12 Gennaio 2019

Trasformazione da società commerciale in società semplice non neutrale

di Alessandro Bonuzzi
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Accade sovente che una società commerciale intenda trasformarsi in una società semplice: in questi casi dubbi potrebbero sussistere con riferimento al corretto trattamento fiscale dell’operazione.

A tal fine potrebbe essere utile richiamare una pronuncia della Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, Ordinanza n. 30228 del 22 novembre 2018) la quale si presenta come un riferimento estremamente rilevante ai fini in esame.

La vicenda traeva origine da un avviso di accertamento emesso dall’Amministrazione finanziaria che riteneva la trasformazione di una società in accomandita semplice in società semplice un’operazione plusvalente ai fini dell’imposizione diretta, siccome implicava il passaggio di un’azienda agricola da un soggetto titolare di reddito d’impresa a un soggetto che, invece, non poteva possedere redditi d’impresa, bensì redditi rediti di natura fondiaria.

Il ricorrente impugnava l’atto deducendo che la trasformazione societaria operata, non avendo intento speculativo, non poteva generare materia imponibile.

La CTP, con la sentenza n. 395 del 30.05.2002, accoglieva il ricorso del contribuente. Successivamente, la CTR confermava l’esito del giudizio di primo grado, stabilendo che la trasformazione non aveva generato plusvalenza tassabile, atteso che la Sas aveva sempre svolto attività agricola e l’operazione straordinaria aveva come unico scopo quello di rendere meno onerosa la gestione dei rapporti sociali, in considerazione della circostanza che l’intensità dell’attività – allevamento del bestiame, colture intensive, eccetera – si era andata sempre più snellendo sino a rimanere quella di sola coltivazione del terreno di proprietà.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ribalta il verdetto in favore del Fisco affermando che la trasformazione di una società commerciale in società semplice (cd. “de-commercializzazione” di un ente societario), sia ai fini delle imposte dirette che dell’Iva, è equiparabile ad un trasferimento a titolo oneroso.

Ciò in quanto l’operazione comporta l’assunzione di una forma giuridica diversa, non compatibile con l’esercizio di un’impresa commerciale e, quindi, con il conseguimento di redditi d’impresa: il patrimonio sociale viene trasferito da un soggetto che per legge può conseguire solo reddito d’impresa ad un soggetto che, invece, sempre per legge, non può essere titolare di tale tipologia reddito.

È noto, infatti, il principio secondo cui il reddito prodotto da una società commerciale deve sempre e comunque essere considerato reddito d’impresa; pertanto, i beni appartenenti ad una società commerciale vanno considerati “beni relativi all’impresa”. Di contro, la società semplice non può esercitare un’attività commerciale, di conseguenza, non può essere titolare di reddito d’impresa e i beni ad essa appartenenti non possono essere considerati “beni relativi all’impresa”.

Di talché, la trasformazione di una società commerciale in società semplice determina la fuoriuscita dei beni sociali dal regime d’impresa, ovverosia la destinazione dei beni stessi a finalità estranee all’esercizio dell’impresa. L’operazione potrebbe, quindi, generale una plusvalenza imponibile laddove il valore normale dei beni – o dell’azienda nel suo complesso – al momento dell’operazione fosse superiore al costo fiscale.

In conclusione, a detta della Cassazione, rileva il seguente principio di diritto: “La trasformazione della società commerciale in società semplice, determinando un mutamento del regime reddituale dei beni sociali e la loro destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, comporta plusvalenza tassabile, ai sensi dell’articolo 54, comma 1, lett. d) del D.P.R. 917/1986 vigente ratione temporis (ora articoli 85, comma 2, e 86, comma 1, lett. c) del Tuir“.

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