12 Maggio 2017

Stabile organizzazione personale e poteri di rappresentanza

di Marco Bargagli
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L’articolo 162, commi 6 e 7 del Tuir contempla la disciplina di riferimento relativa alla stabile organizzazione personale in Italia da parte di un soggetto non residente.

Nello specifico, costituisce stabile organizzazione dell’impresa estera il soggetto che nel territorio dello Stato conclude:

  • abitualmente,
  • in nome dell’impresa stessa,
  • contratti diversi da quelli di acquisto di beni.

Tuttavia, non costituisce stabile organizzazione dell’impresa non residente il solo fatto che essa eserciti nel territorio dello Stato la propria attività per mezzo di un mediatore, di un commissionario generale ossia di ogni altro intermediario che goda di uno status indipendente, a condizione però che tali soggetti agiscano nell’ambito della loro ordinaria attività.

In sintesi, si realizza una stabile organizzazione personale solo quando al cd. “agente dipendente” viene attribuita la rappresentanza del soggetto estero, mentre non è sufficiente la mera possibilità di stipulare contratti in nome dell’impresa estera.

In base alle disposizioni contenute nel Tuir, infatti, perché si configuri una stabile organizzazione personale l’agente dipendente deve avere il potere di concludere contratti in nome dell’impresa non residente. Di contro, a livello internazionale, l’agente dipendente deve avere il potere di concludere contratti per conto dell’impresa, ovvero deve agire sulla base di specifici poteri necessari alla conclusione dei contratti.

In particolare, ai sensi dell’articolo 5, par. 5, del modello di convenzione OCSE, quando una persona (che non è un agente indipendente) agisce per conto di un’impresa ed esercita abitualmente in un determinato Stato il potere di concludere contratti in nome della stessa, si può considerare che tale impresa abbia una “stabile organizzazione” in detto Stato.

Pertanto, l’agente dipendente, a differenza di quello indipendente, ha il potere di negoziare, definire e concludere – nello Stato estero – contratti in nome e per conto dell’impresa.

Inoltre, lo stesso agente deve operare con carattere di abitualità, esercitando i poteri conferiti da parte del soggetto estero e deve avere una certa stabilità nella permanenza all’estero, nel rispetto del richiesto requisito della fissità.

Ciò posto, il complesso tema relativo alla individuazione della stabile organizzazione è stato affrontato, in sede di legittimità, dalla suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 3769 del 9 marzo 2012.

Gli ermellini si sono pronunciati in relazione ai contenuti di un processo verbale di constatazione, sulla base del quale era stato proposto il recupero a tassazione di maggiori redditi imponibili, imputabili alla stabile organizzazione occulta di un soggetto non residente di diritto olandese.

Nello specifico, l’Ufficio aveva accertato la presenza della permanent establishment in virtù dell’esecuzione di atti eccedenti l’ordinaria attività di commissionaria alla vendita, ordinariamente svolta da parte della controllata italiana ove era individuata la stabile occulta.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del contribuente, rilevando che la società partecipata italiana ha agito nei confronti del pubblico spendendo il proprio nome e non quello della casa madre.

Di conseguenza, la stessa società residente in Italia ha operato “in proprio”, oltre che direttamente “nel proprio interesse”.

Più in particolare, si legge nella sentenza, l’agente italiano promuoveva e riceveva ordini che sono stati inviati direttamente a un deposito dal quale i beni sono stati consegnati e dove la società estera regolarmente approvava le operazioni.

In definitiva, secondo la Corte, poteva concludersi che:

  • non vi era alcun “attivo coinvolgimento” della società committente nella conclusione dei contratti proposti dalla commissionaria;
  • la circostanza che la controllata italiana avesse la possibilità di stipulare contratti in nome della controllante estera, non comporta necessariamente l’individuazione di particolari poteri di rappresentanza elemento che, invece, deve essere valutato separatamente, sulla base di un approccio di effettività sostanziale.
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