22 Febbraio 2019

Soggetto a Iva l’incremento del contributo in conto costruzione

di Marco Peirolo
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Ai fini Iva, le erogazioni qualificabili come contributi, in quanto mere movimentazioni di denaro, sono escluse dall’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lett. a), D.P.R. 633/1972, mentre quelle configurabili come corrispettivi per prestazioni di servizi o cessioni di beni sono soggette ad imposta.

Gli articoli 2 e 73 Direttiva 2006/112/CE, come interpretati dalla Corte di giustizia UE, definiscono in modo assai esteso il presupposto oggettivo dell’Iva, configurandosi un’operazione rilevante ai fini impositivi in presenza di un rapporto giuridico nell’ambito del quale la somma di denaro ricevuta dal cedente/prestatore costituisce il controvalore effettivo del bene/servizio fornito al destinatario (sentenza 23 marzo 2006, causa C-210/04, FCE Bank). In sostanza, il presupposto oggettivo di applicazione dell’Iva può essere escluso, in base alla normativa unionale, solo qualora non si ravvisi alcuna correlazione tra l’attività finanziata e le elargizioni di denaro.

L’Amministrazione finanziaria si è espressa più volte al riguardo, chiarendo che, in linea generale, un contributo assume rilevanza ai fini Iva se erogato a fronte di un’obbligazione di dare, fare, non fare o permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive. In altri termini, il contributo assume natura onerosa e configura un’operazione rilevante agli effetti dell’Iva quando tra le parti intercorre un rapporto giuridico sinallagmatico, nel quale il contributo ricevuto dal beneficiario costituisce il corrispettivo per il servizio reso o per il bene ceduto (risoluzioni AdE 16/E/2006 e 21/E/2005).

Ad esempio, si è ritenuto sussistente un rapporto sinallagmatico ogni qualvolta la proprietà dei risultati della ricerca ovvero la proprietà dell’opera finanziata sia trasferita, in tutto o in parte, all’ente finanziatore; rilevano, inoltre, in tal senso la previsione nella convenzione della clausola risolutiva, essendo la risoluzione applicabile soltanto ai contratti a prestazioni corrispettive, nei quali il sacrificio di ciascuna delle parti trova la sua giustificazione nella controprestazione che deve essere eseguita dall’altra (vincolo sinallagmatico) e l’obbligo di risarcimento del danno derivante da inadempimento, che evidenzia un interesse patrimoniale da parte del soggetto erogatore, senza, peraltro, che l’aspetto meramente formale prevalga sul sostanziale assetto voluto dalle parti (risoluzione AdE 268/E/2002).

Di contro, l’esclusione dal campo di applicazione dell’Iva è stata ravvisata ogni qual volta il soggetto che riceve il contributo non diventa obbligato a dare, fare, non fare o permettere qualcosa come controprestazione (risoluzioni AdE 42/E/2004, 183/E/2002 e 54/E/2001).

Al fine di accertare se i contributi di cui trattasi costituiscano, nella sostanza, corrispettivi per prestazioni di servizi, ovvero si configurino come mere elargizioni di somme di denaro per il perseguimento di obiettivi di carattere generale, occorre fare riferimento al concreto assetto degli interessi delle parti.

La corretta qualificazione di una somma come corrispettivo o contributo richiede, inoltre, un’attenta analisi dell’accordo/provvedimento che ne prevede l’erogazione, al fine di verificare se il soggetto che riceve il denaro sia tenuto all’esecuzione dell’attività finanziata o costituisca un mero tramite per il trasferimento delle somme a terzi attuatori, e di determinare se il soggetto erogante sia il committente dei progetti sovvenzionati.

Le considerazioni in esame sono state riprese dall’Agenzia delle Entrate nell’ambito della risposta all’interpello n. 46 del 12 febbraio 2019, avente per oggetto il trattamento Iva dell’incremento del contributo in conto costruzione previsto a favore del concessionario dell’opera pubblica.

Nel caso di specie, la concessione, relativa alla progettazione, costruzione e gestione di una superstrada a pedaggio, è stata affidata ai sensi del Codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. 163/2006, come sostituito dal D.Lgs. 50/2016.

Nella circolare 34/E/2013, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, “con ogni evidenza le erogazioni conseguenti alla stipula di contratti in base al codice dei contratti pubblici, adottato in recepimento di apposite direttive comunitarie, si inseriscono all’interno dello schema contrattuale [delle prestazioni a carattere sinallagmatico].

L’amministrazione, infatti, quando opera in riferimento a tali norme – genericamente accumunate nella locuzione di «procedimenti ad evidenza pubblica» – procede all’individuazione del soggetto che fornisce una prestazione a fronte della quale l’amministrazione stessa si obbliga alla erogazione delle correlate somme”.

Nella fattispecie in esame, il contributo pubblico è stanziato in base ad apposita norma contenuta in una Legge regionale ed è riconosciuto, dal concedente al concessionario, in forza di un contratto di affidamento in concessione redatto ai sensi del Codice dei contratti pubblici, avente ad oggetto – come già anticipato – la progettazione definitiva ed esecutiva, la costruzione e la gestione dell’opera.

Tenuto, inoltre, conto che dall’esame della convenzione emerge chiaramente la sussistenza di reciproci obblighi tra le parti e che lo schema utilizzato dalle stesse ha le caratteristiche tipiche degli atti negoziali aventi ad oggetto prestazioni corrispettive, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il contributo “aggiuntivo” in conto costruzione da erogare, ai sensi della normativa regionale, a favore del concessionario, deve essere assoggettato a Iva, in quanto costituisce il corrispettivo per la realizzazione dell’opera.

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