22 Novembre 2022

Trattamento Iva della cessione di immobili collabenti

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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La scheda di FISCOPRATICO

Con la risposta ad interpello n. 554 del 07.11.2022, l’Agenzia delle Entrate ha affrontato per la prima volta il tema del regime Iva applicabile alle cessioni di fabbricati “collabenti”, classificati catastalmente nella categoria F/2.

Nel rispondere all’interpello, l’Agenzia riprende la propria prassi precedente e afferma che il trattamento Iva delle cessioni di fabbricati dipende dalla classificazione catastale degli stessi al momento della cessione, indipendentemente dalla destinazione di fatto, successiva alla vendita.

Si rammenta, infatti, che, ai fini Iva, il criterio per la qualificazione degli immobili è fondato sulla classificazione catastale degli stessi, a prescindere dal loro effettivo utilizzo.

Nello specifico, si considerano fabbricati abitativi le unità immobiliari classificate o classificabili nella categoria catastale A (ad eccezione di A/10), mentre si considerano fabbricati strumentali le unità ricomprese nei gruppi catastali B, C, D, E e nella categoria A/10 (circolare 22/E/2013).

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 10, n. 8-bis), D.P.R. 633/1972, le cessioni di immobili abitativi risultano imponibili ad Iva (in quanto escluse dal regime di esenzione):

  • per “obbligo”, se effettuate dalle imprese costruttrici o ristrutturatrici, entro cinque anni dall’ultimazione dei lavori;
  • per “opzione”, se effettuate dalle stesse imprese costruttrici o ristrutturatrici, decorsi cinque anni dalla data di ultimazione dei lavori.

Diversamente, sono esenti da Iva:

  • le cessioni di immobili abitativi, poste in essere dalle imprese che li hanno costruiti o ristrutturati, decorsi cinque anni dalla data di ultimazione dei lavori (regime naturale in assenza di opzione);
  • le cessioni di immobili abitativi, poste in essere da imprese diverse da quella di costruzione o ristrutturazione (e quindi da imprese di compravendita immobiliare o da imprese di mera gestione).

Per quanto riguarda gli immobili strumentali, il n. 8-ter dell’articolo 10 D.P.R. 633/1972 ha:

  • da un lato, ampliato il periodo (da 4 a 5 anni) entro il quale le cessioni poste in essere dalle imprese che hanno costruito o ristrutturato l’immobile rientrano obbligatoriamente nell’ambito delle operazioni imponibili ai fini Iva;
  • dall’altro, modificato radicalmente le altre eccezioni al regime di esenzione dell’Iva.

Più nel dettaglio, sono imponibili ad Iva:

  • le cessioni poste in essere dalle imprese che hanno costruito o ristrutturato l’immobile, entro cinque anni dall’ultimazione dei lavori (l’unica novità per tali operazioni, quindi, è stato l’ampliamento di un anno del lasso temporale rispetto alla data di ultimazione dei lavori);
  • le cessioni poste in essere da qualsiasi impresa (compresa quella di costruzione o ristrutturazione decorso il termine di 5 anni dall’ultimazione dei lavori), per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imponibilità.

Nel caso oggetto di interpello, la vendita riguarda un complesso immobiliare sul quale sono stati realizzati parziali interventi di demolizione, attualmente accatastato nella categoria F/2 (unità collabenti), tranne una particella catastale censita come F/1 (aree urbane).

Al riguardo, è stato osservato che le suddette categorie catastali non rientrano in nessuna di quelle per le quali è applicabile il regime di esenzione Iva ai sensi dell’articolo 10, comma 1, nn. 8-bis e 8-ter, D.P.R. 633/1972.

Ne consegue che la cessione rientra nel regime di imponibilità, con aliquota Iva ordinaria (pari al 22%).

In considerazione del regime di imponibilità Iva della cessione dei fabbricati in parola, l’Agenzia ritiene applicabile l’imposta di registro fissa, nella misura di 200 euro (per il principio di alternatività ex articolo 40, comma 1, D.P.R. 131/1986), nonché le imposte ipocatastali anch’esse nella misura di 200 euro ciascuna.