9 Gennaio 2019

Sanatoria delle irregolarità formali: novità del D.L. 119/2018

di Cristoforo Florio
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L’articolo 9 D.L. 119/2018, nella sua versione definitiva a seguito della conversione operata L. 136/2018, prevede la possibilità di aderire ad una sanatoria degli errori formali commessi dai contribuenti sino alla data del 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto-legge).

Giova da subito evidenziare che il testo definitivo della norma che ci accingiamo ad esaminare risulta radicalmente diverso rispetto al dettato normativo inizialmente entrato in vigore, con il quale si prevedeva la possibilità di presentare una “dichiarazione integrativa speciale”. In particolare, la dichiarazione in questione avrebbe consentito di correggere gli errori e/o le omissioni presenti nelle dichiarazioni fiscali presentate entro il 31 ottobre 2017, integrando queste ultime con l’indicazione di un maggior imponibile fino ad un massimo di 100.000 euro (e comunque di non oltre il 30% di quanto già dichiarato) a cui applicare un’imposta sostitutiva pari al 20% (per l’Iva, un’aliquota Iva media).

La norma, nella sua versione originaria, faceva inoltre rimando ad uno o più provvedimenti che avrebbe dovuto emanare il direttore dell’Agenzia delle entrate al fine di dare concreta attuazione alla disposizione in questione.

Senza addentrarci in questa sede nel complesso tema dell’efficacia ex tunc o ex nunc delle modifiche apportate ai decreti-legge in sede di conversione in legge, in conseguenza dell’intervento operato dalla L. 136/2018 la norma in esame è stata completamente soppressa e, pertanto, l’opzione per la dichiarazione integrativa “speciale” non sarà – di fatto – mai utilizzabile da parte dei contribuenti.

Ciò detto, il nuovo articolo 9 D.L. 119/2018 dispone, al comma 1, che le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti, di natura formale, che non rilevano sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, dell’Iva e dell’Irap e sul pagamento dei tributi, commesse fino al 24 ottobre 2018, possono essere regolarizzate mediante il versamento di una somma pari a 200 euro per ciascun periodo d’imposta cui si riferiscono le violazioni.

Per converso, non potranno invece essere definite con la sanatoria in esame le violazioni che incidono sulla determinazione della base imponibile o sul versamento del tributo tra cui, ad esempio, si possono annoverare le violazioni da tardivo od omesso versamento di tributi, da indebita compensazione, da omessa o infedele dichiarazione fiscale (redditi, Iva o sostituti d’imposta), da omessa tenuta delle scritture contabili, ecc..

Il pagamento dei 200 euro dovrà essere eseguito in due rate di pari importo: 100 euro entro il 31 maggio 2019 e 100 euro entro il 2 marzo 2020.

La regolarizzazione si perfeziona:

  1. pagando la somma dei 200 euro e
  2. rimuovendo le irregolarità o le omissioni.

Infine e per espressa disposizione normativa sono esclusi dalla regolarizzazione in questione:

  • gli atti di contestazione o irrogazione delle sanzioni emessi nell’ambito della c.d. voluntary disclosure (procedura di collaborazione volontaria di cui all’articolo 5-quater D.L. 167/1990);
  • l’emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato;
  • le violazioni di natura formale già contestate in atti divenuti definitivi (per mancata impugnazione o per formazione del giudicato) alla data del 19 dicembre 2018 (data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 119/2018).

Fermo restando che le modalità di attuazione della norma saranno dettate da un apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, cerchiamo di comprendere quando può risultare conveniente aderire alla sanatoria in esame.

A tal fine è opportuno evidenziare, in attesa dei chiarimenti ufficiali, che nella norma in esame non viene fornita una definizione di irregolarità, infrazione o inosservanza di obblighi o adempimenti di natura formale; la stessa va pertanto coordinata con due disposizioni di legge già vigenti nell’ordinamento tributario: l’articolo 10, comma 3, L. 212/2000 (c.d. “Statuto del contribuente”) e l’articolo 6, comma 5-bis,  D.Lgs. 472/1997.

