17 Marzo 2022

Società holding o d’investimento senza semplificazioni nell’informativa di bilancio

di Fabrizio RicciGianluca Cristofori
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La scheda di FISCOPRATICO

Con l’articolo 24 L. 238/2021 (cd. “Legge europea 2019-2020”) sono state introdotte nuove disposizioni in materia di bilancio di esercizio e bilancio consolidato di gruppo volte a completare il recepimento della Direttiva 2013/34/UE.

Tra le diverse modifiche recate al codice civile e al D.Lgs. 127/1991, con l’articolo 24, comma 2, è stato introdotto il comma 5 all’articolo 2345-ter cod. civ., a norma del quale “Agli enti di investimento e alle imprese di partecipazione finanziaria non si applicano le disposizioni previste dal presente articolo, dal sesto comma dell’articolo 2435-bis e dal secondo comma dell’articolo 2435-bis con riferimento alla facoltà di comprendere la voce D dell’attivo nella voce CII e la voce E del passivo nella voce D”.

Nonostante il termine per il recepimento della citata direttiva (20 luglio 2015) fosse abbondantemente decorso, l’articolo 2435-ter cod. civ. non era, infatti, prima di tale modifica, del tutto conforme alle disposizioni contenute nell’articolo 36, par. 7, della Direttiva 2013/34/UE, il quale prevede che “Gli Stati membri non permettono alle imprese di investimento o alle imprese di partecipazione finanziaria di avvalersi delle deroghe previste dai paragrafi 1, 2 e 3”, ossia delle semplificazioni previste per le cd. “microimprese”.

Nel silenzio della norma di recepimento, per individuare l’ambito soggettivo di applicazione soccorrono le definizioni contenute nella Direttiva 2013/34/UE, ove viene previsto che:

  • per enti di investimento si intendono:

a) le imprese il cui unico oggetto è l’investimento dei propri fondi in valori mobiliari diversi, valori immobiliari e altre attività con l’unico scopo di ripartire i rischi d’investimento e di far beneficiare i loro investitori dei risultati della gestione delle loro attività;

b) le imprese collegate a enti di investimento a capitale fisso, se l’unico oggetto di tali imprese collegate è l’acquisto delle azioni completamente liberate emesse da tali enti di investimento;

  • per imprese di partecipazione finanziaria si intendono le imprese il cui unico oggetto è l’acquisizione di partecipazioni in altre imprese, nonché la gestione e la valorizzazione di tali partecipazioni, senza coinvolgimenti diretti o indiretti nella gestione di tali imprese, senza pregiudizio per i diritti che l’impresa di partecipazione finanziaria possiede in qualità di azionista.

Come spesso accade, le definizioni fornite dalle norme sovranazionali risultano volutamente “generali”, dovendone correlare la portata a diversi ordinamenti e imponendo, quindi, un maggior sforzo interpretativo per individuare, più in dettaglio, i soggetti effettivamente interessati dalla citata modifica con riguardo all’ordinamento nazionale.

Tra gli enti di investimento dovrebbero quindi rientrare i cd. “fondi” d’investimento in valori mobiliari costituiti in forma societaria, nonché, ove costituite allo scopo di ripartire i rischi d’investimento e di far beneficiare i soci-investitori dei risultati della gestione, anche le società aventi per oggetto investimenti “immobiliari” o in “altre attività”, diverse dalle partecipazioni e dai valori mobiliari in genere.

Tra le imprese di partecipazione finanziaria, invece, dovrebbero rientrare le cd. holding “statiche” o “pure”, che non si ingeriscono nella gestione operativa delle società partecipate.

Per questo tipo di holding, infatti, non è raro rientrare nel cluster dimensionale delle cd. “microimprese” previsto dall’articolo 2435-ter cod. civ., essendo sovente caratterizzate da un attivo di ingente ammontare (ben superiore, quindi, rispetto alla soglia di euro 175.000), ma anche dall’assenza di ricavi (la cui soglia sarebbe pari a euro 350.000) e di proprio personale dipendente (avvalendosi, nella maggior parte dei casi, di “service” esterni e, quindi, non superando la soglia di 5 dipendenti).

