22 Novembre 2014

Tardività su pagamenti rateali con l’Agenzia

di Comitato di redazione
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Il versamento delle imposte in forma rateale è ormai divenuto un comportamento connaturato con la pratica quotidiana e ne rappresentano testimonianza le numerose casistiche che seguiamo negli studi, confermate dallo scambio di opinione tra colleghi nel corso della seconda giornata del Master Breve.

Veniamo allora a cercare di risolvere alcuni dubbi che sembrano essere ancora sussistenti sulla materia, cominciando dalla rateazione degli avvisi bonari.

La questione sulla quale si discute verte sulle conseguenze che si determinano in caso di mancato pagamento di una rata del piano.

In linea di principio, la norma (articolo 3-bis, comma 4, del D. Lgs. n. 462/1997) prevede che: “Il mancato pagamento della prima rata entro il termine di cui al comma 3 (ndr: 30 giorni dalla notifica dell’avviso bonario in forma cartacea), ovvero anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, comporta la decadenza dalla rateazione e l’importo dovuto per imposte, interessi e sanzioni in misura piena, dedotto quanto versato, è iscritto a ruolo.

Il messaggio è quindi chiaro: se non rispetto gli impegni (ritardo prolungato per oltre 3 mesi), perdo tanto il beneficio della rateazione quanto quello della sanzione ridotta al 10% (ci riferiamo alla casistica di cui al 36-bis del D.P.R. n. 600/1973).

Ma che accade se non si versa l’ultima rata del piano (oppure la si versa con ritardo superiore a 3 mesi), posto che non si potrebbe materialmente configurare un ritardo rispetto al “… termine di pagamento della rata successiva”, proprio in quanto si tratta dell’ultima quota dovuta al fisco? Nessun dubbio rispetto all’applicabilità della sanzione del 30% sulla singola quota ma, effettivamente, sembrerebbe non potersi configurare l’ipotesi patologica prevista dalla norma.

Analoga problematica si pone per la questione dei versamenti rateali connessi alla definizione di accertamenti con adesione o alti istituti deflattivi.

In tal senso, l’articolo 8, comma 3-bis, del D. Lgs. n. 218/1997 prevede che: “In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute e della sanzione di cui all’ articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, applicata in misura doppia, sul residuo importo dovuto a titolo di tributo”.

Anche in questo caso, come appare evidente dal tenore letterale della norma, si evidenzia una patologia generale (tardività “prolungata” nel pagamento di una rata diversa dalla prima), individuando il periodo massimo di tolleranza con la scadenza della rata successiva; tutto bene in corso di rateazione, ma il problema insorge ancora quando si tratti dell’ultima scadenza del piano.

Il problema può essere affrontato con due differenti chiavi interpretative:

  1. un approccio meramente letterale;
  2. un approccio di tipo logico sistematico.

Nel primo caso, si sosterrà che, essendo assente la data di scadenza della rata successiva, non si potrà mai incorrere nell’ipotesi di decadenza dal beneficio (non tanto della rateazione, ormai conclusa, quanto della applicazione della sanzione in misura ridotta per il caso del bonario e della non applicazione della sanzione maggiorata del 60% nel caso di accertamento con adesione).

Nel secondo caso, si sosterrà, invece, che pur mancando una data di calendario prefissata, si potrà agire con una assimilazione, facendo coincidere il periodo massimo di tolleranza con l’ultimo giorno del terzo mese successivo a quello di scadenza, come se, idealmente, il piano proseguisse e vi fossero ancora rate pendenti.

Il primo approccio è certamente quello più rassicurante per il contribuente, anche se va notato che determinerebbe una disparità di trattamento tra ritardi, a seconda delle rate interessate.

Infatti, non vi sarebbe una ragione determinante per trattare con maggior favore un ritardo rispetto ad un altro, né, per la verità, si potrebbe attribuire una motivazione ad un trattamento di maggior favore verso due soggetti che, in linea di principio, si sono resi autori di una identica violazione.

Il secondo approccio, però, presta anch’esso il fianco ad una critica, vale a dire l’applicazione di una sanzione ad una violazione che non sarebbe materialmente configurabile, in evidente spregio del principio di specialità della sanzione.

L’Agenzia delle entrate, dal canto suo, non sembra avere indicato specifiche regole di comportamento per trattare le suddette vicende, nemmeno nella Circolare n. 41/E del 5 agosto 2011, nella quale si è soffermata a commentare l’articolo 8 del D. Lgs. n. 21/1997.

Una soluzione drastica, dunque, non si può individuare con assoluta certezza, dovendosi concludere per una suggerimento di esclusivo buon senso:

  • ove sia possibile, apparirà utile consigliare al contribuente un ravvedimento operoso nel termine ultimo di scadenza di tre mesi dall’originaria scadenza;
  • ove ciò non sia possibile, oppure ove ci si avveda dell’irregolarità oltre il termine ultimo per il rimedio, si utilizzerà il primo approccio a titolo difensivo, magari facendo anche leva sul fatto che il contribuente ha provveduto al versamento di tutte le somme scadute in precedenza e, per conseguenza, ha dato manifestazione della volontà di adempiere in modo corretto.