27 Maggio 2015

Senza speranze la difesa dell’Agenzia sul difetto di sottoscrizione

di Fabrizio Dominici
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L’atto portante la pretesa fiscale è atto amministrativo suscettibile di incidere sulla sfera giuridico-patrimoniale del contribuente e quindi esso deve contenere tutti gli elementi essenziali tipici degli atti provenienti dalla pubblica Amministrazione ed aventi carattere di provvedimento definitivo. Tra questi elementi, il legislatore ha voluto che la
sottoscrizione del capo dell’Ufficio, ovvero, per le imposte dirette, quella di altro funzionario delegato appartenente alla carriera dirigenziale, fosse elemento essenziale.
Che la sottoscrizione dell’atto amministrativo fosse un elemento essenziale è pensiero da tempo condiviso anche dalla Corte di legittimità, che sin dal 2000, né ha statuito la nullità insanabile, allorquando la sottoscrizione è riferibile a soggetto non legittimato. Orbene, come noto,
con la sentenza n. 37/2015, la Corte costituzionale ha sancito l’
illegittimità degli atti con cui sono stati nominati i dirigenti nominati in assenza di superamento del relativo concorso pubblico e di conseguenza degli atti da essi sottoscritti.
Detti dirigenti a vario titolo sono:
  • i direttori provinciali “reggenti”;
  • i dirigenti “incaricati” che sottoscrivono gli atti su delega dei reggenti.
A sostegno della fondatezza della tesi sull’illegittimità degli atti sottoscritti da dirigenti “decaduti”, dopo la nota sentenza della Consulta, tra le altre si è espressa la Commissione tributaria regionale di Milano con la sentenza n. 2184/13/2015,  sentenza che si aggiunge ad altro analogo intervento della Commissione tributaria provinciale di Milano sentenza n. 3222/25/2015, della Commissione tributaria provinciale di Frosinone sentenza n. 414/02/2015, della Commissione tributaria provinciale di Brescia sentenza n. 277/1/2015 ed alle sentenze 1789/02/2015 e 1790/02/2015 della Commissione tributaria provinciale di Lecce.
Secondo la Ctr di Milano la nullità degli atti amministrativi, sottoscritti da dirigenti illegittimi, deve essere rilevata alla luce ed in virtù dell’insegnamento della giurisprudenza di legittimità succedutasi negli anni,  che né ha sancito la non applicabilità dell’articolo 21 octies, comma 2 della legge 241/90, (sulla non annullabilità dei provvedimenti adottati in violazione di norme sul procedimento o sulla forma qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato), chiarendo, tra l’altro, che gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate
non hanno natura vincolante ma discrezionale. Secondo la citata giurisprudenza, che richiama le statuizioni in precedenza espresse dalla Corte di Cassazione, la
nullità dell’atto può essere rilevata d’ufficio dal Giudice in quanto
“… si verificherebbe un’ipotesi di nullità assoluta del provvedimento…” ai sensi dell’articolo 21 septies della legge 241/90, essendo l’atto viziato da difetto assoluto di attribuzione rilevabile in ogni stato e grado del giudizio anche d’ufficio. D’altronde è lo stesso Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate, approvato con delibera del Comitato direttivo n. 4 del 30 novembre 2000 (pubblicato nella G.U. n. 36 del 13 febbraio 2001) ed aggiornato fino alla delibera del Comitato di gestione n. 57 del 27 dicembre 2012, che all’art. 1, comma 2 a stabilire che:
  • l’Agenzia si conforma ai principi della Legge n. 241 del 07 agosto 1990, …;
  • l’accesso al ruolo di dirigente dell’Agenzia avviene, per i posti vacanti e disponibili, con procedure selettive pubbliche sia dall’esterno che dall’interno, nel rispetto dei principi di cui all’art. 35 del succitato decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001 (art. 12, comma 1).
Pertanto,
se i dirigenti sono stati nominati in base alle specifiche leggi dichiarate incostituzionali gli atti che hanno sottoscritto o le deleghe che hanno conferito sono tutti illegittimi, in base alla Legge n. 241 del 07 agosto 1990, espressamente richiamata dall’art. 1, comma 2, del citato Regolamento di amministrazione.
Si rammenta inoltre che la Corte di Cassazione, ha avuto modo di precisare che:
  1. la figura del capo dell’Ufficio deve sempre coincidere con quella del dirigente titolare;
  2. la figura del personale appartenente alla nona qualifica professionale, soltanto in casi eccezionali, può sostituire il dirigente in caso di assenza o impedimento o può tenere la reggenza dell’Ufficio, in attesa della destinazione del dirigente titolare;
  3. è onere (sempre) dell’Amministrazione finanziaria dimostrare e documentare il possesso dei requisiti contestati.
Secondo il conforme insegnamento della Corte di legittimità, a nulla può valere la difesa dell’Ufficio diretta a far rilevare che l’atto deve comunque essere riferito all’Ufficio di appartenenza, perché, secondo detto insegnamento, tale fattispecie è attribuibile solo alla illeggibilità della firma, (ipotesi totalmente diversa da quella oggetto del presente giudizio), né tantomeno è ammesso il principio di conservazione dell’atto illegittimo. Allo stesso modo e sempre secondo l’insegnamento della Suprema Corte, non è invocabile la figura del cd. “
funzionario di fatto”, poiché detta fattispecie risulta applicabile solo e allorquando gli atti adottati dal funzionario risultano favorevoli ai terzi destinatari,  (es. i rimborsi fiscali), ma non di certo quando, gli atti sono sfavorevoli al contribuente, come anche chiarito dalla giurisprudenza di merito,  che sul punto ha richiamato la giurisprudenza amministrativa.