Non parrebbero, invece, letteralmente ricomprese nel perimetro tratteggiato dalla definizione contenuta nella direttiva le società aventi funzione di holding di partecipazioni che, tuttavia, fornissero anche servizi infragruppo (non avendo, quindi, quale unico oggetto l’acquisizione di partecipazioni e la gestione e valorizzazione delle stesse), nonché quelle che esercitassero attività di direzione e coordinamento, essendo di fatto direttamente coinvolte nella gestione delle imprese partecipate. In tali casi, tuttavia, la circostanza che si tratterebbe di società:

  • chiamate a svolgere anche servizi infragruppo e, quindi, caratterizzate da volumi di ricavi e proventi non finanziari quasi sempre eccedenti la soglia prevista dall’articolo 2435-ter cod. civ., nonché talvolta dotate anche di “organici” oltre la soglia numerica prevista dalla medesima disposizione di legge;

ovvero

  • esercenti il controllo su tutte o parte delle proprie partecipate (da cui deriva il coinvolgimento diretto o indiretto nella gestione di tali imprese e l’attività di direzione e coordinamento che spesso ne consegue), chiamate, quindi, anche a redigere il bilancio consolidato di gruppo, con obblighi d’informativa non derogabili per mere ragioni dimensionali riferibili alla controllante di vertice;

renderebbe di fatto comunque irrilevante la modifica normativa in commento, trattandosi di società già gravate da obblighi d’informativa di bilancio più ampi rispetto a quelli riservati alle cd. micro-imprese.

Venendo, in concreto, alle conseguenze della nuova disposizione contenuta nell’articolo 2345-ter, comma 5, cod. civ., gli enti di investimento e le società di partecipazione, anche ove non superassero le soglie previste dallo stesso articolo 2435-ter cod. civ., non potranno più fruire delle semplificazioni previste per le cd. micro-imprese, dovendo, in particolare:

  • valutare e iscrivere in bilancio gli strumenti finanziari derivati in ragione del loro fair value;
  • redigere la nota integrativa (documento del quale, a certe condizioni, le cd. micro-imprese potrebbero altrimenti omettere la redazione).

Gli enti di investimento e le società di partecipazione, pertanto, dovranno fornire, come minimo, l’informativa prevista dall’articolo 2435-bis cod. civ. per i soggetti che redigono il bilancio in forma abbreviata, non potendo peraltro:

  • beneficiare dell’esonero dalla redazione della cd. relazione sulla gestione (articolo 2428 cod. civ.) previsto per i soggetti che redigono il bilancio in forma abbreviata nel caso in cui venga indicato nella nota integrativa il numero e il valore nominale delle azioni proprie e delle azioni o quote di società controllanti possedute, acquistate o alienate dalla società nel corso dell’esercizio, con l’indicazione della parte di capitale corrispondente;
  • includere la voce “D. Ratei e risconti” dell’attivo nella voce “C.II. Crediti” e la voce “E. Ratei e risconti” del passivo nella voce “D. Debiti”.

Tali preclusioni, con conseguente aggravio in termini d’informativa di bilancio (in particolare, ci si riferisce al non potersi più esimere dalla redazione della relazione sulla gestione), dovrebbero applicarsi agli enti d’investimento e alle società di partecipazione, non solo in caso di mancato superamento delle soglie previste per le cd. micro-imprese, bensì anche a quelle che non superano le più elevate soglie previste dall’articolo 2435-bis cod. civ. per la redazione del bilancio in forma abbreviata, risultando, quindi, sempre obbligati anche alla redazione della relazione sulla gestione, oltre che della nota integrativa.

