5 Giugno 2019

Spese di rappresentanza: definizione e trattamento fiscale – I° parte

di Federica Furlani
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L’articolo 108, comma 2, Tuir disciplina la deducibilità fiscale delle spese di rappresentanza, rinviando, per la loro definizione, e per la differenziazione rispetto ad altre tipologie di costi (es. pubblicità), ad uno specifico decreto ministeriale, il D.M. 19.11.2018.

In particolare, la norma citata prevede innanzitutto che le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo di imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse.

Il citato decreto di attuazione individua quindi i caratteri essenziali delle spese di rappresentanza, stabilendo che “… si considerano inerenti, sempre che effettivamente sostenute e documentate, le spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi, effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare anche potenzialmente benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore.”

I caratteri essenziali che deve possedere una spesa di rappresentanza per essere definita inerente sono pertanto:

  • gratuità, ovvero la mancanza di un corrispettivo o di una specifica controprestazione da parte dei destinatari dei beni e servizi erogati. Ciò distingue dette spese dalle spese di pubblicità che sono invece caratterizzate dalla circostanza che il loro sostenimento è frutto di un contratto a prestazioni corrispettive, la cui causa va ricercata nell’obbligo della controparte di pubblicizzare/propagandare – a fronte della percezione di un corrispettivo – il marchio e/o il prodotto dell’impresa al fine di stimolarne la domanda;
  • finalità promozionali o di pubbliche relazioni. Le spese devono cioè essere sostenute per attività finalizzate alla divulgazione sul mercato dell’attività svolta, dei beni e servizi prodotti, a beneficio sia degli attuali clienti, che di quelli potenziali, ovvero deve trattarsi di iniziative volte a diffondere e/o consolidare l’immagine dell’impresa, ad accrescerne l’apprezzamento presso il pubblico, senza una diretta correlazione con i ricavi. Possono pertanto essere qualificate come spese di rappresentanza non solo le erogazioni gratuite a favore di clienti, ma anche quelle a favore di altri soggetti con i quali l’impresa ha un interesse ad intrattenere pubbliche relazioni (amministrazioni statali, enti locali, organizzazioni private quali le associazioni di categoria o sindacali, ecc.).
  • ragionevolezza e coerenza (criteri alternativi). Una spesa di rappresentanza deve risultare ragionevole, ovvero idonea a generare ricavi ed adeguata rispetto all’obiettivo atteso in termini di ritorno economico, oppure, in alternativa, deve essere coerente con le pratiche commerciali di settore. La relazione illustrativa al decreto, al riguardo, chiarisce che “… proprio il riscontro di tali elementi funzionali (le finalità promozionali o di pubbliche relazioni, la ragionevolezza ovvero la coerenza con gli usi e le pratiche di settore) garantisce il collegamento delle spese in questione con l’attività d’impresa e la loro distinguibilità rispetto ad altre fattispecie in cui l’erogazione gratuita di reddito, soprattutto in funzione del beneficiario, risponde evidentemente ad altre finalità (erogazione ai soci o a loro familiari, autoconsumo, liberalità a dipendenti o collaboratori) e alle quali la disciplina fiscale del reddito d’impresa riserva opportuni altri trattamenti”.

Una volta definite in termini generali le spese di rappresentanza inerenti, il decreto specifica alcune fattispecie che sono da considerarsi spese di rappresentanza:

  • le spese per viaggi turistici in occasione dei quali siano programmate e in concreto svolte significative attività promozionali dei beni e dei servizi la cui produzione o il cui scambio costituisce oggetto dell’attività caratteristica dell’impresa;
  • le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di ricorrenze aziendali o di festività nazionali o religiose; dell’inaugurazione di nuove sedi, uffici o stabilimenti dell’impresa; di mostre, fiere, ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa. Nel caso siano presenti a tali eventi esclusivamente dipendenti dell’impresa, non possono qualificarsi come spese di rappresentanza, mancando il soddisfacimento della finalità promozionale della spesa e il criterio della ragionevolezza (collegamento ai ricavi).
  • ogni altra spesa per beni e servizi distribuiti o erogati gratuitamente, ivi inclusi i contributi erogati gratuitamente per convegni, seminari e manifestazioni simili il cui sostenimento risponda ai criteri di inerenza indicati nel presente comma.

Non costituiscono invece spese di rappresentanza, e sono quindi deducibili secondo le regole ordinarie, le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute per ospitare clienti, anche potenziali, in occasioni di mostre, fiere, esposizioni ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa o in occasione di visite a sedi, stabilimenti o unità produttive dell’impresa.

Il legislatore, ritenendo che tali spese siano caratterizzate da una forte caratterizzazione commerciale, ne ha quindi disposto l’assimilazione, quanto al regime di deducibilità fiscale dal reddito d’impresa, agli ordinari costi di produzione.

In ogni caso devono essere rivolte esclusivamente a clienti attuali (ovvero quei soggetti attraverso i quali l’impresa consegue effettivamente i propri ricavi) e potenziali (ovvero quei soggetti che abbiano, in qualche modo, già manifestato o possano manifestare un interesse di natura commerciale verso i beni ed i servizi dall’impresa o siano i destinatari dell’attività caratteristica esercitata dalla stessa dell’impresa), e sostenute in occasioni specifiche (mostre, fiere, esposizioni ed eventi simili, visite a sedi, stabilimenti o unità produttive dell’impresa).

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