4 Novembre 2013

Trust ed amministrazione di sostegno

di Luigi Ferrajoli
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Lo strumento del trust è sempre più spesso considerato un mezzo efficiente e sicuro da affiancare all’amministratore di sostegno nell’esercizio dei suoi compiti, in grado di tener conto dei bisogni e delle istanze del beneficiario della procedura, espresse nell’atto istitutivo di trust ed approvate dal giudice.

In tale senso si è espresso il Giudice Tutelare presso il Tribunale di Bologna nel decreto del 12/06/2013, con il quale ha autorizzato un amministratore di sostegno ad istituire un trust in favore di un soggetto adulto, nel quale far confluire i beni di quest’ultimo per preservarli e destinarli a soddisfare le sue esigenze, le sue aspirazioni e le sue legittime istanze per tutta la durata della sua vita.

La fattispecie in esame concerne un’ipotesi particolare, in quanto il beneficiario del trust è un soggetto maggiorenne, autosufficiente e lucido, capace di comprendere e decidere dei propri interessi, ma impossibilitato a provvedervi adeguatamente a causa della dipendenza dal gioco d’azzardo, problematica che aveva in precedenza reso necessaria la nomina dell’amministratore di sostegno.

L’amministratore di sostegno, su richiesta del beneficiario, aveva chiesto al Giudice Tutelare presso il Tribunale di Bologna l’autorizzazione alla costituzione di un trust nel quale conferire i beni ereditati dal beneficiario.

Nel decreto in esame, il Giudice ha innanzitutto rilevato la piena ammissibilità, nel nostro ordinamento, della costituzione di trust istituito con il patrimonio del beneficiario di amministrazione di sostegno, a seguito dell’introduzione della L. 364/1989, di ratifica della Convenzione dell’Aja del 01/7/1985; tale istituto ha infatti avuto conferma, quanto alla disciplina dei suoi effetti, nella disposizione di cui all’art.2645 ter Cod.Civ. che prevede espressamente la trascrizione degli atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela per soggetti disabili.

Secondo il Giudice, il vincolo di destinazione impresso sui beni, in tale modo, appare ancora più incisivo delle previsioni di cui agli artt. 410 e seguenti Cod.Civ. a tutela del beneficiario, poiché l’amministratore di sostegno deve sì tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario, ma la norma non esclude che possa comunque valutarne in modo diverso il migliore interesse.

Inoltre, in caso di contrasto tra l’amministratore ed il beneficiario, il Giudice Tutelare deve valutare, in contraddittorio con quest’ultimo, i provvedimenti più opportuni da adottare nel suo interesse, tuttavia la decisione finale spetta comunque all’Autorità giudiziaria.

Con l’istituzione del trust, espressivo delle richieste ed aspirazioni del beneficiario, i beni in esso trasferiti sono destinati esclusivamente alle finalità indicate nell’atto istitutivo (preventivamente depositato e valutato positivamente dal Giudice Tutelare) corrispondenti alle legittime istanze del beneficiario, consentendo a questi, una volta che il trust è stato autorizzato, di predeterminare, in modo vincolante anche per l’amministratore, gli scopi cui dovrà essere destinato il suo patrimonio.

Per tali motivi il Giudice Tutelare ha ritenuto che il trust in esame, oltre ad essere pienamente ammissibile, fosse anche particolarmente adatto a regolare la peculiare fattispecie in quanto ha rafforzato l’autonomia del beneficiario senza rischi per l’integrità del suo patrimonio.

Inoltre, secondo il Giudice, l’atto istitutivo del trust in oggetto ha distribuito in modo equilibrato e preciso i poteri tra il trustee, un professionista, e il guardiano, ossia l’amministratore di sostegno, assicurando anche un’adeguata copertura assicurativa allo stesso guardiano e contribuendo ancor di più a garantire una protezione adeguata al patrimonio del beneficiario.

Numerose pronunce di merito hanno seguito tale orientamento, secondo il quale l’utilizzo del trust valorizza lo scopo che ha ispirato l’istituto dell’Amministrazione di sostegno, ossia proteggere persone che si trovino in stati di oggettiva debolezza nella valutazione dei propri interessi, non riconducibili alle tradizionali forme di incapacità, tenendo in opportuna considerazione i loro interessi e le loro aspirazioni.

Anche il Tribunale di Milano si era già espresso in un caso analogo con la sentenza del 20/1/2011: si trattava in particolare di una madre affetta da vizio del gioco, preoccupata di non dover subire una eccessiva limitazione delle proprie capacità derivante da provvedimento giudiziario e al contempo, conscia del proprio problema che, se non limitato, avrebbe comportato la dispersione delle proprie sostanze, preoccupata di mantenere integro il proprio patrimonio nonché di trasmetterlo alla propria discendenza.