L’Organismo Italiano di Contabilità (OIC), in data 2 marzo 2022, ha peraltro posto in pubblica consultazione la bozza di taluni emendamenti ai principi contabili di propria emanazione (PCN) al fine di recepire gli effetti delle succitate novità.

In tal senso, sarebbe utile, per quanto la questione riguardi profili di carattere interpretativo che esulano da quelli specificamente di competenza dell’OIC, che – nell’ambito delle modifiche ai PCN – venissero forniti chiarimenti anche in ordine all’ambito soggettivo di applicazione delle novità e alla nozione di ente d’investimento e di società di partecipazione finanziaria.

Applicando, infatti, letteralmente le definizioni contenute nella Direttiva risulterebbe, per esempio, curioso che, se una holding si ingerisse nella gestione delle società partecipate, non superando, però, singolarmente, le soglie dimensionali previste per le cd. micro-imprese e non essendo obbligata a redigere il bilancio consolidato di gruppo potendo accedere a una delle cause di esonero previste dall’articolo 27 D.Lgs. 127/1991, alla stessa sarebbe ancora consentito di fornire un’informativa di bilancio davvero minima (quella tipicamente prevista, per l’appunto, dall’articolo 2435-ter cod. civ.), mentre, ove la stessa non fosse coinvolta nella gestione delle società partecipate, non potrebbe più fruire delle semplificazioni previste dall’articolo 2435-ter cod. civ., subendo un aggravio d’informativa.

È vero che una simile disparità di trattamento si verificherebbe, verosimilmente, in pochi casi, considerato che, come detto, le holding che si ingeriscono nella gestione delle partecipate realizzano generalmente anche cospicui ammontari di ricavi e proventi non finanziari e, inoltre, detenendo il controllo delle stesse, risultano obbligate a redigere il bilancio consolidato di gruppo e a fornire, quindi, un’informativa generale comunque ben più pregnante.

Vi sono casi, tuttavia, in cui, nonostante l’esercizio del controllo, la holding potrebbe non essere obbligata a redigere il bilancio consolidato di gruppo, per esempio in ragione del mancato superamento delle soglie dimensionali di gruppo “consolidate” o “aggregate” (peraltro, di fatto ampliate con il medesimo provvedimento normativo in commento), producendosi un effetto poco comprensibile sul piano logico e sistematico e necessitandosi, quindi, di una certa cautela, quantomeno ove non soccorresse, sul piano interpretativo, il conforto dello standard setter nazionale.

Delineare con precisione a chi sono rivolte le novità normative in commento risulta peraltro di fondamentale importanza anche per altre ragioni, se si pensa che le stesse, e in particolare la circostanza che le holding e gli enti di investimento non sono più riconducibili, per espressa previsione normativa, nel novero delle cd. micro-imprese, potrebbero produrre anche non trascurabili ricadute di ordine fiscale, nella considerazione che, ai soggetti diversi dalle micro-imprese, si rende applicabile, ai sensi dell’articolo 83 Tuir, il cd. “principio di derivazione rafforzata”.

Essendo ora fatto divieto alle holding e agli enti di investimento di atteggiarsi a “micro-imprese” ai fini della predisposizione del bilancio di esercizio, ai medesimi soggetti (dimensionalmente “micro-imprese”, ma esercenti attività “qualificate”) non dovrebbero più risultare applicabili i chiarimenti forniti dall’Amministrazione finanziaria in occasione di “Telefisco 2018”, poi confermati in talune risposte a istanze di interpello non pubblicamente fruibili, laddove era stato affermato che l’esclusione dall’applicazione del suddetto principio, disposta dall’articolo 83 Tuir, appare connessa al ricorrere dei meri presupposti “dimensionali” individuati ai fini della qualificazione, sotto il profilo civilistico, come “micro-impresa”, risultando a tal fine ininfluente l’eventuale stesura di un bilancio in forma “estesa” o “abbreviata”. Sul punto, quindi, sarebbe auspicabile un chiarimento anche da parte dell’Agenzia delle Entrate.