17 Marzo 2020

Terzo settore: la recente prassi amministrativa

di Guido Martinelli
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La scheda di FISCOPRATICO

Il 27 febbraio scorso evidenziavamo i problemi che nascevano dalla circostanza che, a circa un anno dalle prime notizie sull’esistenza della bozza di decreto sulle attività diverse, di cui all’articolo 6 del codice del terzo settore, il medesimo non fosse ancora approdato alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (si legga il precedente contributo “Le attività diverse, lo sport e il terzo settore”).

Purtroppo continueremo ad attenderlo.

Il Consiglio di Stato, infatti, con proprio provvedimento n. 248/2020 del 29.01.2020 ha sospeso l’espressione del proprio parere sulla bozza che era stata approvata, sollecitando chiarimenti da parte del Ministero.

Prescindendo da alcuni aspetti meramente formali, i rilievi si fondano sul presupposto che, alla data di formulazione del parere, non risultava ancora inviata (e quindi non se ne conosceva il conseguente parere) alla Unione europea la richiesta di autorizzazione al pacchetto di agevolazioni fiscali inserite nel codice del terzo settore.

In particolare, l’attenzione che viene formulata è alla circostanza che: “il decreto attuativo dell’articolo 6 del cts … amplia l’ambito oggettivo (e soggettivo) di applicazione dei sistemi forfetari di cui ai citati articoli 80 e 86 e delle altre agevolazioni fiscali senza delimitare sufficientemente il parametro della strumentalità.

Pertanto diventava necessario verificare preventivamente “la compatibilità comunitaria delle disposizioni in esame”.

La prima nota del Ministero del Lavoro in commento è la n. 2088 del 27.02.2020.

In questo documento viene chiarito che, non essendo le disposizioni di cui agli articoli 8 (destinazione del patrimonio e divieto di scopo di lucro) e 16 (recante la disciplina del lavoro negli enti del terzo settore) collegate alla entrata in vigore del Registro Unico nazionale del terzo settore, queste debbono intendersi già applicabili dalla data di entrata in vigore del codice (3 agosto 2017).

Ovviamente, con riferimento al requisito oggettivo, le norme si applicano ai i rapporti instaurati da tale data in avanti, per il principio della irretroattività delle leggi.

Per quanto riguarda, invece, l’ambito soggettivo, queste norme troveranno applicazione per organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale; per le Onlus, invece, essendo provvisoriamente ancora in vigore la disciplina di cui al D.Lgs. 460/1997, sarà ancora questa il riferimento per la definizione, ad esempio, di lucro indiretto.

Per la determinazione dei valori di retribuzione su cui calcolare il lucro indiretto il Ministero ritiene che: “… saranno quelli scaturenti dai diversi livelli della contrattazione collettiva (nazionale, territoriale o aziendale). In particolare, stante il generico riferimento dell’articolo 8 comma 3 al concetto di retribuzione, si ritiene che debba essere presa a riferimento a tal fine anche la parte variabile della retribuzione …”.

La nota conclude confermando che la sussistenza di qualsiasi forma di rapporto di lavoro con l’ETS preclude al lavoratore la possibilità di svolgere attività di volontariato per il medesimo ente.

L’ultima nota da esaminare è la n. 2243 del 04.03.2020.

In via preliminare si conferma che uno degli elementi qualificanti la natura di Ets sia l’aspetto privatistico: “con conseguente esclusione delle pubbliche amministrazioni dal perimetro del terzo settore”.

Ciò premesso il documento di prassi amministrativa interviene per chiarire la portata dell’articolo 4, comma 2, del codice del terzo settore, laddove introduce il principio che gli Ets non possano essere sottoposti “a direzione e coordinamento o controllatida amministrazioni pubbliche, formazioni e associazioni politiche, sindacati, associazioni professionali, di rappresentanza di categorie economiche o di datori di lavoro.

Assodato che la natura associativa impedisce ogni applicazione del concetto di controllo alla misura della partecipazione del capitale, il Ministero ritiene che detta situazione si verifichi: “laddove l’atto costitutivo e lo statuto riservino ad un determinato soggetto”, ricompreso nell’elenco sopra ricordato, “la maggioranza dei voti esercitabili nell’organo assembleare, di indirizzo o nell’organo amministrativo, a prescindere dai diversi schemi di governance che gli Ets possono adottare”.

Il Ministero ricorda come possa sussistere anche una forma di controllo esterno, pertanto comunque vietato, nel caso in cui vi siano “accordi di natura contrattuale tra due o più enti, dei quali quello (o quelli) appartenente alle categorie escluse sia posto in condizione, in virtù di tali accordi, di esercitare un’influenza dominante sull’altro, determinandone gli indirizzi gestionali”.

Per quanto riguarda, invece, la sussistenza di una attività di direzione e coordinamento da parte dei soggetti esclusi, questa, secondo il Ministero, dovrà essere verificata in concretosulla base di elementi suscettibili di indicare una effettiva influenza sulla gestione da parte del soggetto escluso”.

Si specifica, infine, che per le imprese sociali varranno, invece, le specifiche discipline in materia previste dal D.Lgs. 112/2017.