17 Giugno 2025

Sono tassati i beneficiari residenti di trust comunitari opachi?

di Ennio Vial
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La scheda di FISCOPRATICO

Un tema che interessa gli operatori del trust e che è stato recentemente solleticato da una risposta a interpello dell’Agenzia delle entrate attiene alla tassazione del beneficiario fiscalmente residente in Italia, in relazione alle attribuzioni di reddito ricevute da un trust opaco comunitario.

La questione discende dalla modifica normativa della lettera g-sexies) dell’articolo 44, Tuir, introdotta nel 2019, a mente della quale il beneficiario residente in Italia di un trust opaco paradisiaco risulta essere assoggettato a tassazione per cassa sulle attribuzioni dei redditi.

Le questioni problematiche attengono alla individuazione della natura paradisiaca del trust. La norma, infatti, fa riferimento all’articolo 47-bis, Tuir, previsione che, tuttavia, mal si adatta all’istituto del trust, essendo concepita in relazione ai dividendi provenienti da partecipazioni societarie.

Da subito, l’Agenzia delle entrate ha condivisibilmente affermato che la tassazione, a cui fare riferimento ai fini del confronto con il 50 % dell’Ires italiana, è rappresentata da quella nominale e non da quella effettiva.

Varie sono le ragioni che inducono a ritenere questa scelta ragionevole. In primo luogo, il fatto che il beneficiario potrebbe non conoscere la tassazione effettiva del trust, non essendo titolato ad ottenere queste informazioni. In secondo luogo, perché la norma riserva l’applicazione del criterio della tassazione effettiva al caso in cui il socio controlli la società. Ebbene, non vi è dubbio che il beneficiario non può controllare il trust.

L’aspetto che, tuttavia, in questa sede più ci interessa affrontare è quello del trattamento dei trust comunitari. L’articolo 47-bis, infatti, nell’individuare i Paesi paradisiaci ai fini della tassazione dei dividendi, esclude a priori quelli comunitari e quelli appartenenti allo spazio economico europeo che scambiano informazioni (Norvegia, Islanda e Liechtenstein).

In buona sostanza, a mente del citato articolo, le partecipate europee sono escluse dalle disposizioni in materia di Paesi black list. Ciò porterebbe a ritenere con una certa serenità che anche i trust residenti in questi Paesi siano esclusi dall’ambito applicativo di questa norma. In conseguenza di ciò per i “trust comunitari” dovrebbero valere le regole generalmente applicabili in Italia, secondo cui il beneficiario di un trust ente non commerciale opaco non è assoggettato a tassazione sui redditi attribuiti dal trust stesso.

Chi scrive ritiene che la norma sia tutto sommato chiara e che non necessiti di particolari precisazioni. Tuttavia, le perplessità sollevate da taluni operatori potrebbero far auspicare una più chiara presa di posizione dell’Amministrazione finanziaria sul tema.

L’Agenzia, infatti, non si è mai espressa in modo decisivo sul punto. Ma vi è di più. Un paio di passaggi contenuti nella circolare n. 34/E/2022, infatti, potrebbero risultare contraddittori.

L’occasione per dirimere la questione poteva essere rappresentata dalla successiva risposta a interpello n. 221/2023. In quell’occasione, infatti, la contribuente chiedeva all’Amministrazione come individuare i redditi da assoggettare a tassazione percepiti da una Fondazione del Liechtenstein. Ebbene, poiché il Liechtenstein appartiene allo Spazio Economico Europeo che scambia informazioni e la Fondazione è un istituto assimilato al trust sotto il profilo fiscale, la risposta poteva assumere una certa importanza.

Il problema è che la contribuente non ha chiesto all’Amministrazione di prendere posizione sul tema, ma si è immediatamente “fiondata” ad analizzare le modalità di tassazione dei redditi dando per scontato (non si sa con quale consapevolezza) che il trust comunitario debba essere assimilato a tutti gli altri trust extracomunitari e non a quelli domestici, con buona pace dei principi fondamentali contenuti nel Trattato istitutivo della comunità europea.

Questa risposta appare sicuramente “ingombrante”; tuttavia, non risulta decisiva in quanto l’Agenzia non prende posizione in modo esplicito e potremmo ritenere che la risposta sia condizionata dalla richiesta della contribuente: tanto mi hai chiesto, tanto ti ho risposto, senza poi scavare se a monte sussistono effettivamente i presupposti per la tassazione.

Il tema è stato sfiorato nuovamente con le recenti risposte a interpello n. 144/E/2025 e n. 145/E/2025, aventi ad oggetto un trust maltese (e quindi comunitario).

Nella risposta n. 145/E/2025 si statuisce che il trust del caso di specie risulta essere fiscalmente non interposto. Nella risposta n. 144/E/2025 che, sotto un profilo logico, si pone come temporalmente successiva alla n. 145, viene statuito che il trust non può beneficiare della micro ritenuta del 1,2% sui dividendi, ma può beneficiare della esenzione dalla tassazione per le plusvalenze derivanti da partecipazioni non qualificate collocate in Italia, ai sensi dell’articolo 5, comma 5, D.Lgs. 461/1997. Le conclusioni dell’Ufficio sono, oltremodo, condivisibili.

L’esenzione della plusvalenza discende, inequivocabilmente, dal dato normativo. Sostanzialmente analoga, è la non applicazione della micro-ritenuta sui dividendi. Al riguardo, infatti, è banale osservare che il trust non è una società, pur avendo un regime fiscale a Malta analogo a quello delle società. Invero, l’assimilazione del regime fiscale del trust alle società non è un elemento utile per sostenere che questo può beneficiare degli stessi trattamenti delle società, anzi è vero il contrario. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che, a fronte della medesima situazione, nella circolare n. 34/E/2022, l’Agenzia delle entrate ha introdotto in via interpretativa la ritenuta del 26 % sulle sull’ammontare dei redditi che il trust ente commerciale attribuisce ai beneficiari.

Ad ogni buon conto, senza scomodare la disciplina convenzionale e limitandoci ad analizzare il dato della norma interna, emerge che il trust maltese non assoggetta a tassazione le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in società residenti in Italia.

A questo punto, la questione che abbiamo evidenziato in precedenza e che non viene affrontata nei recenti interpelli, è la seguente: le attribuzioni dei redditi percepiti dal trust che il trustee, in modo assolutamente discrezionale, dovesse operare a vantaggio dei beneficiari fiscalmente residenti, possono essere considerate come mere attribuzione di capitale da non assoggettare a tassazione?

La risposta è positiva, ove dovessimo concludere che il trust maltese è assimilato a quelli italiani. La risposta è, invece, negativa nel caso in cui il trust sia assimilato a quelli extracomunitari, atteso che in questo caso si dovrebbe concludere che il livello impositivo maltese risulta sensibilmente inferiore alla metà di quello teorico italiano.