4 Giugno 2016

Studi di settore e correttivi: un atto di fede!

di Comitato di redazione
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La recente emanazione della circolare 24/E in tema di studi di settore ci consente di fare il seguente tentativo: rispondere alla domanda del cliente in merito alla tipologia ed all’ammontare dei correttivi anticrisi a lui spettanti per il periodo di imposta 2015.

Il D.M. dello scorso 12 maggio ha previsto, per gli studi di settore applicabili al periodo di imposta 2015, le seguenti cinque tipologie di correttivi:

  1. interventi relativi all’analisi di coerenza economica;
  2. interventi relativi all’analisi di normalità economica riguardanti l’indicatore “Durata delle scorte”;
  3. correttivi congiunturali di settore;
  4. correttivi congiunturali territoriali;
  5. correttivi congiunturali individuali.

I correttivi 3), 4) e 5) si applicano ai soli soggetti che presentano ricavi/compensi dichiarati ai fini della congruità inferiori al ricavo/compenso puntuale di riferimento, derivante dall’applicazione dell’analisi di congruità e di normalità economica (tenuto conto dell’eventuale correttivo evidenziato al punto 2) dell’elenco).

La circolare precisa che “si tratta di correttivi con una struttura simile a quella adottata per gli studi applicabili al periodo di imposta 2014, ma con un’importante novità riguardante l’introduzione di un correttivo relativo all’analisi di coerenza economica.

La motivazione di fondo è sostanzialmente chiara: è stata utilizzata una metodologia che prevede la predisposizione di un apposito studio sull’analisi dell’efficienza produttiva per 193 studi di settore, con l’esclusione dei 12 studi di settore relativi alle attività professionali che applicano funzioni di compenso basate sul numero degli incarichi.

Infatti, per l’anno 2015, molte attività economiche soggette agli studi di settore sono state caratterizzate da una riduzione dell’efficienza produttiva, rispetto al quadriennio precedente, a seguito:

  • della riduzione dei ricavi/compensi;
  • del minor grado di utilizzo dei fattori produttivi impiegati (il lavoro e il capitale), collegati alla situazione di crisi economica.

Fin qui riusciamo a dominare la situazione, avendo compreso che il punto centrale è lo studio dell’efficienza produttiva da adattare mediante confronto nel tempo del dato.

Ma come possiamo spiegare al nostro cliente cosa è l’efficienza produttiva della sua azienda?

La domanda non pare infondata se si prosegue l’analisi della circolare: “l’analisi dell’efficienza produttiva è stata effettuata analizzando le informazioni contenute nella banca dati degli studi di settore in relazione ai periodi d’imposta 2011-2014 su un panel non bilanciato e utilizzando una frontiera di produzione stocastica che mette in relazione il valore della produzione con gli input produttivi impiegati (valore dei beni strumentali e numero di addetti)”.

Temiamo di intravedere nel cliente i primi segni di impazienza: concetti quali “panel non bilanciato” e “frontiera di produzione stocastica” non sono certamente nel suo DNA; alla faccia della trasparenza dello strumento!

Riusciamo però a tener viva l’attenzione dell’interlocutore rassicurandolo sul fatto che i coefficienti relativi ai fattori della produzione (valore dei beni strumentali e numero di addetti) e gli indici di dispersione statistici della frontiera di produzione stocastica sono individuati per singolo studio di settore e riportati in appositi allegati (che sfogliamo con disinvoltura tanto per dimostrargli che – nonostante i termini preoccupanti –  si tratta sostanzialmente di dati opportunamente incasellati in alcune tabelle).

L’efficienza produttiva è risultata indicativa della capacità del soggetto economico di combinare gli input produttivi impiegati in maniera efficiente, nel senso di ottenere un valore della produzione il più vicino possibile a quello potenziale di efficienza.

Il confronto nel tempo dell’efficienza produttiva viene effettuato studiando l’andamento della “grandezza”, mettendo a raffronto il dato del periodo d’imposta 2015, rispetto a quella storica di riferimento, individuata come il maggior valore di efficienza produttiva del triennio precedente (periodi d’imposta 2012-2014).

La misura dell’intervento correttivo previsto per la normalità economica e del correttivo congiunturale individuale è stata calcolata sulla base della variazione dell’efficienza produttiva del singolo contribuente (differenza tra il valore dell’efficienza produttiva relativa al 2015 e il più elevato valore di efficienza produttiva relativamente agli anni 2012, 2013 e 2014).

L’indicatore di efficienza produttiva permette di considerare contemporaneamente il contributo alla produzione dei fattori produttivi impiegati (lavoro e capitale); questo aspetto è tanto più importante quanto più alto è il grado di sostituzione tra capitale e lavoro.

Questo è il tentativo che abbiamo fatto per spiegare al nostro cliente il motivo per cui i suoi correttivi per il 2015 sono più o meno in linea con quelli del passato; gli abbiamo mostrato il calcolo di Gerico, la circolare, il decreto ministeriale, facendo sfoggio di concetti matematici (che, in tutta sincerità, ci sono del tutto oscuri ma che abbiamo finto di possedere e dominare).

Lui se ne va abbastanza perplesso, sicuro che la vicenda sia ascrivibile ad una delle due seguenti motivazioni:

  • il suo commercialista, causa stress da scadenze, è stato colto da una brutta malattia (non se ne ricorda il nome, ma deve essere qualche cosa che ha colpito il sistema della frontiera stocastica, insomma, qualcosa di veramente grave);
  • il suo commercialista è in evidente combutta con il sistema; usando termini incomprensibili cerca di fargli pagare più imposte del dovuto.

Scegliete voi la soluzione che più vi piace, tanto il risultato rimane il medesimo.