20 Luglio 2022

Stabile organizzazione: indeducibilità degli interessi passivi

di Marco Bargagli
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La scheda di FISCOPRATICO

Una delle forme di investimento nel mercato estero utilizzabile da parte di un’impresa italiana è quella riferita alla costituzione di una stabile organizzazione, ossia una sede fissa di affari attraverso la quale la casa madre residente in Italia esercita un’attività d’impresa nello Stato estero.

A livello domestico, ex articolo 162 Tuir, la stabile organizzazione comprende:

a) una sede di direzione;

b) una succursale;

c) un ufficio;

d) un’officina;

e) un laboratorio;

f) una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali, anche in zone situate al di fuori delle acque territoriali in cui, in conformità al diritto internazionale consuetudinario ed alla legislazione nazionale relativa all’esplorazione ed allo sfruttamento di risorse naturali, lo Stato può esercitare diritti relativi al fondo del mare, al suo sottosuolo ed alle risorse naturali;

f-bis), una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso.

In ambito internazionale, il contesto giuridico di riferimento è contenuto nell’articolo 5 del modello Ocse di convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi, a norma del quale la stabile organizzazione materiale è caratterizzata dai seguenti elementi:

  • presenza di una sede d’affari (disponibilità di risorse umane e materiali);
  • la sede d’affari deve essere fissa (ossia essere situata in un determinato territorio con carattere di permanenza e stabilità);
  • esercizio, tramite la sede fissa di affari, un’attività d’impresa.

Di contro, avuto riguardo alla stabile organizzazione personale l’articolo 162, comma 6, Tuir, prevede che: “…se un soggetto agisce nel territorio dello Stato per conto di un’impresa non residente e abitualmente conclude contratti o opera ai fini della conclusione di contratti senza modifiche sostanziali da parte dell’impresa e detti contratti sono in nome dell’impresa, oppure relativi al trasferimento della proprietà, o per la concessione del diritto di utilizzo, di beni di tale impresa o che l’impresa ha il diritto di utilizzare, oppure relativi alla fornitura di servizi da parte di tale impresa, si considera che tale impresa abbia una stabile organizzazione nel territorio dello Stato in relazione a ogni attività svolta dal suddetto soggetto per conto dell’impresa, a meno che le attività di tale soggetto siano limitate allo svolgimento delle attività di cui al comma 4 (ossia le attività qualificabili come ausiliarie e preparatorie n.d.r.) le quali, se esercitate per mezzo di una sede fissa di affari, non permetterebbero di considerare questa sede fissa una stabile organizzazione ai sensi delle disposizioni del medesimo comma 4”.

La suprema Corte di cassazione, sezione 5 civile, con la recente ordinanza n. 22545/2022 pubblicata il 18.07.2022, ha pronunciato importanti principi di diritto in tema di stabile organizzazione riferiti, in particolare, alla deducibilità degli interessi passivi derivanti dalla concessione di un prestito da parte della casa madre.

Nel caso esaminato da parte degli Ermellini, la Suprema Corte ha analizzato la convenzione internazionale tra l’Italia e il Regno Unito in tema di doppia imposizione stipulata il 21 ottobre 1988 e ratificata dalla L. 329/1990, precisando che:

  • la stabile organizzazione, dal punto di vista fiscale, è un’entità distinta ed autonoma rispetto alla casa madre, i cui redditi, prodotti nel territorio dello Stato, sono assoggettati ad imposta ai sensi dell’articolo 23, comma 1, lettera e), Tuir;
  • l’articolo 7, § 2, della Convenzione tra Italia e Regno Unito contro le doppie imposizioni prevede che, quando un’impresa di uno Stato contraente svolge la sua attività nell’altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata, in ciascuno Stato contraente vanno attribuiti a detta stabile organizzazione gli utili che si ritiene sarebbero stati da essa conseguiti se si fosse trattato di un’impresa distinta e separata svolgente attività identiche o analoghe in condizioni identiche o analoghe e in piena indipendenza dall’impresa di cui essa costituisce una stabile organizzazione;
  • secondo quanto chiarito dal Commentario Ocse (§ 18.3.), la stabile organizzazione deve essere dotata di una struttura patrimoniale appropriata sia per l’impresa, sia per le funzioni che esercita.

Per tali ragioni, il divieto di dedurre le spese connesse ai finanziamenti interni – ossia quelli che costituiscono mere attribuzioni di risorse proprie della casa madredovrebbe continuare ad applicarsi in via generale.

Inoltre, risulta estensibile alle stabili organizzazioni il principio della piena e libera concorrenza (c.d. arm’s lenght principle), con la conseguenza che il prevedere per le stabili organizzazioni un regime tributario di favore (cioè disomogeneo rispetto a quello previsto per le analoghe imprese residenti) può produrre effetti distorsivi in materia, tanto più rilevanti e sensibili qualora si tratti di stabili organizzazioni di imprese UE.

A parere dei giudici di Piazza Cavour, nella particolare ipotesi in cui la stabile organizzazione risulti sottocapitalizzata e, nel contempo, usufruisca di finanziamenti rapportabili, non al suo livello di capitalizzazione e di rischio, ma alle risorse direttamente riferibili alla casa-madre, “è proprio il diritto convenzionale contro le doppie imposizioni – che non ha efficacia direttamente impositiva, quanto distributiva della potestà a consentire che lo Stato di residenza adotti i correttivi necessari al fine di raggiungere gli obiettivi pratici di autonoma soggettività fiscale ed omogenea tassazione delle stabili organizzazioni. Occorre, infatti, rimediare ad effetti di tipo distorsivo nella disciplina fiscale applicabile alla SO sottocapitalizzata in forza dei su richiamati standard convenzionali di indipendenza ed autonomia funzionale, in comparazione, non già con la casa madre, ma con le imprese residenti di analoga natura. In modo tale che, in assenza di questi ultimi caratteri convenzionalmente imposti, è proprio la stessa diretta ed obiettiva incidenza di quell’insolvenza sulla SO a dover essere posta in discussione sul piano dell’omogeneità del trattamento fiscale (cfr. Corte di cassazione, Sez. U., 25.03.2021, n. 8500)”.

Quindi, ai fini della determinazione del reddito imputabile alla filiale italiana occorre che questa abbia una struttura patrimoniale appropriata in relazione all’attività svolta, al pari di un’impresa autonoma e indipendente che svolga attività analoghe, nelle medesime condizioni.

Infatti, in presenza di una società sottocapitalizzata o priva di capitale di rischio, la deducibilità dei componenti negativi, compresi gli interessi passivi (per i quali l’articolo 96 Tuir reca una disciplina speciale), secondo i criteri dettati dall’articolo 109 Tuir, postula l’adozione di correttivi.

In buona sostanza, ai fini fiscali, l’adeguatezza del fondo di dotazione in capo alla stabile organizzazione – anche figurativo – deve essere valutata di volta in volta, attraverso un’analisi dettagliata delle singole fattispecie, tenendo anche in considerazione le indicazioni che l’Ocse fornisce in proposito.