13 Maggio 2025

Tassazione degli immobili patrimonio locati dalle imprese

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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La scheda di FISCOPRATICO

Nell’ambito delle disposizioni che regolano il reddito d’impresa (Tuir), gli immobili sono suddivisi in tre categorie:

  1. immobili strumentali (articolo 43, Tuir), che a loro volta possono essere “per natura” (classificati nelle categorie A/10, B, C, D ed E), che mantengono la strumentalità anche se non utilizzati o concessi in locazione o comodato, o “per destinazione” (utilizzati direttamente ed esclusivamente per l’attività d’impresa, a prescindere dalla categoria catastale di appartenenza), che concorrono alla formazione del reddito d’impresa in base alle risultanze contabili (deduzione dei costi, tassazione dei relativi proventi, scorporo del valore dell’area, ecc.);
  2. immobili merce, costituenti oggetto dell’attività d’impresa, che concorrono alla formazione del reddito d’impresa quale rimanenze finali, valorizzate secondo le disposizioni dell’articolo 92, Tuir (ovvero articolo 93 per le opere ultrannuali);
  3. immobili non strumentali (o “patrimonio”), individuati per esclusione in quanto non rientranti nelle precedenti categorie indicate. Si tratta di immobili di natura abitativa (altrimenti rientrano tra quelli strumentali per natura), non utilizzati direttamente per lo svolgimento dell’attività d’impresa, né oggetto proprio dell’attività d’impresa.

Mentre per gli immobili inclusi nelle prime due fattispecie (strumentali e merce) non si pongono particolari questioni fiscali, in quanto concorrono alla formazione del reddito d’impresa in base alle risultanze contabili (salvo verificare l’eventuale impatto della disciplina dello scorporo del valore del terreno per i fabbricati strumentali), per quelli non strumentali (c.d. “patrimonio”) si deve aver riguardo al reddito catastale degli stessi. In buona sostanza, in base all’articolo 90, Tuir, per quelli locati è necessario in primo luogo procedere alla sterilizzazione dei componenti iscritto nel Conto economico tramite una variazione in aumento dei relativi costi (spese di manutenzione e gestione degli stessi) e ad una variazione in diminuzione dei componenti positivi (canone di locazione risultante dal contratto). Infine, tramite una variazione in aumento si deve far concorrere alla formazione del reddito d’impresa (articolo 90, comma 1, quarto periodo, Tuir) l’importo maggiore che emerge dal seguente confronto:

  • canone di locazione risultante dal contratto, ridotto di un importo massimo del 15% in presenza di spese di manutenzione ordinaria effettivamente sostenute e documentate;
  • rendita catastale rivalutata del 5%.

La prima ipotesi riguarda la concessione in locazione dell’immobile “patrimonio” in regime d’impresa con determinazione del canone in regime di libero mercato. In tale ipotesi, l’importo che rileva nella determinazione del reddito d’impresa è il maggiore tra:

  • canone di locazione risultante dal contratto, eventualmente ridotto di un importo massimo pari al 15% dello stesso canone in presenza di spese di manutenzione ordinaria sostenute ed effettivamente rimaste a carico del locatore;
  • rendita catastale rivalutata del 5%.

Per i contratti a canone concordato stipulati dalle imprese aventi ad oggetto immobili patrimonio, la circolare n. 150/E/1999 ha precisato che una volta determinato il reddito imponibile dei fabbricati locati (canone di locazione ridotto del 15% in presenza di spese di manutenzione ordinaria effettivamente sostenute se superiore alla rendita catastale rivalutata del 5%) si applica l’ulteriore riduzione del 30%.

L’articolo 90, comma 1, ultimo periodo, Tuir, stabilisce che “per gli immobili locati riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell’articolo 10 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, qualora il canone risultante dal contratto di locazione ridotto del 35 per cento risulti superiore al reddito medio ordinario dell’unità immobiliare, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione”. La riportata disposizione normativa è stata oggetto di modifiche ad opera dell’articolo 4, comma 5-sexies, lettera b), D.L. 16/2012, e si è stabilito che per gli immobili cd. “vincolati” (ossia riconosciuti di interesse storico-artistico a norma dell’articolo 10, D.Lgs. 42/2004) l’importo rilevante nella determinazione del reddito d’impresa è pari al maggiore tra:

  • il canone di locazione risultante dal contratto ridotto del 35%;
  • il reddito medio ordinario dell’unità immobiliare.

Per quanto riguarda il primo dei due predetti parametri, si segnala che la riduzione del canone di locazione spetta a titolo forfettario, e quindi a prescindere dalla circostanza che il locatore abbia sostenuto delle spese di manutenzione. In relazione invece al “reddito medio ordinario” con cui confrontare il predetto canone ridotto, l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 114/E/2012 ha precisato che si deve aver riguardo alla rendita catastale rivalutata ridotta del 50%. Si tratta, in buona sostanza, dello stesso parametro che deve essere utilizzato nei casi in cui l’immobile non sia concesso in locazione a terzi.

L’ulteriore fattispecie che deve essere oggetto di analisi riguarda la locazione di immobili “vincolati” in regime di canone concordato, ai sensi della L. 431/1998. In tale ipotesi, è infatti necessario domandarsi se il canone di locazione, già ridotto forfettariamente del 35%, possa essere successivamente ulteriormente ridotto del 30% in applicazione dell’articolo 8, L. 431/1998. La risposta affermativa è arrivata da parte dell’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interrogazione parlamentare del 31 ottobre 2012, n. 5-08349, in cui è stato precisato che “l’Agenzia delle Entrate ritiene che, qualora siano gli immobili di interesse storico o artistico, così come le altre tipologie di immobili, ubicati in comuni ad alta densità abitativa e siano locati con contratti stipulati o rinnovati ai sensi del comma 3 dell’articolo 2 della legge n. 431 del 1998, il relativo reddito, determinato ai sensi del comma 4-bis dell’articolo 37 del TUIR, è ulteriormente ridotto del 30 per cento in applicazione del comma 1 dell’articolo 8 della legge n. 431 del 1998”.

In buona sostanza, per gli immobili in questione locati a canone concordato l’importo rilevante nella determinazione del reddito d’impresa è pari al maggiore tra:

  • il canone di locazione risultante dal contratto ridotto dapprima del 35% a titolo forfettario (ex articolo 90, comma 1, Tuir) e successivamente ulteriormente ridotto del 30%, ai sensi dell’articolo 8, L. 431/1998;
  • la rendita catastale rivalutata ridotta del 50%.