1 Agosto 2022

Torna la CFC “a intermittenza”

di Ennio Vial
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La scheda di FISCOPRATICO

Come noto, la tassazione per trasparenza in base alla disciplina controlled foreign companies postula che siano soddisfatte entrambe le condizioni previste dal comma 4 dell’articolo 167 Tuir. In sostanza, devono essere contemporaneamente verificati sia il livello impositivo basso sia lo svolgimento dell’attività passiva.

Appare di tutta evidenza come queste condizioni possano risultare verificate o non verificate di anno in anno. La lettera della norma porta a ritenere che, se almeno una delle due condizioni non si verifica, la tassazione per trasparenza, eventualmente intervenuta in passato, viene meno.

La circolare 18/E/2021, tuttavia, contiene questa nuova precisazione che, assente nella bozza iniziale, ha creato un po’ di sconcerto tra gli operatori.

Per meglio comprendere il chiarimento, si ipotizzi che la CFC sia tassata per trasparenza negli esercizi n e n+1 e che nell’esercizio n+2 non integri le condizioni del tax rate test o del passive income test. L’Agenzia constata che il livello di tassazione e la percentuale di passive income possono, infatti, oscillare di anno in anno.

Nella circolare definitiva si legge che “In continuità con quanto già chiarito nella precedente circolare n. 23 del 2011, si ritiene che una volta che si sia reso applicabile il regime di imputazione dei redditi di una CFC, tale regime (ad eccezione, ovviamente, nell’ipotesi di perdita di controllo sulla entità estera) non può essere modificato sulla base dell’andamento degli indicatori di cui di cui all’articolo 167, comma 4, lettere a) e b) del Tuir”.

In sostanza, una volta entrati nel regime CFC, la società non potrà più uscire dal regime salvo adottare le seguenti soluzioni:

  • disfarsi del controllo in modo non artificioso;
  • dimostrare l’esimente di cui al comma 5.

Si tratta di una presa di posizione inaccettabile e non allineata con il dato normativo.

La tesi è stata completamente rivista nella circolare 29/E/2022 del 28 luglio scorso.

Deve ora ritenersi pacifico che, nell’esempio proposto in precedenza, nell’esercizio n + 2 per certo la disciplina CFC non opera e la tassazione per trasparenza non interviene. Invero, per essere più precisi, l’Agenzia afferma che la tassazione può non intervenire in quanto viene accettato il comportamento del contribuente che decide di proseguire con la predetta tassazione.

Le ragioni addotte per questo cambio di posizione sono sostanzialmente legate al fatto che il quadro FC consente di effettuare il monitoraggio dei valori di bilancio, dei redditi e delle perdite per cui si riesce a gestire anche anni intermedi in cui la tassazione per trasparenza non opera.

Il ripensamento dell’Agenzia è ovviamente benvenuto. È inoltre interessante la concessione della possibilità di proseguire nella tassazione per trasparenza su scelta del contribuente anche se le condizioni del comma 4 non sono verificate. In sostanza, ciò che la circolare 18/E/2021 proponeva come obbligo diventa ora una mera facoltà.

Chi scrive coglie una ulteriore opportunità in fondo a pagina 3 della circolare ove si legge che “il regime di tassazione per trasparenza, una volta adottato dal contribuente (per scelta volontaria oppure per il concretizzarsi delle condizioni di ingresso nel regime CFC), può venire ad interrompersi anche in base all’andamento dell’ETR test e/o del passive income test”.

Sembrerebbe di intendere – ma la cosa andrebbe opportunamente chiarita – che il regime di tassazione per trasparenza potrebbe essere una opzione sempre esercitabile da parte del contribuente anche in mancanza del verificarsi delle condizioni del comma 4 dell’articolo 167 Tuir. Ricordiamo che la tassazione per trasparenza permette di esentare (nei limiti di quanto già tassato) i dividendi successivamente distribuiti.