18 Novembre 2013

Sulla caducazione dell’atto impositivo per illegittimità derivata

di Massimiliano TasiniPatrizia Pellegrini
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L’esercizio della funzione impositiva presuppone lo svolgimento dell’istruttoria tributaria che è attività amministrativa volta all’acquisizione dei fatti rilevanti ai fini dell’emissione dell’atto di accertamento.

L’istruttoria tributaria, implicando, tra l’altro, l’attribuzione all’Amministrazione Finanziaria di una serie di poteri di indagine e di intervento, è necessariamente informata al criterio di legalità da cui discende la tassatività dei poteri istruttori, nell’ottica della salvaguardia delle garanzie costituzionali giuridicamente apprezzabili.

Il problema oggetto dell’odierna trattazione attiene alle conseguenze che subisce un atto amministrativo in sé valido per effetto dell’invalidità/illegittimità di altro atto, precedente o presupposto, con il quale sia legato da un nesso di natura procedimentale o da un rapporto di presupposizione, posto che nel corpus normativo regolante il diritto tributario non trova espressione il principio di illegittimità derivata, viceversa codificato in altri rami dell’ordinamento giuridico.

Viene qui in rilievo il problema della tutela del contribuente a fronte di indagine-istruttoria che si svolga in modo potenzialmente lesivo delle proprie posizioni soggettive di rango costituzionale (inviolabilità del domicilio, diritto alla riservatezza, diritto al libero esercizio della propria attività economica ecc.), nonché, e per conseguenza, dei propri interessi legittimi (avuto riguardo alla pretesa impositiva), in considerazione del fatto che gli atti istruttori, aventi carattere infraprocedimentale, non sono autonomamente impugnabili per inidoneità a creare una lesione immediata nella sfera giuridica del privato.

L’art. 52 secondo comma del DPR 633/72, e specularmente l’art. 33 primo comma del DPR 600/73 per espresso richiamo, nel disciplinare l’accesso nei locali ad uso abitativo allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture ed altre prove delle (eventuali) violazioni, ne subordina il potere alla previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica e soltanto per il caso di gravi indizi di violazione delle norme tributarie.

L’elaborazione giurisprudenziale a tal riguardo ha registrato pronunce apparentemente di segno opposto.

In particolare, la Cassazione ha ritenuto che gli elementi di prova irritualmente raccolti, per l’ipotesi di violazione delle garanzie intrinseche alle regole dell’attività di Polizia Giudiziaria e del processo penale, sono inidonei a sostenere la nullità dell’accertamento tributario su di essi fondato, poiché tale non è l’ipotesi contemplata dagli artt. 52 e ss del DPR 633/72 che disciplinano, invece, le modalità dell’accesso nei luoghi di abitazione da parte della Polizia Tributaria: l’autonomia dei due procedimenti consente di ritenere che la nullità che investe il procedimento penale non ha rilievo nel procedimento tributario (così Cass. 8344/2001; conformi, Cass. 1383/2002, 4987/2003, 4741/2010 e 22984/2010).

Quel che qui rileva è la circostanza che nelle pronunce richiamate il diritto violato dal quale si vorrebbe far discendere l’inutilizzabilità degli elementi di prova acquisiti in nessun caso inerisce a situazioni soggettive costituzionalmente garantite.

Viceversa, il Supremo Consesso ha ritenuto l’invalidità derivata dell’atto impositivo finale in tutte le ipotesi di incidenza della specifica attività amministrativa su posizioni soggettive aventi rango costituzionale, tutelate dai precetti costituzionali che sovraintendono alle libertà inviolabili, altresì statuendo la giurisdizione piena ed esclusiva del giudice tributario in tutte le fasi del procedimento che hanno portato all’adozione ed alla formazione di quell’atto.

Di tal che, l’eventuale giudizio negativo in ordine alla legittimità di qualche atto prodromico può determinare la caducazione per illegittimità derivata dell’atto finale nel caso in cui il fondamento di quell’atto si regga su quegli elementi probatori illegittimamente acquisiti, mentre sarà colpito dalla sola sanzione dell’inutilizzabilità degli stessi l’atto che comunque conservi una propria consistenza. (così Cass. 16424/2002, Cass. 16412/2007, 5791/2008, 6315/2009, 23595/2011, 17957/2012).

In buona sostanza, il dato che ragionevolmente pare potersi registrare è la sostanziale conformità, ovvero un contrasto solo apparente, dell’elaborazione giurisprudenziale la quale ritiene possa determinarsi la caducazione dell’atto impositivo finale o l’inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite solo al verificarsi della lesione di posizioni soggettive costituzionalmente protette, avuto riguardo alla garanzia difensiva accordata, in generale, dall’art. 24 Cost. (Cass. 8181/2007; 19689/2004).

In tal modo, pur dovendo affermare che i vizi dell’atto istruttorio non rilevano ex se, ma i suoi effetti refluiscono sull’atto di imposizione finale, non può negarsi la concretezza degli strumenti di tutela (differita) contro gli atti istruttori illegittimi in relazione all’esercizio del potere fiscale di controllo, mentre allo stato rimane priva di tutela (immediata) la violazione dei diritti costituzionalmente protetti (eventualmente) determinata dall’atto istruttorio illegittimo.