9 Aprile 2014

Secondo le Sezioni Unite il giudizio di legittimità tributario si svolge secondo le regole del rito civile ordinario per Cassazione

di Luigi Ferrajoli
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Le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8053 del 7/4/2014, statuiscono che la modifica apportata dall’articolo 54 D.L. 83/2012, convertito con modificazioni dalla L. 134/2012 (c.d. decreto Crescita), all’articolo 360, comma 1, n. 5, Cod.Proc.Civ. è applicabile anche al processo tributario, che costituisce un rito speciale in primo ed in secondo grado, mentre nel giudizio avanti alla Cassazione soggiace alla regole del rito civile ordinario.

Com’è noto, l’articolo 54 D.L. 83/2012 ha sostituito il motivo di ricorso per cassazione “per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio” con il motivo di ricorso, più restrittivo, per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

La vicenda in esame aveva avuto inizio con la notifica ad una società di due avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle entrate aveva recuperato a tassazione costi ritenuti indeducibili perché asseritamente riconducibili a traffico illecito di rifiuti, oltre che relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti.

Il ricorso della contribuente era stato respinto in primo grado, mentre la Commissione tributaria regionale di Brescia aveva accolto l’appello.

L’Avvocatura dello Stato aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione dell’articolo 360, comma 1, n. 5, Cod.Proc.Civ. per omessa valutazione circa la circostanza della indeducibilità delle fatture; la contribuente, costituendosi in giudizio, aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso poiché dalla lettura del primo motivo di ricorso emergeva, dietro la “forma”, la “sostanza” di una dedotta “insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”, cioè del vizio previsto dal vecchio testo del n.5) evocato.

Poiché la questione appariva della massima rilevanza, incidendo sulle generali condizioni di esperibilità dell’impugnazione delle sentenze tributarie in sede di legittimità, il giudizio era stato rimesso con ordinanza interlocutoria del 14 ottobre 2013 n.23273 dalla Sezione Tributaria alle Sezioni Unite per l’intervento nomofilattico di competenza, affinché decidessero in merito all’applicabilità della nuova formulazione della predetta norma anche ai giudizi di legittimità in materia tributaria, tenendo conto del peraltro maggioritario orientamento contrario della dottrina.

Sul punto, la contribuente ha evidenziato la sussistenza di ragioni di carattere sistematico a sostegno dell’applicabilità delle modifiche al giudizio di cassazione; a tale interpretazione non avrebbe infatti ostato la previsione contenuta nel comma 3-bis dell’articolo 54 del D.L. 83/2012 (introdotto in sede di conversione in legge del decreto) secondo cui “Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546”, poiché, chiaramente, con la locuzione “processo tributario” nel nostro ordinamento si intende fare riferimento solo alla disciplina dei due gradi di merito e non anche a quella del processo di cassazione.

Le Sezioni Unite accolgono tale interpretazione, sottolineando che “L’eccezione all’applicazione delle disposizioni previste dall’art. 54, D.L. n. 83 del 2012, concerne, per espressa previsione normativa, il processo tributario che il d.lgs. n. 546 del 1992 compiutamente disciplina come norme speciali per quanto riguarda la fase di primo grado e quella d’appello. […] Il d.lgs. n. 546 del 1992 non prevede, invece, una disciplina speciale per il giudizio di legittimità concernente l’impugnazione delle sentenze d’appello pronunciate dal giudice tributario, ma si limita a rinviare, in proposito, alle norme del codice di rito che regolano il ricorso per cassazione avverso le sentenze d’appello pronunciate dal giudice ordinario”.

Secondo i giudici di legittimità, inoltre, non è possibile ritenere la sussistenza di un giudizio di cassazione “speciale” in materia tributaria, in quanto ne conseguirebbe un inammissibile ampliamento, per via interpretativa, della specialità della giurisdizione tributaria, che, invece, il legislatore ha esplicitamente previsto che si arrestasse sulle soglie della Corte di Cassazione, che viene definita quale “simbolo di garanzia dell’unità del sistema di tutela giurisdizionale dei diritti del cittadino”.

La sentenza in esame dichiara quindi applicabili anche ai ricorsi per cassazione tributari le modifiche apportate dall’articolo 54 del D.L. 83/2012, sia per quanto concerne la nuova formulazione dell’articolo 360, comma 1, n. 5 Cod. Proc. Civ., sia relativamente all’ultimo comma dell’articolo 348-ter Cod.Proc.Civ., secondo cui la proponibilità del ricorso per cassazione è ammessa esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3), e 4) del comma 1 dell’articolo 360, qualora l’impugnazione sia proposta avverso una sentenza d’appello che confermi la decisione di primo grado per le stesse ragioni (c.d. doppia conforme), inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione appellata.

Anche nel giudizio tributario si ritorna quindi, quasi letteralmente, al testo originario del codice di rito del 1940, che prevedeva quale motivo di ricorso in cassazione proprio “l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.