Trust estero: confermata la soggettività tributaria e i limiti alle agevolazioni
di Angelo GinexCon le risposte a interpello n. 144/E/2025 e n. 145/E/2025, l’Agenzia delle entrate ha fornito ulteriori e rilevanti chiarimenti in materia di fiscalità dei trust esteri, confermando un orientamento che valorizza, ai fini tributari, l’effettiva autonomia del trustee e la segregazione patrimoniale del trust. I due documenti di prassi affrontano distinti profili applicativi: da un lato, la qualificazione del trust come soggetto passivo d’imposta, ai sensi dell’articolo 37, comma 3, D.P.R. 600/1973; dall’altro, la possibilità di applicare il regime di ritenuta agevolata e l’esenzione da imposizione su plusvalenze in favore di un trust fiscalmente residente a Malta.
Il primo interpello, relativo alla fiscalità di dividendi e plusvalenze (risposta n. 144/E/2025), ha affrontato le conseguenze fiscali derivanti dalla detenzione, da parte del medesimo trust, di una partecipazione non qualificata in una società italiana. In particolare, si chiedeva se: i dividendi percepiti dal trust potessero beneficiare della ritenuta a titolo d’imposta nella misura dell’1,2% prevista dall’articolo 27, comma 3-ter, D.P.R. 600/1973; la plusvalenza derivante dall’eventuale cessione della partecipazione potesse rientrare nell’esenzione, di cui all’articolo 5, comma 5, D.Lgs. 461/1997.
Sul primo punto, l’Agenzia ha escluso l’applicazione dell’aliquota ridotta, ritenendo che il trust, pur soggetto all’imposta sul reddito delle società a Malta per opzione ex articolo 27D (1) dell’Income Tax Act maltese, non rientri tra i soggetti indicati dalla normativa italiana, in quanto privo di forma legale societaria, requisito indispensabile anche ai fini dell’applicazione della Direttiva madre-figlia 2011/96/UE.
Diverso esito ha avuto, invece, la seconda questione. In merito alla plusvalenza realizzata dal trust residente in uno Stato incluso nella white list, l’Amministrazione finanziaria ha riconosciuto la piena applicabilità dell’esenzione prevista dall’articolo 5, comma 5, D.Lgs. 461/1997, richiamando l’articolo 6, D.Lgs. 239/1996. In tal senso, il trust estero fiscalmente residente in uno Stato a fiscalità ordinaria e con adeguato scambio di informazioni può fruire del regime agevolativo, indipendentemente dalla forma giuridica.
Nel secondo interpello, relativo alla soggettività fiscale del trust estero ai fini italiani (risposta n. 145/E/2025), il disponente italiano aveva istituito un trust irrevocabile, disciplinato dalla legge inglese e domiciliato fiscalmente a Malta, con lo scopo di segregare parte del proprio patrimonio a beneficio della moglie, della figlia e dei discendenti futuri. L’atto istitutivo esclude espressamente il disponente dalla possibilità di beneficiare del fondo.
La richiesta principale riguardava la possibilità di riconoscere al trust natura di soggetto passivo d’imposta autonomo, non interposto rispetto al disponente, in conformità con l’articolo 37, comma 3, D.P.R. 600/1973. A sostegno della tesi, veniva evidenziato il ruolo indipendente del trustee (autorizzato e vigilato dalla MFSA maltese), la presenza di un “investment adviser” svizzero privo di legami con il disponente e di un protector indipendente.
L’Agenzia delle entrate ha riconosciuto che, in presenza di una segregazione patrimoniale effettiva e di un trustee titolare di pieni poteri, il trust può assumere rilevanza fiscale autonoma. La conclusione è coerente con i chiarimenti già forniti nelle circolari n. 48/E/2007, n. 61/E/2010 e, da ultimo, nella n. 34/E/2022, le quali escludono la soggettività solo nei casi in cui il trust sia interposto, ad esempio per assenza di spossessamento reale o per eterodirezione da parte del disponente.
Il parere si fonda su una valutazione concreta dell’assetto operativo del trust, ribadendo che il potere del trustee di amministrare i beni in autonomia e la sua soggezione a responsabilità, anche in caso di delega, sono indici fondamentali per escludere l’interposizione.
Le due risposte costituiscono un’utile occasione per ribadire alcuni principi ormai consolidati in ambito di fiscalità dei trust esteri, ponendo in risalto l’approccio sostanzialistico dell’Amministrazione finanziaria: ciò che conta, in ultima analisi, è la concreta attuazione della segregazione patrimoniale e la piena indipendenza gestionale del trustee.
Tuttavia, emerge ancora una certa rigidità formale nella lettura del requisito soggettivo ai fini dell’articolo 27, comma 3-ter, D.P.R. 600/1973, laddove la mancanza della “forma societaria” esclude il trust dal beneficio della ritenuta ridotta, anche in presenza di una tassazione sostanzialmente equivalente a quella Ires.
È, pertanto, auspicabile una riflessione evolutiva sul piano normativo o convenzionale, per colmare le attuali discrasie tra forme giuridiche e regimi fiscali effettivi, nel rispetto del principio di neutralità fiscale e dei principi unionali in materia di non discriminazione tra soggetti residenti e non residenti.