24 Luglio 2019

Sanabile la notifica del ricorso non sottoscritto

di Luigi Ferrajoli
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L’articolo 53 D.Lgs. 546/1992 stabilisce, a pena di inammissibilità, che il ricorso in appello debba contenere l’indicazione della commissione tributaria a cui è diretto, dell’appellante e delle altre parti nei cui confronti è proposto, gli estremi della sentenza impugnata, l’esposizione sommaria dei fatti, l’oggetto della domanda ed i motivi specifici dell’impugnazione, nonché la sottoscrizione del difensore a norma dell’articolo 18, comma 3.

Tuttavia, la mancata sottoscrizione da parte del legale rappresentante della società e del difensore della copia del ricorso notificata all’Ufficio configura esclusivamente una mera irregolarità, se l’originale, depositato presso la segreteria della commissione tributaria competente, risulta essere stato sottoscritto.

Tale principio è stato ribadito dalla sentenza n. 17963 emessa dalla Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, in data 04.07.2019.

Nel caso di specie, la società ricorrente aveva proposto ricorso avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato, per somme dovute per omesso versamento del saldo Ires e Irap per l’anno di imposta 2006, che veniva rigettato dalla CTP competente perché tardivo.

La contribuente decideva di impugnare il provvedimento avanti la Commissione Tributaria Regionale di Milano, la quale confermava la decisione dei giudici di primo grado, considerando l’appello inammissibile in quanto privo della sottoscrizione del rappresentante della società e dei difensori, nonché la procura non risultava firmata dal legale rappresentante.

Avverso tale decisione la società ricorrente proponeva ricorso avanti alla Suprema Corte enunciando, tra i vari motivi di diritto, la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 53 D.Lgs. 546/1992, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla mancata verifica della sottoscrizione sul ricorso in originale depositato in cancelleria ed acquisito al fascicolo processuale.

Infatti la carenza di sottoscrizione era rilevabile solo sulla copia del ricorso in appello notificata all’Amministrazione finanziaria e non sull’originale depositato presso la segreteria della Commissione tributaria, circostanza rilevata immediatamente ai giudici regionali.

Nel controricorso, contrariamente, l’Ufficio aveva contestato l’invalidità dell’impugnazione ad essa notificata essendo priva dei requisiti necessari previsti ex lege e che la sottoscrizione delle copie del ricorso depositate presso la Commissione tributaria regionale fosse irrilevante e inidonea a sanare l’inammissibilità del ricorso notificato.

A tale proposito la Corte di Cassazione ha chiarito, facendo proprio un insegnamento fornito in precedenza dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., n. 189/2000 e n. 520/2002) che le previsioni di inammissibilità, proprio per il rigore sanzionatorio, devono essere interpretate in senso restrittivo, “limitandone cioè l’operatività ai soli casi nei quali il rigore estremo sia davvero giustificato”.

Sul punto la Corte Suprema ha precisato, altresì, che “la chiave di volta dell’intero regime delle inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio tributario va individuato nel quinto comma articolo 22 D.Lgs. 546 del 1992 (secondo cui “ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e dei documenti di cui ai precedenti commi”), il quale stabilisce una sorta di possibile causa di esclusione della sanzione dell’inammissibilità quando vi sia modo di accertare la sostanziale regolarità dell’atto e l’osservanza delle regole processuali fondamentali.

Sulla base di tali considerazioni, la Corte ha dedotto, riprendendo anche propria precedente pronuncia n. 10282/2013, che la mancanza della sottoscrizione della copia dell’atto, notificata all’Agenzia delle Entrate, non possa essere considerata motivo di inammissibilità del ricorso, purché l’originale del ricorso sia stato sottoscritto e depositato nella segreteria della commissione tributaria.

Ne consegue che la mancanza di sottoscrizione sanzionabile con l’inammissibilità del ricorso va, dunque, intesa come mancanza materiale del requisito imposto dalla legge, e non già quando essa risulti presente per relationem attraverso il rinvio implicito della fotocopia all’atto originale e questa conformità non sia stata contestata e, se anche lo sia stata, essa è comunque infondata.

Per tali ragioni la Corte ha accolto il primo e il secondo motivo di impugnazione, ha dichiarato assorbiti i restanti motivi e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, per la verifica in fatto dell’avvenuta apposizione della firma sull’originale del ricorso depositato nella segreteria della CTR e l’eventuale prosieguo dell’esame del merito, oltre che per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

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