La prima delle richiamate norme prevede che le sanzioni non siano irrogabili relativamente a quei comportamenti che si traducono in una “(…) mera violazione formale senza alcun debito d’imposta (…)”.

In base a tale disposizione, l’inapplicabilità di sanzioni – in presenza di una violazione di disposizioni tributarie – è condizionata esclusivamente all’insussistenza di un debito d’imposta; più specificamente, secondo l’articolo 10, comma 3, L. 212/2000 la commissione di una violazione che non si traduca in un debito d’imposta non è sanzionabile neppure quando si traduca in un ostacolo all’esercizio dell’attività di controllo.

La seconda delle disposizioni citate, emanata in attuazione dell’articolo 10 L. 212/2000 precedentemente menzionato, stabilisce invece la non punibilità delle “(…) violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo (…)”, restando – invece – punibile ogni altra violazione che sia di ostacolo all’attività di controllo.

È evidente come quest’ultima norma abbia travalicato i limiti posti dalla delega conferita dallo “Statuto del contribuente”, avendo aggiunto un ulteriore e non previsto elemento (l’ostacolo all’attività di controllo) ai requisiti necessari per aversi “irregolarità formalenon sanzionabile sotto il profilo tributario.

Al riguardo l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire, con la circolare 77/E/2001, che le condizioni negative previste dalla norma (pregiudizio all’attività di controllo e non incidenza dell’errore sull’imponibile, sull’imposta e sul versamento del tributo) devono sussistere entrambe.

Nello stesso senso si è “appiattita” anche la Corte di Cassazione la quale, con orientamento ormai costante, ha confermato che la violazione si considera formale (e, quindi, non punibile) solo qualora i due requisiti ricorrano congiuntamente (Cassazione, Ordinanza n. 27598/2018 e Sentenze n. 23352/2017, n. 2605/2016, n. 27211/2014).

Ad ogni modo, e al di là di valutazioni circa la legittimità costituzionale dell’articolo 6, comma 5-bis, D.Lgs. 472/1997, qualora il contribuente abbia commesso irregolarità formali e ritenga che queste ultime non siano di ostacolo all’attività di controllo, non avrà certamente alcuna convenienza ad usufruire della nuova regolarizzazione introdotta dal D.L. 119/2018, non essendo applicabile alcun tipo di sanzione tributaria alla luce delle due preesistenti norme sopra citate.

Il punto delicato, tuttavia, sta proprio nella valutazione circa l’ostacolo all’attività di controllo: la richiamata circolare AdE 77/E/2001, infatti, ha avuto modo di chiarire che spetta agli uffici valutare in concreto (a posteriori), nei singoli casi specifici, se gli illeciti commessi abbiano determinato pregiudizio all’esercizio dell’azione di controllo. Sarà dunque opportuno valutare attentamente l’irregolarità commessa, verificando la sua potenziale sanzionabilità e, in caso positivo, quantificare l’eventuale sanzione dovuta ridotta con il ravvedimento operoso, confrontandola con l’importo richiesto dalla regolarizzazione di cui al D.L. 119/2018.

Proprio recentemente, con l’interpello n. 126/2018 pubblicato sul sito dell’Agenzia delle Entrate, è stato chiarito che l’irregolare compilazione della dichiarazione d’intento rappresenta uno degli errori sanabili con la nuova definizione agevolata per le irregolarità formali di cui all’articolo 9 D.L. 119/2018.

Da ultimo va evidenziato che, con il comma 6 della norma in esame, è stato previsto, con riferimento alle violazioni commesse fino al 31 dicembre 2015 ed oggetto del processo verbale di constatazione, che i termini per la notifica degli atti di contestazione e di irrogazione delle sanzioni (si veda quanto disposto dall’articolo 20, comma 1, D.Lgs. 472/1997) sono prorogati di due anni.

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