettendo la causa ad altra sezione della Commissione Tributaria di secondo grado affinché valutasse se l’attività, appunto, di rimessaggio dei natanti sia compresa o meno nei principi statutari dell’ente, tema non affrontato dai giudici di merito.

Il Giudicante parte da una considerazione che potrebbe apparire ovvia ma non lo era stata nei precedenti gradi di giudizio: le finalità sportive del circolo non possono prescindere dal mezzo nautico, la cui cura contempla anche il rimessaggio il cui costo, omnicomprensivo, prevede sia il periodo della stagione agonistica che di quella invernale.

Di conseguenza la promozione dello sport della vela non può che avvenire attraverso la promozione e organizzazione di manifestazioni veliche a cui partecipano i propri associati, attività per lo svolgimento della quale si utilizzano mezzi nautici, di proprietà diretto o dei singoli soci.

Del resto, acutamente la commissione osserva che ai soci deve essere consentito di “usufruire dei vantaggi che può loro offrire” il patrimonio della associazione e, tra questi, non si possono escludere il diritto: “di frequentare i locali sociali, di usare il materiale sociale, quei servizi per i quali quella struttura è stata realizzata, come il ricovero dei natanti, gli ampi spazi dedicati al rimessaggio delle derive e il porticciolo“.

D’altro canto, osserva il Giudicante, manca la prova che il porticciolo possa aver soddisfatto le esigenze di soggetti non tesserati o non associati per il contribuente accertato.

Il numero dei soci che godevano del diritto al posto barca era ampio, i natanti ormeggiati erano esclusivamente a vela, tutto ciò porta a: “ritenere che il circolo fosse impegnato a garantire il servizio rimessaggio delle derive ai propri soci in virtù della sua stessa natura di associazione sportiva dilettantistica, diretta a divulgare la conoscenza dello sport di vela e a diffonderlo con le gare, così realizzando con la sua struttura immobiliare quella base nautica che la stessa Fiv richiede agli affiliati con il suo statuto e relativo regolamento”.

Pertanto la conseguenza di detto ragionamento non può che essere che il servizio di rimessaggio in questione consente di meglio realizzare i progetti e le attività che costituiscono la “mission” del circolo medesimo; pertanto l’erogazione di questo servizio ai soci non può essere considerata effettuata nell’esercizio di una attività commerciale.

Tale conclusione non muta anche in quei casi in cui il circolo ospita, durante le competizioni veliche, imbarcazioni di altri tesserati alla medesima Federazione.

Anche in questo caso le attività non perdono la loro caratteristica di configurare attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali in quanto legate alle: “regole che disciplinano il rapporto associativo e di partecipazione alle sovraordinate regole imposte dalla Fiv e dal Coni”.

Alla luce di quanto sopra il Giudicante adito, rigettando l’appello proposto dall’Ufficio alla primaria sentenza della Commissione di primo grado, afferma il seguente principio: “ Il servizio di rimessaggio delle stesse barche e delle derive in genere, dunque, appare funzionale al più immediato e completo esercizio dello sport di vela; e tanto il circolo consente grazie alle sue strutture”.