8 Settembre 2014

Segregazione patrimoniale: da una tutela reale ad una “reputazionale”

di Ennio VialSergio Pellegrino
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Come noto, l’art. 2740 del Codice civile prevede che il debitore risponda dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri e che le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge.

In sostanza, siamo tenuti a rispondere di una obbligazione presente anche con il patrimonio che acquisiremo in futuro in qualsiasi modo: attraverso il nostro lavoro, una eredità o una vincita al lotto.

Vi sono alcuni strumenti, pienamente leciti nel nostro ordinamento, che permettono di segregare una fetta del nostro patrimonio per destinarlo al perseguimento di finalità specifiche meritevoli di tutela.

Il primo esempio classico è quello del fondo patrimoniale che determina un vincolo su alcuni beni al fine di soddisfare i bisogni della famiglia.

Il vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. mira a soddisfare interessi connessi alle pubbliche amministrazioni, alla disabilità e, più in generale, qualsiasi ulteriore interesse meritevole di tutela.

Vi è poi il trust, in relazione al quale l’interesse da tutelare non è definibile aprioristicamente ma con riferimento ad ogni caso concreto.

Ebbene, è evidente come un vincolo segregativo diminuisca la garanzia dei creditori che si vedono sottrarre una parte del nostro patrimonio per il soddisfacimento delle loro esigenze.

E’ appena il caso di ricordare come la segregazione del patrimonio non possa ledere le ragioni di credito nate anteriormente. Sotto questo profilo si deve ricordare l’azione revocatoria di cui all’art. 2901 del Codice civile, che può essere esperita dal creditore entro il termine non breve dei 5 anni, ed il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all’art. 11 del D.Lgs. n. 74/2000, che sanziona penalmente i soggetti che utilizzano strumenti segregativi per sottrarsi al pagamento delle imposte.

Si tratta tuttavia di rimedi per il passato. Che dire del futuro? Come valutare nei confronti dei terzi e nei confronti del Fisco il soggetto che ha segregato il proprio patrimonio?

Spesso il problema non si pone in quanto la segregazione riguarda quella fetta dei beni necessaria per perseguire le finalità del passaggio generazionale o degli altri scopi leciti, per cui la quota residua non vincolata rimane sufficientemente idonea a garantire le esigenze dei terzi.

E se il patrimonio fosse interamente segregato?

Qui bisogna valutare inizialmente le conseguenze nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. Spesso si ritiene, erroneamente, che il trust danneggi il fisco. In realtà, l’attività imprenditoriale viene svolta attraverso una società di capitali per cui la pretesa tributaria riguarda la società e non il socio, che risponde invece solamente nel caso dell’esercizio dell’opzione per la trasparenza o in ipotesi di accertamento della ristretta compagine sociale.

A parte queste situazioni, i debiti Ires, Irap e Iva della società dovranno in ogni caso essere soddisfatti con il patrimonio di quest’ultima. La detenzione del proprio patrimonio attraverso un trust, invece, potrebbe compromettere il prelievo Irpef ma si tratta di casistiche di pregio limitato: se il soggetto percepisce un compenso amministratore subirà già le ritenute alla fonte.

Diverso, invece, è il rapporto con i terzi. In questo caso, mancando un patrimonio adeguato, il soggetto riceverà credito da terzi solo sulla base della propria reputazione e credibilità.

Forse si passerebbe da una tutela patrimoniale ad una tutela legata alla credibilità personale: chi ha fama di essere “scorretto e cattivo pagatore” potrebbe non ottenere credito nel mercato.

Sarebbe interessante fare delle ulteriori riflessioni sul tema. Non è detto che si vada in peggio.

Un discorso a parte vale per il mondo bancario. Certo, si potrebbe dire che applicando il medesimo principio si ha l’occasione di scremare alcune iniziative imprenditoriali poco opportune: in realtà, una considerazione di questo tipo appare un po’ troppo semplicistica.

Ad ogni buon conto, il trust potrà intervenire per fornire le idonee garanzie al settore bancario qualora ci siano delle iniziative meritevoli di sostegno.

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