23 Settembre 2016

Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte e sequestro preventivo

di Luigi Ferrajoli
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In materia di reati tributari, l’applicabilità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente continua a essere oggetto di attenzione giurisprudenziale da parte del Supremo Giudice di legittimità.

In particolare, con la sentenza n. 30582 depositata in data 19 luglio 2016, la Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, si è occupata del ricorso avverso la misura in esame proposto da un soggetto indagato per associazione a delinquere e per i reati di cui agli articoli 2 e 8 del D.Lgs. 74/2000.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha preliminarmente sottolineato come il Tribunale del riesame avesse ritenuto con certezza che nel patrimonio della società non erano rinvenibili i proventi dell’attività illecita (“il profitto derivante dal risparmio fiscale non era destinato a rimanere nelle casse societarie, bensì ad essere suddiviso tra i sodali, come effettivamente accaduto… Il Tribunale ha dunque ritenuto, proprio sulla scorta del compendio probatorio esaminato, che le utilità in questione fossero confluite direttamente dalle casse delle società alle tasche degli indagati (organi amministrativi di esse e loro sodali)”.

Oltretutto, il Tribunale aveva ritenuto che la disponibilità dei conti e dei beni immobili deve intendersi caratterizzata da poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà, che nel caso del conto corrente deve essere ravvisata in re ipsa per il solo fatto dell’intestazione del medesimo. Per quanto concerne infine il quantum oggetto di sequestro, il Tribunale aveva ritenuto legittimo un vincolo reale per l’intero ammontare, nei confronti di uno qualsiasi dei concorrenti, trattandosi di reati plurisoggettivi, anche nell’ipotesi in cui esso non sia transitato nel suo patrimonio e sia stato materialmente appreso da altri.

La Corte di Cassazione, valutata la motivazione del Tribunale, ha dunque rigettato il ricorso proposto dall’indagato, osservando innanzitutto che il richiamo operato dal ricorrente stesso alla sentenza “Gubert” del 2014 dovesse essere parametrato al caso in esame. Si ricorda, a tale proposito, che la questione sottesa alla citata sentenza riguardava la possibilità o meno di disporre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta o per equivalente nei confronti di beni di una persona giuridica per violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante di essa ovvero da altro organo sociale.

Secondo il Giudice di legittimità, “il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto contenuti in quell’arresto… giungendo attraverso un percorso argomentativo logico, non contraddittorio e coerente con il dato fattuale, neppure contestato nella sua storicità – alla conclusione della concreta impossibilità che l’illecito profitto fosse integralmente rinvenibile nelle casse della società utilizzate per porre in essere il programma criminoso del sodalizio”.

Alla luce di ciò, la Corte di Cassazione ha dunque statuito che “il Tribunale ha dato conto dei motivi per i quali ha ritenuto che le entrate illecite degli enti siano state direttamente apprese dagli organi amministrativi degli stessi e dai loro sodali, così giustificando il ricorso all’istituto applicato, conformemente ai principi formulati dalle Sezioni Unite di questa corte nella richiamata sentenza n. 10194 del 2014, Gubert”.

Proprio nel richiamo alla menzionata sentenza, la Corte ha sottolineato che la misura intende colpire il profitto, anche per equivalente, del reato di cui all’articolo 11 del D.Lgs. 74/2000 (sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte), che deve essere individuato nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio su cui il Fisco ha diritto di soddisfarsi “e, quindi, nella somma di denaro la cui sottrazione all’erario viene perseguita, non importa se con esito favorevole o meno, attesa la struttura di pericolo del reato”.

La Cassazione, sulla scorta del principio affermato nel richiamato provvedimento, per cui è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente dei beni costituenti profitto illecito anche quando l’impossibilità del loro reperimento sia soltanto transitoria e reversibile, purché sussistente al momento della richiesta e dell’adozione della misura, ha ritenuto che il ragionamento del Tribunale, secondo cui le somme erano transitate ”dalle casse sociali alle tasche degli indagati” fosse fondato.

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